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Damn Freaks – III – Recensione

04 Agosto 2023 2 Commenti Giorgio Barbieri

genere: Hard n' Heavy
anno: 2023
etichetta: andromeda relix

Tracklist:

01 – The land of nowhere
02 – Where is love
03 - Walking in the sand
04 – My resurrection
05 – You ain’t around
06 – Damn burning mercy
07 – My time has gone
08 – Nothing’s true
09 – Crazy ride
10 – Walking the wire

Formazione:

Giulio Garghentini: Lead vocals
Alex De Rosso: Guitars
Claudio Rogai: Bass
Matteo Panichi: Drums

Contatti:

https://www.facebook.com/DamnFreaks
https://www.instagram.com/damnfreaksmusic/

 

Terzo album per i nostri Damn Freaks con annessi due scossoni, uno nella line up, dove se ne vanno il cantante Jacopo “Jack” Meille e il chitarrista Marco Torri, sostituiti da Giulio Garghentini, voce dei Dark Horizon e da Alex De Rosso, chitarrista dall’esperienza ultradecennale, essendo stato il sostituto di Alex Masi nei seminal Dark Lord, avendo avviato una buona carriera solista e avendo poi anche preso il posto che fu di George Lynch nei Dokken, seppur per un breve periodo e solo dal vivo, l’altra “spallata” arriva nel sound, sicuramente più vicino al metal che non all’hard rock tout court del precedente “Love in stereo”.

Detto questo, è facile capire che i due nuovi arrivati hanno dato un’impronta ben precisa alla musica della band fiorentina, anche se l’album è decisamente diviso in due parti, la prima che arriva fino a “My resurrection”, addirittura è un esempio di metal old style, con rimandi a certi gruppi della Ebony Records tipo Chateaux, ma soprattutto Grim Reaper, dove l’energia della tarda nwobhm veniva sapientemente fusa con parti molto più orecchiabili ed anche la produzione spavaldamente scarna e senza ritocchi, ricorda quelle ambientazioni, che magari facevano un po’ storcere il naso ai puristi del metallo, ma che ebbe il suo momento di gloria; con “You ain’t around”, ballad dal sapore agrodolce si assiste ad una netta sterzata, sia nella musica che nel modo di cantare di Giulio e da qui in poi, il class metal dei Dokken, dei Ratt o quello più sbarazzino dei Cinderella, fanno decisamente la parte del leone, ma andiamo per gradi.

I primi tre brani, ossia “The land of nowhere”, “Where is love” e “Walking in the sand”, oltre ad essere condotti dallo stesso mid tempo, hanno un approccio davvero diretto e particolarmente metallico, con dei riff molto possenti e vari e la voce del buon Giulio che la fa da padrone, grazie ad un approccio sempre sul filo dell’high pitch, ma senza diventare fastidioso, cosa che succede anche in “My resurrection”, la quale comincia a dare qualche avvisaglia più hard seppur in salsa moderna, supportata da un riff “circolare” e dall’ennesima prova maiuscola di Giulio, fino a questo momento la sezione ritmica si da molto da fare nel cercare di sorreggere dei ritmi abbastanza serrati, ma come ho già detto “You ain’t around” fa da spartiacque e ci fa scoprire l’anima più radio friendly dei Damn Freaks, che si manifesterà ancora di più con le canzoni successive.

Ed è così che da “Damn burning mercy” il vento cambia, la canzone, a dispetto del testo discretamente cupo, si snoda su un ritornello davvero accattivante, sorretto dall’ennesimo grande lavoro di Alex, sia in fase di ritmiche, sempre più varie, che in fase solista, dove giustamente non cerca mai di strafare, ma dosa la sua tecnica al servizio della canzone ed anche Giulio inizia a modulare i toni su livelli più vicini a quelli tanto cari al miglior Don Dokken, da segnalare il basso di Claudio Rogai, che seppur difficilmente intercettabile (ma basta dare un ascolto anche in cuffia per capire quanto sorregga la sezione ritmica), svolge un ottimo lavoro e si completa a vicenda con la batteria dell’altro componente storico Matteo Panichi, che non la fa mai fuori dal vaso, ma fa quello che serve in maniera molto precisa, “My time has gone” svolazza su territori cari ai King’s X, grazie ad un portamento in bilico tra hard e rock seminale e colpisce nel segno con un ritornello davvero riuscito, inoltre qui Alex da un saggio di quanto sia bravo a sciorinare tecnica , senza sbrodolamenti fini a sé stessi, “Nothing’s true” si dipana innegabilmente dalle parti dei Dokken d’annata e seppur sia discretamente accattivante, non è certo il brano migliore di “III”, “Crazy ride” abbassa ancora di più i toni, per via anche del cantato di Giulio sempre più rilassato, quasi sussurrato, il pezzo in sé non è brutto e si ascolta tranquillamente, ma non brilla per intensità, oltre a non discostarsi da quel mid tempo che pervade quasi tutto l’album, la chiusura è affidata a “Walking the wire”, che rimane ancora in quei territori in cui i Damn Freaks si sono introdotti nella seconda parte del disco, con l’ennesima apertura distesa, di facile presa, che a mio parer avrebbe potuto essere più centrata se Giulio avesse usato l’approccio di inizio album, ma è doveroso segnalare l’ennesimo, grande lavoro di Alex, davvero un gigante nel ricamare riff, arpeggi centrati e un assolo davvero di gusto.
Cosa si può dire in conclusione di questo terzo album dei Damn Freaks, al netto delle defezioni, delle nuove entrate, che a mio parere non fanno rimpiangere chi c’era prima e dei cambi di umore che pervadono il disco? Beh, io apprezzo in particolar modo l’approccio live della band, che non ricorre ad artefatti pomposi e pompati, mi ha davvero intrigato l’uso delle melodie sul tappeto “obscure metal” di inizio album, però seppur non apprezzi molto la troppa ‘zuccherosità’, devo dire che anche la seconda parte del platter non delude, semmai non stupisce, ma credo proprio che i quattro rockers non tentino nemmeno di farlo e va bene così, quindi chiunque voglia dare una chance a “III”, lo fa sapendo che può apprezzarlo in maniera “trasversale” perché questo album riesce ad accontentare diverse anime rock e questa, signori miei, è una qualità che hanno in pochi e che va elogiata e supportata, in barba a certi nomi stranieri strombazzati e non ne faccio una questione di campanilismo, ma semplicemente dico che chi ha il songwriting vincente lo dimostra, altri si attaccano ancora a cliché triti e ritriti, bene, per me vinceranno sempre i primi ed i Damn Freaks hanno vinto.

© 2023, Giorgio Barbieri. All rights reserved.

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