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12 Novembre 2024 0 Commenti Samuele Mannini
genere: Hard Rock
anno: 1992
etichetta: Epic
ristampe:
Tracklist:
Bing
Mad Hatter
Change Of A Season
Hold On
The Storm
Ride On A Dream
Good With The Bad
Backdoor
Secrets
Los Locos
Chimera
Formazione:
Daniel MacMaster – lead vocals
Ian Hatton – guitars
John Smithson – bass, backing vocals, keyboards, violin
Jason Bonham – drums, percussion
“Mad Hatter”, il secondo album dei Bonham, uscito nel 1992, si presenta come un lavoro maturo e ambizioso, in cui Jason Bonham cerca di scrollarsi di dosso l’etichetta di “figlio di” e di affermare una propria identità musicale, pur mantenendo un forte legame con il rock classico e le sonorità del gruppo paterno. Rispetto al precedente “The Disregard of Timekeeping”, “Mad Hatter” segna una netta svolta verso sonorità più dure e decise. Le atmosfere spensierate e i richiami al rock più ‘progressivo’ del primo album lasciano spazio a un sound tempestoso, drammatico e struggente, che rimanda all’imponenza dei Led Zeppelin, ma con un’energia e una modernità che tenta di guardare al futuro.
L’album si apre con la furia di “Bing”, un brano che fonde l’energia del rock classico con un’aggressività più contemporanea. La title track, “Mad Hatter”, spiazza con un’incursione nel funk, un ambito musicale pressoché inedito per gli Zeppelin, che dimostra la voglia di sperimentare e di uscire dagli schemi predefiniti. Che l’influenza di band come i Bang Tango, noti per le loro contaminazioni funk, stesse facendo presa nella scena di quegli anni si percepisce in questo brano energico e travolgente. “Change of a Season”, una ballata malinconica con archi orchestrali e un ritornello iconico, rimanda invece allo stile del serpente bianco Sailing Ship version, mostrando così la versatilità della band.
Non mancano, ovviamente (e ci mancherebbe altro), i riferimenti al sound dei Led Zeppelin. Brani come “Good With The Bad” e “The Storm” presentano chitarre lancinanti, tastiere avvolgenti e atmosfere epiche che ricordano i momenti più intensi della premiata ditta Page & Plant. Ma anche in questi brani, i Bonham riescono ad infondere una propria personalità, un’energia ed una vena più moderna che li distingue e li smarca dalla semplice imitazione.
La voce di Daniel MacMaster, potente e versatile, è uno dei punti di forza assoluti di “Mad Hatter” e la sua prematura scomparsa all’età di 39 anni, ha lasciato un grande vuoto nel panorama rock. Brani come “Hold On” e “The Storm” testimoniano la sua grand capacità di trasmettere una vasta gamma di emozioni, aggiungendo un’intensità unica alle canzoni. La sua abilità nel richiamare lo stile di Robert Plant, pur mantenendo una propria individualità, è evidente in brani come “Bing” e “Change of a season”.
Malgrado la qualità musicale di “Mad Hatter”, l’album non ottenne il successo sperato, nonostante mi ricordi nitidamente i numerosi passaggi dei video sull’allora Videomusic. Tra il 1991 e il 1992, come spesso abbiamo già detto e rimarcato, ci fu l’esplosione del grunge, un genere che, per qualche anno, monopolizzò l’attenzione del pubblico e delle case discografiche, oscurando il rock più classico pur pescando (spesso e volentieri) anch’esso nelle radici zeppeliniane.
In definitiva, “Mad Hatter” è un album che, pur partendo dalle solide fondamenta del rock classico, cerca di costruire un’identità propria, sperimentando con nuovi sound e arrangiamenti. Un lavoro coraggioso e ambizioso che, seppur oscurato dal contesto discografico dell’epoca, merita di essere riscoperto e apprezzato per la sua energia, la sua passione ed il suo tentativo di creare un ponte tra l’eredità dell’hard rock e la spinta verso l’innovazione.
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