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Recensione

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Myrath – Karma – Recensione

26 Luglio 2024 5 Commenti Samuele Mannini

genere: Symphonic Melodic Metal
anno: 2024
etichetta: Ear Music

Tracklist:

01. To the Stars
02. Into the Light
03. Candles Cry
04. Let It Go
05. Words Are Failing
06. The Wheel of Time
07. Temple Walls
08. Child of Prophecy
09. The Empire
10. Heroes
11. Carry On

Formazione:

Zaher Zorgati: Vocals
Malek Ben Arbia: Guitars
Kévin Codfert: Keyboards, Piano
Anis Jouini: Bass
Morgan Berthet: Drums

 

La mia recensione arriva con un po’ di ritardo, ma come si dice, meglio tardi che mai, soprattutto dopo un anno così intricato che ha rallentato il mio fruire di musica. Sono un critico puntiglioso, e senza ascoltare sul mio fedele impianto audio, scrivere diventa per me un’impresa ardua. Ma ora, con il CD finalmente tra le mani, sono entusiasta all’idea di condividere le mie riflessioni su questo Karma.

Giungendo alla recensione buon ultimo , ho notato che altri hanno storto il naso su questo album, assegnando voti che mi hanno fatto alzare un po’ il sopracciglio. È la solita storia: ogni volta che una band osa cambiare, ecco che si scatena il dibattito tra i nostalgici del ‘una volta era meglio’ e gli entusiasti del ‘adesso è il top’. Io dico: ascoltiamo di più e critichiamo di meno, altrimenti rischiamo di farci sfuggire qualche perla musicale in mezzo a queste battaglie di opinione.

Messo da parte il sermone, vi confesso che questo disco mi ha colpito, e non poco. Il sound si avvicina molto ai Kamelot, inevitabile data la vocalità di Zorgati. Di progressive c’è giusto un pizzico, qualche cambio di ritmo e aperture sparse; per il resto, ci troviamo di fronte a un metal sinfonico genuino, arricchito da una fresca ventata di rock melodico negli arrangiamenti e nei ritornelli. Molti hanno rimpianto l’elemento etnico dei precedenti lavori, ma a mio avviso, anche riascoltando i vecchi brani, l’influenza orientale c’è ed è tangibile, seppur in forma più stilizzata e funzionale, al servizio della canzone piuttosto che protagonista assoluta.

Alla fine dei salmi, quello che conta è che le canzoni funzionano alla grande ed il trittico apripista, To the Stars, Into the Light e Candles Cry, è un mix esemplare di epicità ed esotismo, con ritornelli coinvolgenti e melodie che brillano di luce propria. Con Let It go si esplorano invece territori più vicini al melodic rock con atmosferiche anthemiche che ben conosciamo su queste pagine. Le sorprese e gli esperimenti sonori continuano con Words Are Failing, dove la struttura moderna della canzone, che in certi punti mi ricorda molto i Taboo recensiti lo scorso anno, viene sorretta da un tappeto orientaleggiante ed innesti epici. Dopo un intro che richiama il prog The Wheel of Time si svolge abbastanza anonima, ma il pathos si rialza subito con l’oriental melodic rock di Temple Walls, dove mi pare di udire qualche richiamo ai Symphony x, così tanto per gradire. Child of Prophecy, The Empire, Heroes e  Carry On portano alla conclusione il disco oscillando tra Kamelot, rock melodico con tocchi di modernità ed inserti orientali in continuità con i brani precedenti, pur non raggiungendone le vette creative.

Secondo me i Tunisini Myrath, pur avendo virato su un ambito più ‘mainstream’, sono riusciti a restare ben riconoscibili e soprattutto a sfornare un lotto di canzoni belle e coinvolgenti, allargando il possibile bacino di utenza dei potenziali ascoltatori; sono abbastanza sicuro che i nostri lettori potrebbero gradire e mi sento dunque di consigliane l’ascolto e l’acquisto. Per me già in top ten dell’anno.

 

 

© 2024, Samuele Mannini. All rights reserved.

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