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23 Marzo 2023 3 Commenti Giorgio Barbieri
genere: Glam / Class Metal
anno: 1985
etichetta: Altantic
ristampe:
Tracklist:
01 – You’re in love
02 – Never use love
03 – Lay it down
04 – Give it all
05 – Closer to my heart
06 – Between the eyes
07 – What you give is what you get
08 – Got me on the line
09 – You should know by now
10 – Dangerous but worth the risk
Formazione:
Stephen Pearcy: Lead Vocals
Warren De Martini: Guitars, Back-up Vocals
Robbin Crosby: Guitars, Back-up Vocals
Juan Croucier: Bass Guitar, Back-up Vocals
Bobby (Blotz) Blotzer: Drums, Percussion
Parlare del secondo album dei Ratt, terza uscita ufficiale considerando il mini Lp autointitolato, è molto difficile, ma nello stesso tempo è enormemente gratificante per me, che ho adorato questo album anche di più del pluridecorato predecessore; devo ammettere che l’interesse era scaturito dalla partecipazione della band di Stephen Pearcy allo storico primo volume di Metal Massacre, compilation della Metal Blade, uscito nel 1982, con “Tell the world” che poi sarebbe stata inserita nel già citato mini lp del 1983; in quella compilation i Ratt erano in compagnia di Metallica, Malice, Cirith Ungol, Steeler, Bitch e fu praticamente automatico il mio interesse verso i cinque losangeleni, autori sì di un brano sicuramente più radio friendly, ma dal tiro decisamente tosto, cosa che poi grazie anche alla produzione di Beau Hill, diventò il loro trademark, ma nonostante questo, come vedremo in seguito, l’album fu un successo planetario.
Forti appunto di una solida base costruita dall’enorme consenso ricevuto da “Out of the cellar”, primo full lenght del 1984, che solo negli USA vendette 3 milioni di copie, i Ratt continuarono con la stessa formula, ossia il produttore Beau Hill, due singoloni trainanti, “You’re in love” e “Lay it down”, corredati dai rispettivi video e una copertina con tanto di supermodella, in questo caso si trattava di Marianne Gravatte, anche coniglietta di Playboy, la quale appare anche nel video di “Lay it down”, dove interpreta la promessa sposa del cantante Stephen Pearcy; anche se il successo fu enorme, con gli oltre 2 milioni di copie vendute negli USA, l’album non raggiunse i riscontri del precedente, ma a mio parere risulta più completo, con un suono ancora più “monstre” e con un’interpretazione di tutti i componenti al top della loro forma. La caratteristica che ha sempre contraddistinto i Ratt, ad esempio rispetto ai Motley Crue, che assieme spopolavano con il loro nuovo tipo di glam metallizzato, è stato soprattutto il suono delle chitarre del virtuoso Warren DeMartini e del bravo e sfortunato Robbin Crosby, ricordiamo che quest’ultimo ci ha lasciati nel 2002, a causa di complicazioni dovute all’hiv, che lo affliggeva già dal 1995 e da una, tanto per cambiare, overdose di eroina; chitarre dicevo, davvero ficcanti, incisive, che squarciavano il mood lascivo dell’ammiccante frontman Stephen Pearcy e certe atmosfere molto easy e festaiole, tipiche della Los Angeles di quegli anni, ricordiamo difatti che “Invasion of your privacy” uscì nel 1985, quasi oscurando il coevo “Theater of pain” degli stessi Crue. Cosa si può dire dei brani che compongono questo pilastro del glam metal (il termine hair metal non mi piace per niente) che non sia già stato detto migliaia di volte e che non sia già metabolizzato da chiunque mastichi il metal patinato e pieno di lustrini? L’apertura con il primo singolo “You’re in love” è quanto di più party metal acido possa esserci, da subito Warren DeMartini ci fa capire che fa sul serio e spara un assolo da brividi, segue “Never use love” ha un ritornello più inusuale, ma è sempre ammiccante, il secondo singolo “Lay it down” è IL singolo, eccitante, ma allo stesso tempo con una batteria imponente e un riff portante più azzeccato anche del video, smaccatamente festaiolo e anni 80, in tutto questo si erge a padrone la voce dissoluta di Stephen. anche “Give it all”, che ad un primo ascolto può sembrare un po’ insipida, fa il suo dovere nel portare avanti le cannonate della sezione ritmica e i virtuosismi chitarristici e poco importa se il ritornello non è di quelli memorabili, ci pensa la stupenda semiballad “Closer to my heart” a rialzare il livello di testosterone, con un’interpretazione sentita e una ricerca della melodia affascinante che pochi hanno mai avuto, bellissima infine la progressione finale con le asce a farla ancora da padrone. Così si chiudeva la prima facciata del vinile, che in apertura della seguente, mette in bella mostra un altro singolo lascivo e ammiccante quale “Between the eyes”, pezzo dissoluto e traviato con tanto di contraltare nelle chitarre in cavalcata, chitarre che anche in “What you give is what you get” intrecciano melodie in un continuo inseguimento, mentre Stephen continua a schiacciare l’occhiolino a tutte quelle teenagers che si sono perse nei meandri di questo platter lussurioso, cosa che succede anche nella seppur più ordinaria “Got me on the line”, chiudono questo manifesto alla lussuria metallica, dapprima “You should know by now”, granitica nei riff, maestosa negli assoli equamente divisi tra i due axemen e con un ritornello da arena ed infine “Dangerous but worth the risk”, vigorosa chiusura in pieno stile Ratt, ossia carezze e pugni esattamente divisi.
Cos’altro si può dire di un album che, oltretutto ha un titolo che più malsano non si può? Cosa c’è di più morboso di chi sottrae l’intimità e si intrufola per spiare e godere di quanta bellezza potesse offrire la stupenda Marianne? I Ratt, come detto all’inizio, avevano trovato la formula giusta per mettere in musica il glam, il sunset boulevard, le ragazze cotonate, formose e facili, poco importa se Pearcy non è un singer di prim’ordine, quello che fa in questo disco è sexy ed è questo che conta, il resto lasciamolo a chi critica a prescindere, molte volte solo per invidia; se si pensa che dopo questo album i cinque rockers partirono in tournee con i Bon Jovi e suonarono al Monster of Rock di Donington, si capisce bene che avevano ragione loro e che “Invasion of your privacy” ha contribuito in maniera fondamentale a questa ascesa, tanto che anche per me che ho un cuore d’acciaio, è stato facile innamorarmi di questo disco, che ancora oggi considero l’highlight delle carriera dei Ratt, per tutti questi motivi che ho descritto e anche perché mi ricorda i vent’anni spensierati, vissuti anche con questa lasciva colonna sonora.
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