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Recensione

75/100

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House Of Lords – Full Tilt Overdrive – Recensione

15 Ottobre 2024 3 Commenti Yuri Picasso

genere: Hard Rock
anno: 2024
etichetta: Frontiers

Tracklist:

01. Crowded Room
02. Bad Karma
03. Cry Of The Wicked
04. Full Tilt Overdrive
05. Taking The Fall
06. You're Cursed.
07 Not The Enemy
08. I Don't Wanna Say Goodbye
09. Still Believe
10. State Of Emergency
11. Castles High

Formazione:

James Christian: Vocals, Bass;
Jimi Bell: Guitars;
Johan Koleberg: Drums;
Mark Mangold: Keyboards

 

Tornano con cadenza regolare da oramai oltre dieci anni gli House of Lords, capitanati dall’inossidabile James Christian, voce e basso, e da una restante line-up ad oggi solida, cristallizzata dall’ingresso di Mark Mangold alle tastiere (già presente sull’ottimo ‘Saints and Sinners’ del 2022, qui la nostra review).
‘Full Tilt Overdrive’ rappresenta l’episodio più heavy nella nutrita discografia targata HOL, con un Jimi Bell in assoluto spolvero, non tralasciando la matrice Pomp tipica della band americana.
L’opener “Crowded Room” tinge le coordinate dure tramite un vigoroso up tempo orecchiabile.
Se “Bad Karma” suona eccessivamente ruffiana, convince maggiormente il melodic rock di “Cry Of The Wicked” funzionale all’economia del disco.
La title track rappresenta una scheggia melodica impazzita, con quell’uscita di tastiere che tanto ricorda lo stile di Greg Giuffria.
La sudista “Taking The Fall” rappresenta un ottimo intermezzo con un coro vagamente gospel che aggiunge appeal e difformità;
“You’re Cursed” funge da “copia e ricorda” rispetto al sound sviluppato dai tempi dell’ottimo ‘World Upside Down’ (2006).
L’episodio più moderno, marchiato da riff di chitarra a cavallo tra il new metal e l’alternative, si intitola “Not The Enemy”, pienamente promosso.
Con le tastiere di Mangold protagoniste ci avviciniamo al territorio ballad con la cadenzata “Don’t Wanna Say Goodbye”, radiofriendly, semplice e d’impatto se non fosse per il testo del ritornello abusato negli anni.
A non dimenticare le linee vocali drammatiche tipiche ottantiane abbiamo “Still Believe”, consona e non eccessivamente convenzionale per via di parti soliste ispirate che possiamo gustare lungo l’intero airplay.
Subito dopo la notturna e superba “State of Emergency”, una sorta di Whitesnake di 1987 in salsa AOR, uno degli highlights del disco.
Chi ha estrema familiarità con le uscite degli HOL noterà una certa ridondanza in merito alle soluzioni stilistiche adottate, contrapposte a un songwriting convincente, solido e a tratti divertente.
Questo potrebbe essere l’unico difetto a volerne trovare uno, unito a un suono di batteria a tratti non convincente.
Rimanendo alle parole di James Christian, sperando che la salute rimanga dalla sua visto la battaglia che ha iniziato a combattere contro una forma di cancro, c’è la volontà di portare il disco in sede live. Incrociamo le dita.

© 2024, Yuri Picasso. All rights reserved.

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