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Sei Schegge Lucenti Dalla Golden Era

Sei Schegge Lucenti Dalla Golden Era

05 Dicembre 2023 2 Commenti Leonardo "Lovechaser" Mezzetti

Per definire il concetto di età dell’oro, mi basta scomodare un frammento delle mie reminiscenze classiche. Cito, quindi, le parole del poeta romano Ovidio: “Fiorì per prima l’età dell’oro; spontaneamente, senza bisogno di giustizieri,senza bisogno di leggi, si onoravano la lealtà e la rettitudine”.
Ebbene, se ci riferiamo ad un certo versante melodico dell’hard rock e dell’hair metal, possiamo individuare la sua golden era nel triennio che andò dal 1985 al 1987. Pur senza intaccare lo spettro melodico, i volumi erano sparati a mille, l’enfasi e l’aggressività erano caricate a dismisura e l’impatto doveva essere strabordante, a differenza degli anni appena precedenti, dove, invece, la cura e l’attenzione erano dedicate maggiormente agli arrangiamenti e alla struttura dei pezzi.
Questo scintillante genere si era improvvisamente fatto interprete del clima godereccio e festaiolo che aveva fatto capolino nella società, soprattutto negli USA.
Indiscutibilmente erano gli anni di Reagan, il presidente che più di tutti seppe cavalcare e lanciare il Sogno Americano. Ottimismo, entusiasmo e sconfinata fiducia nel futuro: tutto ciò di cui avevano bisogno gli yankee. Dopo i tristi e grigi anni settanta, il popolo americano aveva deciso che voleva godersi ogni lusso, in modo assolutamente e spudoratamente egoistico. Reagan riuscì a insufflare negli americani l’idea che la vita fosse una corsa di velocità, dove chi restava indietro era perduto e solo i primi potevano cogliere i frutti proibiti e raggiungere sfarzo e godimento all’ennesima potenza.
Fu così che, in quei gloriosi giorni di tuono, molte band parteciparono a questa eccitante, spasmodica corsa per conquistare un posto tra i lucenti bagliori del sole che illuminava la seconda metà degli Eighties. Perfino molte band di heavy metal rinunciarono al look tutto pelle e borchie e all’aria truce per darsi un’immagine più colorata e spensierata. Tutti capirono che sotto il sole della California, in quella Los Angeles che era diventata la mecca per l’hard rock melodico, non si poteva restare incazzati. Bisognava vivere la vita, godersela fino in fondo, e lo si faceva prendendo d’assalto i nuovi luoghi di culto come Roxy, Troubadour, Gazarri’s, Blue Jay e Cathouse. A parte qualche eccezione, tutta la storia di questo genere si svolgerà lì, nella città degli angeli, tra le sfavillanti ville di Beverly Hills e Bel Air, nel quartiere di Hollywood e tra le boutique di lusso di Rodeo Drive.
Nel desolante panorama del melodic rock di oggi molte band sono abbandonate a se stesse. Magari volenterose e ben dotate nella scrittura dei pezzi, si trovano però senza una guida che sappia donare loro un input tecnico e artistico di alto livello. Nello scenario migliore si affidano ad onesti ingegneri del suono che sanno come ottenere una buona resa sonora, ma senza anima.
In quegli anni gloriosi, invece, le produzioni erano magnificenti, perché di soldi nel melodic rock ne giravano a palate. Geniali produttori mettevano la loro arte e le loro conoscenze al servizio delle band, e i risultati si sentivano. Scegliendo tre esempi illustri, i Bon Jovi sono esplosi quando si affidarono a Bruce Fairbairn, i Ratt trovarono la loro accattivante miscela tra pop e metal grazie a Beau Hill, e come non nominare Mutt Lange che ha praticamente inventato il sound dei Def Leppard?
Tra il 1985 e il 1987 queste band, come anche gli Europe e gli Whitesnake, sconquassarono il mercato discografico e ottennero vendite stratosferiche. Le altre band capirono che la cosa più furba era allinearsi ad un sound ben conosciuto dal grande pubblico e capace di vendere montagne di dischi. Le stesse label preferivano stipulare contratti con qualche clone dei Bon Jovi o dei Def Leppard, piuttosto che rischiare con una band che offrisse un sound diverso. Anche gruppi già consolidati si allinearono a questa tendenza, come i Survivor o i Loverboy.
Nell’arco di questi tre anni, tante altre band, come ad esempio White Lion, Bonfire, Stage Dolls, FM, Treat e Haywire, seppure per tratti di tempo più o meno lunghi, tentarono anche solo di essere accarezzati dal dolce sciabordio della fama e di conquistarsi un posto al sole, alle spalle dei mostri sacri. Erano i magici tempi in cui ognuno di questi gruppi poteva giocarsi la possibilità di conquistare un breve passaggio sulla neonata MTV. I video di AOR o hair metal, infatti, spesso e volentieri uscivano dai loro recinti (il leggendario Headbangers Ball) per sconfinare nella heavy rotation.
Negli anni appena successivi, il biennio 1988/1989 rappresentò un periodo di strana, perversa transizione. Da un lato il melodic rock e l’hair metal vivevano ancora un momento di grande splendore, soprattutto nel mercato nordamericano e giapponese, dall’altro lato le nubi iniziavano ad addensarsi all’orizzonte. Il fango che di lì a poco sarebbe arrivato da Seattle iniziava lentamente ad inquinare le strade di LA e il sole che prima splendeva alto nel cielo si faceva via via sempre più offuscato.
Molti gruppi, come i Danger Danger, i Giant, gli House of Lords, i Bad English o i Signal, avrebbero continuato fino alla fine a regalarci, proprio in quegli ultimi anni, alcune delle opere più spettacolari, forgiando quella che potremmo chiamare una dorata decadenza. Riuscirono a distillare lo spirito del melodic rock, elevandolo ad una interpretazione squisita e sfarzosa. Celebrarono, così, per l’ultima volta le luci rossastre di quello che era un tramonto, ma lo resero splendente, ai limiti dell’accecante.
Ma la festa sarebbe durata ancora poco. Il triste destino che divorò proprio il capolavoro dei Signal simboleggia alla perfezione l’atmosfera cupa e nefasta che, in parte, già nel 1989 aleggiava intorno al melodic rock. La EMI, dopo aver speso Dio solo sa quanto per incidere quella meraviglia di disco (che aveva alle spalle il lavoro di un team stellare, a cominciare dal produttore Kevin Elson), lo ritirò dal mercato dopo aver pubblicato solo una manciata di copie, e finendo addirittura per cancellarlo dai cataloghi. Un pezzo di lucente bellezza come Arms of a Stranger, uscito qualche anno prima, e lanciato da un’attività promozionale adeguata, avrebbe potuto e dovuto sfondare le classifiche.
Al termine di questo biennio, le tenebre di una notte buia e gelida stavano iniziando a calare. Una nebbia triste e tossica soffocava le stesse chitarre che solo qualche anno prima erano sparate in overdrive, e alcune band uscirono veramente troppo tardi, fuori tempo massimo. Fu il caso degli Unruly Child, e della seconda splendida opera dei Bad English. Quando Backlash arrivò nei negozi, i Bad English non esistevano già più. In questi primissimi anni novanta, mi raccontava alcuni giorni fa Paolo Cossali, i negozi riempivano intere ceste di dischi di AOR, hard rock melodico ed hair metal, svendendoli anche a un dollaro, come fosse merce avariata di cui bisognava liberarsi il più presto possibile. Questo “straziante” aneddoto fa capire bene il senso di catastrofe imminente che in quei giorni si riversava sul Santa Monica Boulevard.
Ma, a questo punto, il cuore del mio articolo prende vita facendo un passo indietro. Torniamo all’età dell’oro, torniamo tra il 1985 e il 1987. Ebbene, in quegli anni di splendore non tutti i gruppi di hard rock melodico e hair metal raggiunsero il successo. Nonostante fossero usciti nei tempi giusti, quando ancora le spiagge di Malibu erano accarezzate da tramonti sfavillanti di rosso, alcune band rimasero nell’ombra. E il loro destino si consumò miseramente nell’oblio. Ebbene, se i dischi erano ottimi, se i tempi erano quelli giusti, allora perché questo oblio?
Mi rendo conto che è impossibile trovare una sola risposta valida per tutti. Ogni caso andrebbe valutato nella sua singolarità. All’Università il mio professore di storia contemporanea raccomandava sempre che un’efficace analisi storica, e questa, in fondo, lo è, deve necessariamente avere origine da un accurato e razionale esame del contesto ambientale nel quale si sono svolti i fatti. In questo caso dobbiamo riferirci ai diversi contesti ambientali nei quali le band si formarono e operarono.
Per i gruppi inglesi, ad esempio, vi fu certamente la quasi insormontabile impresa di dover approdare negli USA. Il miracolo dei Def Leppard era destinato a restare unico ed irripetibile. Il mercato principe erano sempre gli USA. L’Europa in quegli anni era abbastanza sorda alle sirene del melodic rock, e le band inglesi che cercavano di lanciarsi trovavano davanti a sé un muro invalicabile. Né la bellezza dei pezzi, né il look giusto. Nulla sembrava poter offrire alle band inglesi la possibilità del successo. Quelli che tentarono con più convinzione furono gli Shy, con il loro capolavoro Excess All Areas, ma i risultati furono alquanto deludenti. La mancanza di una promozione adeguata causò il flop dell’album, e neppure il loro tentativo di cambiare pelle, avvicinandosi allo street/glam metal, nel successivo Misspenth Youth, ottenne risultati apprezzabili, tanto che la RCA pensò bene di stracciare il loro contratto.
Ma la triste parabola degli Shy fu simile a quella di molte altre band americane, che pur essendo nel centro del mercato che contava, finirono travolte da una concorrenza spietata e spesso rafforzata da una promozione molto più strutturata. In ultima analisi, quindi, consapevole dei rischi che ogni generalizzazione può portarsi dietro, possiamo ragionevolmente individuare le due cause principali dell’oblio che divorò alcuni di questi gruppi, a prescindere dalla loro provenienza geografica: una scarsa, o in alcuni casi addirittura assente, attività di promozione da parte delle case discografiche e una sfacciata, strabordante abbondanza di band melodic rock e AOR. Un dedalo di gemme splendenti di fronte al quale spesso il pubblico si ritrovò abbagliato, come un bambino che, circondato dalle innumerevoli e luminescenti giostre di un luna park, si guarda attorno con espressione estasiata, finendo per ignorarne qualcuna. Una posizione altamente invidiabile se consideriamo il disarmante panorama che il melodic rock ci offre quest’oggi.
Ebbene, io ho voluto individuare sei pezzi usciti nella golden era dell’hard e hair metal melodico che, a mio avviso, supportati da una promozione con le palle d’acciaio, avrebbero avuto anima e corpo per sbancare le classifiche di quegli anni ed entrare in heavy rotation su MTV.

Icon – Shot at my Heart
Gli Icon arrivavano da Phoenix e nell’anno Domini 1985 uscirono con il loro secondo album Night of The Crime pubblicato dalla Capitol. Gli Icon erano una prorompente miscela di hard rock melodico con cori solenni e tastiere roboanti e qualche venatura class metal alla Dokken, e in questa seconda opera impreziosirono la proposta con una vena melodica molto più accentuata rispetto all’esordio. Su Billboard il disco andò malissimo e la Capitol strappò il loro contratto prima che il 1985 finisse, anche se proprio a quest’ultima viene unanimemente addossata la colpa per la mancanza di promozione per un album che in altre mani avrebbe sicuramente fatto il botto. C’è altresì chi fa notare che il 1985 non fu un buon anno per il rock melodico nelle classifiche americane, intasate dalle band pop e rock britanniche, grazie al clamore del Live Aid, e si domanda cosa sarebbe successo se il disco fosse uscito solo l’anno dopo.. Mi piace immaginare Night of The Crime come opera simbolo di questo articolo, e Shot at my Heart è una bomba di magnificente melodia, ma altresì forgiata di purissimo acciaio cromato, esattamente come quei tempi pretendevano, e avrebbe dovuto deflagrare in tutte le classifiche.

Rio – Shy Girl
Sempre nell’anno Domini 1985 gli inglesi Rio uscirono con il loro primo album Borderland. A differenza di altre band inglesi come gli Shy o gli FM, i Rio non furono pubblicati da una major ma da una label indipendente come Music For Nations, dotata di mezzi non certamente esagerati. Il loro AOR ultramelodico di matrice canadese fu completamente ignorato. Ma Shy Girl rimane un pezzo mostruoso, con quel coro finale che ti spacca il cuore.

Aviator – Can’t Stop
Nel 1986 uscirono gli Aviator. Il loro caso è veramente strano. A differenza di altri album che cito qui, ignorati fin da subito, gli Aviator furono immediatamente osannati da pubblico e critica. Nonostante questo, il disco finì fuori catalogo e per molto tempo è addirittura scomparso dalla faccia della Terra. Ristampato dalla Escape nel 1997, è sparito nuovamente. La loro Can’t Stop è uno dei pezzi più trascinanti dell’intero genere, con un refrain che ti porta via. Ultimamente i Palace hanno fatto uscire un Ep di cover contenente una versione spettacolare, potentissima, di Can’t Stop.

Urgent – Pain
Nell’anno Domini 1987 gli americani Urgent uscirono con il loro secondo album Thinking Out Loud, e lo fecero con una label tutt’altro che trascurabile. Era la Manhattan Records, che altro non era che una division della Capitol, cioè una label creata in seno alla major per dedicarsi a certi generi musicali e dotata di una certa autonomia. Ebbene, il primo pezzo dell’album era questa Pain, una autentica bomba di cori pazzeschi e melodia dannatamente Eighties, un pezzo che avrebbe meritato di viaggiare in alto in classifica. Ma, dopo questo secondo album, i fratelli Kehr, il nucleo della band, scomparvero nella nebbia.

Outside Edge – Heaven Tonight
Svariate volte, scrivendo i miei articoli per Melodicrock.it, ho avuto occasione di celebrare il mio sconfinato amore per gli inglesi Outside Edge. In questo elenco voglio citare Heaven Tonight, dall’album More Edge del 1987 ma rilasciato solo nel 2000 per problemi di label, come fulgido esempio del loro space hair metal, come mi piace definirlo, fatto di scintillanti scie di tastiere e sognanti atmosfere futuristiche. Ebbene, considero un peccato mortale che i gemelli Tom e David Farmer, le menti degli Outside Edge, non si siano potuti sedere nell’Olimpo dell’hair metal melodico accanto a Joe Elliot.

Preview – Find my Way back to You
Avevo già scritto di questo pezzo in un mio articolo sui pezzi dell’universo AOR mai pubblicati. Find me Way back to You, infatti, è l’unico demo di questo elenco, ma la sua stratosferica bellezza mi ha da sempre stregato. Il coro radioso e sfavillante del pezzo racchiude tutta l’atmosfera che si respirava in quel magico 1987, e mi sanguina il cuore al solo pensiero di non averlo potuto ascoltare con una resa sonora adeguata al capolavoro quale è.

Dunque, signori, non vi resta che una sola cosa da fare. Immaginate di essere ancora in quella magica estate del 1987. Da pochi mesi l’URSS ha lanciato la Soyuz TM 2 con due astronauti a bordo per mettere in funzione una stazione spaziale permanente, mentre da qualche giorno nel Regno Unito un terzo governo è stato affidato ai conservatori di Margaret Thatcher e dalla Casa Bianca Ronald Reagan ha dato ordine di attuare l’operazione Earnest Will, inviando forze navali statunitensi a scortare i convogli delle petroliere neutrali contro i ripetuti attacchi iracheni e iraniani. Se vi guardate attorno, in lontananza potete scorgere chiome platinate, pantaloni di pelle, spandex multicolori, stivali da cowboys e spolverini di seta, e il sole deve ancora tramontare sulle spiagge di Malibu.. E allora alzate il volume al massimo, per un altro giro di giostra, un altro ancora!

© 2023, Leonardo “Lovechaser” Mezzetti. All rights reserved.

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