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Recensione Gemma Sepolta

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Gemma Sepolta

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3 – …To The Power Of Three – Gemma Sepolta

05 Dicembre 2024 9 Commenti Samuele Mannini

genere: AOR/Prog
anno: 1988
etichetta: Geffen
ristampe:

Tracklist:

Talkin' Bout - 4:00 (Robert Berry)
Lover to Lover - 4:12 (Keith Emerson, Robert Berry, Carl Palmer)
Chains - 3:42 (Sue Shifrin, Bob Marlette)
Desde la Vida - 7:06 (Keith Emerson, Robert Berry, Carl Palmer)
(I) La Vista
(II) Frontera
(III) Sangre De Toro
Eight Miles High - 4:08 (Gene Clark, Roger McGuinn, David Crosby) [revised lyrics by Emerson, Berry, Palmer]
Runaway - 4:42 (Robert Berry)
You Do or You Don't - 5:02 (Robert Berry)
On My Way Home - 4:46 (Keith Emerson)

Formazione:

Keith Emerson - keyboards
Robert Berry - lead vocals, guitars, bass
Carl Palmer - drums, percussion

 

Nel 1988, il progressive rock era un lontano ricordo degli anni ’70, soppiantato da sonorità più accessibili e commerciali come il pop rock e l’AOR. In questo contesto, due pilastri del prog, Keith Emerson e Carl Palmer, si uniscono a Robert Berry, polistrumentista americano di grande talento, per formare il supergruppo 3. Il loro unico album, To the Power of Three, rappresenta una chiara svolta rispetto al passato: un lavoro radicato nel sound radiofonico dell’AOR, con qualche strizzata d’occhio alle loro origini prog.

L’album si posiziona in un territorio pericoloso, cercando di bilanciare due mondi diversi. Le sonorità ambiziose degli Emerson, Lake & Palmer vengono semplificate, adattandosi ai canoni di un’epoca che privilegiava melodia e immediatezza. Questo cambiamento ha generato reazioni contrastanti: la critica lo ha accolto freddamente, lamentando la distanza dai fasti di capolavori come Tarkus o Brain Salad Surgery, mentre il pubblico, poco interessato al pedigree progressive dei musicisti, non ha premiato l’album, che ha raggiunto solo il 97° posto nella Billboard 200. Ma il vero quesito è un altro: ‘To the Power of Three’ è davvero un passo falso?

Pur abbracciando sonorità AOR tipiche di band come Asia o Journey, l’album conserva elementi che richiamano l’eredità musicale dei protagonisti. Robert Berry, autore principale, dimostra grande versatilità: la sua voce calda e potente si adatta perfettamente al genere, e la sua abilità come compositore emerge in brani orecchiabili e ben costruiti. In tracce come “Talkin’ Bout”, il singolo che ha raggiunto la top 10 della classifica Mainstream Rock di Billboard, Berry sfodera un ritornello irresistibile e un sound immediato, confermando il suo talento. Keith Emerson, pur defilato rispetto al passato, impreziosisce le tracce con arrangiamenti ricercati. I suoi sintetizzatori conferiscono profondità e colore, spingendo i confini dell’AOR verso territori più raffinati, come dimostrano le atmosfere complesse di “Desde La Vida”, una suite in tre parti che è il cuore prog dell’album. Infine, Carl Palmer, forte dell’esperienza con gli Asia, conferma di saper integrare il suo stile tecnico in un contesto più commerciale, senza sacrificare la precisione e l’energia che lo caratterizzano. La sua batteria, sempre potente e impeccabile, fornisce una solida base ritmica, sostenendo le melodie senza mai risultare invasiva. Ed infine vorrei citare anche “On My Way Home”, una ballata emozionante, che regala un tocco epico e nostalgico. Può essere discutibile la versione di ‘Eight Miles High’, la band ha infatti optato per una rielaborazione riscrivendo anche parte del testo del brano dei Byrds, con un risultato che va lasciato al giudizio personale.

In sostanza ‘To the Power of Three’ non è stato probabilmente l’album che i fan degli Emerson, Lake & Palmer speravano, ma non per questo merita di essere liquidato come un errore di percorso. È un lavoro ben prodotto e interpretato, che riflette il tentativo sincero di adattarsi ai gusti dell’epoca senza però abbandonare del tutto la propria identità artistica. Con una maggiore attenzione promozionale da parte della Geffen Records ed un pizzico di fortuna in più, questo disco avrebbe potuto aprire la strada ad un secondo capitolo per i 3. È rimasto invece un’opera, forse incompresa, che attende solo di essere rivalutata da un pubblico più aperto alle contaminazioni tra prog e AOR ed a tal proposito nel 2018 e nel 2021 sono usciti due dischi a nome 3.2 dove Robert Barry tenta di riprendere l’esperimento lì dove era stato interrotto. Da riscoprire.

 

© 2024, Samuele Mannini. All rights reserved.

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