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64/100

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Sunbomb – Light Up The Sky – Recensione

26 Giugno 2024 Comment Yuri Picasso

genere: Hard Rock
anno: 2024
etichetta: Frontiers

Tracklist:

Unbreakable
Steel Hearts
In Grace (We'll Find Our Name)
Light Up The Sky
Rewind
Scream Out Loud
Winds Of Fate
Beyond The Odds
Reclaim The Light
Where We Belong
Setting The Sa

Formazione:

Michael Sweet: Vocals
Tracii Guns: Guitars, Bass
Adam Hamilton: Drums

 

Trova un secondo capitolo il progetto Sunbomb, scritto dal sempre più prolifico (nell’ultima decade) Tracii Guns e diretto dalla voce di Michael Sweet. La miscela proposta da questi due illustri veterani della scena conferma l’idea artistica del debutto e prevede un metal vagamente sporcato bluesy con il naso e l’orecchio rivolti verso la NWOBHM.

Poco spazio alla melodia, limitrofo musicalmente alle ultime uscite targate Stryper, distaccato da ogni qualsivoglia “distrazione” da classifica.

Ne possiamo apprezzare gli intenti? Ni.

La doppietta iniziale “Unbreakable”/“Steel Hearts” marca il territorio; due pezzi che Mark Wahlberg definirebbe “Cazzuti”: mi ha riportato alla mente il classico Rock Star e le interpretazioni che l’attore (o meglio dire  Michael Matijevic) ha donato per i pezzi degli Steel Dragon…

Il ritmo di “In Grace We’ll Find Our name” è lento, cupo, tendente al doom. Mentre La title track riporta alla mente i Black Sabbat dei primi anni 80.

Procedendo con la scaletta, la furia di “Scream Out Loud” lascia spazio a un briciolo di melodia, per lo meno nelle vocals, in “Winds of Fate” (Immaginate gli Stryper che ai tempi del lancio delle bibbie lo sostituiscono con cannonate sparate da un Railgun). Melodia che ritroviamo nel lento un po’ anonimo “Where We Belong”.

Nel catalogo della Frontiers, aperta a tutte le declinazioni da noi adorate, un disco di puro Heavy Metal come il qui recensito LUTS è legittimo. Rimane un progetto che difficilmente e raramente vedrà la luce sul palco e che sarà in grado di regalare scariche adrenaliniche ai completisti del genere.

Certo è che dopo un paio di ascolti permane l’eccesso di uniformità, l’alto rischio di non ricordare un ritornello ne una strofa è presente e paga dazio; e nel 2024 rimane un deterrente rilevante in fase di recensione.

Da artisti di codesto calibro ti aspetti il colpo di genio, la linea melodica, il guizzo vincente in grado di elevare il proprio operato.

Ciò latita a favore di chitarre aggressive si ma prevedibili e di uno stile di Sweet estremamente omogeneo.

Sufficiente a lasciare un paio di lividi dai quali ad ogni modo ci riprenderemo.

© 2024, Yuri Picasso. All rights reserved.

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