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Recensione

60/100

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Transworld Identity – Seven Worlds – Recensione

17 Marzo 2023 Comment Vittorio Mortara

genere: AOR
anno: 2023
etichetta: Frontiers

Tracklist:

1. Everything Must Burn
2. Play & Pretend
3. I'm Such A Liar
4. Part Maroon, Part Indigo
5. Time
6. Starchild
7. Seven Worlds
8. In For The Long Haul
9. Livin' On The Run
10. Never Lost My Faith
11. Roseate

Formazione:

Mila Bosa - Voce
Mika Lamminsivu - Chitarra
Lacu Lahtinen - Drums
Juha Kinnunen - Keyboards
Kasperi Kinnunen – Bass

 

Oh! Finalmente un gruppo di emeriti sconosciuti! E’ molto più facile per chi vi scrive giudicare dei signori nessuno: si evitano pregiudizi ed aspettative e si valuta solo la musica. E questi cinque Lapponi, checché ne dica la bio, secondo me ben pochi li conoscono, sia in patria che fuori. Detto questo, cominciamo con l’osservare che, dal punto di vista tecnico, la band è composta da onesti musicisti. La chitarra di Mika Lamminsivu è sempre puntuale negli interventi, le parti di tastiera sono sul tamarro andante e la sezione ritmica non si allontana mai dal classico 4/4. Il risultato è un hard rock canonico, a tratti piacevole e, spesso, generatore di adrenalina. La front girl Mila Bosa se la cava piuttosto bene e caratterizza il sound con il suo timbro che, più che le eroine del genere, ricorda parecchio le ragazzacce del pop degli ’80, Samatha Fox e Nena in primis.

La prima traccia, “Everything must burn”, piace per il suo riff ignorante, il testo per nulla scontato ed il crescendo melodico adrenalinico. I synth che aprono “Play & pretend” sembrano presi pari pari da un qualsiasi brano di disco music dei ’90. Poi il pezzo si sviluppa in un orecchiabile e rozzo hard/AOR. Bella diretta “I’m such a liar”, brano preferito da chi vi scrive, trascinata alla grande dalla voce di Mila fino al killer refrain. Il pop rock di Nena traspare appieno dalle note di “Part maroon, part indigo”. Non fa gridare al miracolo “Time”, troppo legata ai canoni di mille altre band coinquiline in Frontiers. Il riff doppiato dalle tastiere di “Starchild” sembra rubato da un qualsiasi brano dell’Aldo Nova di “Twitch”, ma il resto del brano risulta piuttosto scontato e deludente. Piuttosto insipidi anche gli arrangiamenti di “Seven worlds”. Più piacevole la melodia banale ma efficace di “In for the long haul”, ancora una volta ispirata all’autrice di “99 luftballons”. Già sentite e risentite le melodie proposte da “Livin’ on the run” e “Never lost my faith”, carine ma senza mordente. La conclusiva “Roseate” non dovrebbe sfigurare come chiusura dei concerti.

La prima impressione che ho avuto nell’ascolto di questi Transworld Identity è stata positiva. Probabilmente quelle tastiere retrò dall’aria così tamarra e quei coretti facili facili mi hanno condizionato non poco. Eh si, perché tornandoci sopra con i successivi ascolti, ciò che viene a galla è un livello compositivo non eccezionale, anche se con qualche spunto positivo ed una produzione mediocre, come, purtroppo, è tradizione di questi tempi. Però, dai, i ragazzi sono al primo album. Vedremo se sapranno maturare e sviluppare in maniera adeguata il loro stile. Per ora una sufficienza stretta stretta….

© 2023, Vittorio Mortara. All rights reserved.

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