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29 Marzo 2024 5 Commenti Vittorio Mortara
genere: Modern Rock
anno: 2024
etichetta: Icons Creating Evil Art
Tracklist:
1. Prophecy
2. Little Dreams
3. A Beautiful Life
4. Save The World
5. A Million Lives
6. Not The Same
7. Who Knows
8. Mama Mama
9. Psycho Violence
10. Grand Finale
11. Eviga Natt (bonus track)
Formazione:
Ludvig Turner – Voce e chitarra
Soufian Ma'Aoui – Basso
Marcus Johansson – Batteria
Questo terzo disco degli svedesi Reach è un compendio di hard rock moderno, dalle tinte scure, soggetto a svariate influenze, che spesso strizza l’occhio al pop e non perde mai di vista la piacioneria per mezzo di refrain piuttosto catchy. L’apertura col botto è affidata alla title track, pezzo semi industriale che prende più di uno spunto da “Pretty hate machine”, primo straordinario album dei Nine Inch Nails. Il singolo “Little dreams” è power pop energico ed orecchiabile, sulla falsariga di quanto ascoltato sul precedente, bellissimo album. Chiudete gli occhi ed ascoltate “A beautiful life”. Chi vi viene in mente? Ma certo! Le nostrane Vibrazioni! “Save the world”, uno splendido ibrido rock/jazz con un inaspettato intermezzo à la Queen, farebbe gridare al miracolo se i ragazzi non avessero mai scritto “Motherland”. In ogni caso degna di nota. Altro singolo, altra corsa: la darkeggiante “A million lives” ci cattura con atmosfere decadenti ed un testo inquietante per poi lasciare il posto al rockaccio in stile Foo Fighters di “Not the same”. La semplice struttura beatlesiana sulla quale si innesta una parte corale che strizza l’occhio al pop moderno, costituisce l’essenza del semi lento “Who knows”. E giungiamo all’ennesimo singolo, “Mama mama”: il tema delle violenze familiari viene enunciato tramite un essenziale ed immediato hard rock, dal tempo spedito. La vena pop degli svedesi viene a galla alla grande nella bellissima “Psycho violence” dove, fra funky alla Jamiroquai e qualche spunto del pop inglese di Robbie Williams , Ludwig Turner può sbizzarrirsi nell’uso di tutte le tonalità della sua notevole voce. Non così immediata “Gran finale”: a me ricorda qualcosa dei mai troppo glorificati “Demon”. E siamo già alla conclusiva “Eviga natt”, più che una ballad, una marcia funebre. La notte eterna scende su quet’album allo stesso tempo vario e granitico.
Beh, non c’è che dire: Prophecy è un bel disco. I nostri sono bravi. La produzione è di buon livello. Disco dell’anno dunque? In realtà i ragazzi hanno solo un problema: hanno pubblicato un paio d’anni fa quello che per me è un masterpiece. Se “Promise of a life” non fosse mai uscito, allora sarei qui a stracciami le vesti per questo lavoro. Ma è impossibile non notare che in quel platter regnava una maggiore varietà nelle composizioni. Composizioni che godevano pure di una orecchiabilità ed immediatezza nettamente superiori. Certo, era difficile ripetersi su quei livelli e senza l’effetto sorpresa che aveva avuto al tempo la loro metamorfosi. Però… Bravi Reach comunque. Avercene di bands come voi! Vi aspetto al varco…
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