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Recensione

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The Black Crowes – Happiness Bastards – Recensione

26 Marzo 2024 1 Commento Dave Zublena

genere: Rock
anno: 2024
etichetta: Silver Arrow Records

Tracklist:

01. Bedside Manners
02. Rats And Clowns
03. Cross Your Fingers
04. Wanting And Waiting
05. Wilted Rose
06. Dirty Cold Sun
07. Bleed It Dry
08. Flesh Wound
09. Follow The Moon
10. Kindred Friend

Formazione:

Chris Robinson – voce e armonica
Rich Robinson - chitarra e voce
Sven Pipien – basso
Nico Bereciartua – chitarra
Erik Deutsch – tastiere
Brian Griffin – batteria

 

Nonostante i lettori di melodicrock.it siano mediamente avvezzi a sonorità più melodiche, credo che una band come i Black Crowes non abbia bisogno di presentazioni, visto che ormai i corvi di Atlanta sono diventati una vera e propria leggenda e sono riconosciuti come una delle ultime bandiere del “classic rock”.
Però, per chi si fosse perso qualche puntata, ecco un breve riassunto riguardante la storia recente che ha portato a questo nuovo lavoro.
Dopo anni di burrascose battaglie tra i fratelli Robinson e uno scioglimento durato quasi 10 anni, nel 2019 finalmente il gruppo annuncia il ritorno sulle scene per festeggiare i 30 anni dello storico debut album Shake Your Money Maker. La band, della cui storica line-up restano solo i fratelli Robinson e il bassista di lungo corso Sven Pipien, è pronta ad imbarcarsi in un tour trionfale che viene bloccato sul nascere a causa del lockdown globale del 2020. Finalmente nel 2021 il gruppo è in grado di ripartire in pompa magna con un tour mondiale di grandissimo successo (passato anche dall’Italia con un concerto spettacolare a Milano). Un primo ritorno in studio avviene per registrare un EP di cover chiamato “1972” che scalda i cuori dei rocker più nostalgici. Il tour prosegue con successo per tutto il 2023 e dopo alcuni ulteriori assestamenti nella line-up finalmente viene annunciato il tanto atteso ritorno con un album di inediti, Happiness Bastards, a 15 anni dall’ultimo Before The Frost.

All’epoca della loro apparizione sulle scene nel 1990 vennero considerati, insieme ai Guns ‘N Roses, gli unici veri eredi di Rolling Stones e Aerosmith. Con il passare degli anni però il loro rock ‘n roll viscerale ha inglobato ed accolto sonorità differenti come soul, blues, funky e country pescando a piene mani dalla tradizione della musica americana e rendendo così ogni album dei Black Crowes un viaggio unico dove, pur mantenendo un trademark chiaro e visibile, le coordinate stilistiche si spostavano fluide con una naturalezza invidiabile.
Proprio per questo motivo un nuovo album dei Black Crowes non è mai qualcosa di scontato.
Dopo due anni di tour dedicati ad omaggiare il loro primo album era lecito aspettarsi, anche per il ritorno in studio, un tributo a quelle sonorità. Impressione avallata dalle varie dichiarazioni alla stampa e successivamente confermata dallo spumeggiante singolo apripista “Wanting and Waiting” che paga decisamente pegno al classico Jealous Again. Tutto lasciava presagire che per la prima volta nella loro storia i fratelli Robinson fossero pronti a “staccare la spina dell’evoluzione” per abbracciare un ritorno al passato e celebrare il sound da dove tutto è partito.

Quindi Happiness Bastards è uno Shake Your Money Maker parte seconda? La risposta è NO!

Ma affonda le radici nella storia della band? Assolutamente SÌ!

Quindi suona 100% Black Crowes? La risposta è SÌ e NO!

Confusi? Immagino di sì… quindi proviamo a fare chiarezza.

La celebrazione del passato c’è ed è evidente, ma la cosa favolosa è che lo fanno “a modo loro” andando a ripercorrere tutta la loro storia senza escludere nessun capitolo ed aggiungendo anche qualche elemento di novità. Nonostante ognuno di questi brani, preso singolarmente, possa provenire da uno degli album precedenti, la somma di tutte e 12 le canzoni crea un unicum nella loro discografia.

C’è l’allegria straripante di Shake Your Money Maker (nella già citata Wanting And Waiting), la coltre blues polverosa di The Southern Harmony and Musical Companion (in Follow The Moon), l’istintività animalesca di Amorica (nella potente Dirty Cold Sun) oppure la delicatezza country/blues di Before The Frost (in Wilted Rose). E poi fiumi di “Rolling Stones” del vintage blues di Bleed It Dry o nella frizzante Flesh Wound, o ancora echi di Beatles della delicata e bellissima chiusura affidata a Kindred Friend.
La sensazione è proprio quella di trovarsi di fronte ad una sorta di riassunto della loro storia e delle loro influenze, ma al tempo stesso si percepisce un’energia fresca e vigorosa, grazie anche alla nuova formazione che inevitabilmente fa suonare questo disco “diverso” rispetto al passato.
Da questo punto di vista l’assenza più pesante è quella del batterista storico Steve Gorman che con il suo tocco alla Bonham unito allo swing di Charlie Watts era riconosciuto come elemento centrale dell’alchimia dei Black Crowes. Devo ammettere che proprio il suono della batteria è l’unica cosa che in un primo momento mi ha fatto storcere il naso e che ho faticato a digerire. Ma dopo diversi ascolti si riesce ad apprezzare il quadro completo di una produzione che ha l’ambizione di essere più “moderna”, coraggiosa e diversa per ogni brano (anche se associare la parola “moderno” ai Black Crowes è decisamente un ossimoro). L’altro elemento di novità è il suono delle chitarre che in alcuni brani risultano più distorte e compresse rispetto al passato e che a tratti richiamano certe sonorità hard/stoner (in Rats and Clowns e Dirty Cold Sun per esempio).
In definitiva il risultato si potrebbe definire “modern vintage”, ovvero che suona tutto classico ma non datato.
Svetta ovviamente sopra tutto la voce inimitabile di Chris Robinson, unico vero elemento imprescindibile per un album dei Black Crowes. Cantante dalla personalità straripante il quale, alla soglia dei 60, non conosce cedimenti e sfodera l’ennesima performance miracolosa.

Ancora confusi? Probabile.

Forse l’unica cosa che vi interessa realmente sapere (e probabilmente l’unica cosa che conta) è che questo album è un gioiellino pieno di energia e colori. Un ponte tra il passato e il futuro dei Black Crowes. L’ennesimo viaggio tra le gloriose strade americane ma con dei pit-stop a volte inaspettati in luoghi nuovi e sorprendenti.
Happiness Bastards è sicuramente il disco rock ‘n roll dell’anno e l’ennesimo diamante nella loro discografia.
I corvi sono tornati.

© 2024, Dave Zublena. All rights reserved.

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