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Recensione Classico

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Classico

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Drive She Said – Drive She Said – Classico

08 Settembre 2023 6 Commenti Samuele Mannini

genere: AOR
anno: 1989
etichetta: Cbs/Music For Nations
ristampe:

Tracklist:

If This Is Love 4:18
Hard Way Home 4:02
Don't You Know 3:44
But For You 4:22
Love Has No Pride 4:07
Maybe It's Love 5:00
Hold On (Hands Around Your Heart) 4:20
If I Told You 5:10
I Close My Eyes 4:48
As She Touches Me (Why Can't I Believe) 4:28

Formazione:

Keyboards, Backing Vocals, Drums – Mark Mangold
Vocals, Guitar, Keyboards – Al Fritsch

 

Quando in gioventù dovevo spiegare al prossimo cosa fosse il genere Aor, del quale decantavo tanto le lodi, questo disco dei Drive She Said era uno dei primi quattro o cinque che immancabilmente citavo, senza che praticamente nessuno sapesse di cosa stessi parlando, dovevo così ripiegare su un nome che fosse conosciuto alle masse, magari un Michael Bolton, per fare si che l’ombra di una connessione neuronale si palesasse negli occhi del mio interlocutore di turno. Tutto ciò per dire che spesso la gente a quei tempi ignorava quasi del tutto questo nobile genere musicale, pur avendolo numerose volte incontrato in  colonne sonore di film e casuali ascolti radiofonici, nonostante il desolato panorama dell’etere italico. Nel caso specifico, il richiamo Boltoniano non è che fosse poi nemmeno tanto campato per aria, anche se parliamo dell’epoca dei BlackJack o di The Hunger, ma questi sono dettagli che in certe conversazioni non era il caso di sviscerare, mica vogliamo mettere in testa alla gente che il buon Michael abbia fatto anche rock ‘cazzuto’, prima di finire nel giro delle ballad a ripetizione e del pop da classifica. Il fatto che poi, Mark Mangold,  abbia pure collaborato con Bolton, chiude virtualmente il cerchio degli accostamenti.

Drive She said è dunque la creatura di Mark Mangold, uno dei veri e propri Keyboard hero che fin dalla metà degli anni 70, con gli American Tears prima e con i Touch poi, lasciava sontuose tracce di Pomp e proto Aor. L’altro componente della formazione è il compianto vocalist, chitarrista e polistrumentista Al Fritsch, purtroppo prematuramente scomparso nel 2017.

Il perché questo disco sia da annoverare in questa rubrica è presto detto: contiene la sintesi di tutto ciò che l’Aor aveva proposto negli anni, lo perfeziona e lo attualizza fino a portarlo alla sublimazione nell’anno d’oro del genere, ovvero il 1989. Se non siete convinti l’opener If Is This Love vi spiegherà tutto in maniera semplice e dettagliata, con la sua atmosfera degna dei Journey più splendenti, un ritornello che fa innamorare ed una performance vocale degna delle più raffinate ugole del genere. Per ribadire il concetto che però l’Aor non è roba solo per ‘mollaccioni romantici’, Hard Way Home ci mostra che  la vera radice di questo genere è nel rock ed il riff che caratterizza il brano spiega cosa significhi la r dell’acronimo. Il mid tempo di matrice hard Don’t You Know ci trascina verso la ballad But For You e qui non ce n’è veramente per nessuno, i lenti Aor hanno fatto e faranno scuola per sempre. Le influenze e gli arrangiamenti pop sono invece protagonisti di Love Has No Pride, un pezzo che appunto rimanda al Bolton più mainstream. Non mi dilungherò oltre col track by track anche perché questo disco o lo conoscete già oppure dovete correre a procurarvelo, ma citerò soltanto un’altra canzone, I Close My Eyes, che è un perfetto sunto dell’ opera, inizio pomposo, incedere da colonna sonora da film anni 80 e guitar solo fulmineo e tagliente, ma cosa volete di più dalla vita?

Lei ci dice di guidare? Bene, facciamolo a tutto gas e con lo stereo a palla, sarà una goduria unica!

© 2023, Samuele Mannini. All rights reserved.

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