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Recensione

75/100

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Visione Inversa – Cortocircuito – Recensione

01 Febbraio 2023 Comment Giorgio Barbieri

genere: Melodic Punk/Metal
anno: 2023
etichetta: Self Released

Tracklist:

01 – MMXX
02 – W.A.R. (We are robots)
03 – Generazione X
04 – Parassita
05 – Vudu
06 – Mayday
07 – Turborama
08 – Flashback
09 – Cameo
10 – Caos
11 – Blackout
12 – Elettroshock

Formazione:

Stefano “Il biondo” Mainini: Voce, Chitarra
Marcello Roversi: Basso
Daniele Frugis: Chitarra
Alessio “Frusta” Cannistraro: Batteria

Contatti:

FB https://www.facebook.com/search/top?q=visione%20inversa
Instagram https://www.instagram.com/visioneinversa/?hl=it

 

Un gruppo punk metal su questo sito??? Ebbene sì e per due motivi, primo perché il cantante e chitarrista Stefano “Il biondo” Mainini è un cultore della materia melodica come pochi e non solo, come si può ben intuire, nonché il mainman che sta dietro al progetto Steve Emm e comunque si tratta di punk rock melodico, quello che negli anni novanta ha spopolato grazie a Punkreas, Pornoriviste e Derozer, sapientemente miscelato da Stefano e dai suoi compagni con l’hard rock anni ottanta e la nwobhm. Il movimento punk, non inteso come genere musicale, ha sempre cercato di andare “contro”, fino ad arrivare agli estremismi dell’hardcore, dello straight edge e dell’anarcho punk, ma qui siamo in territori decisamente più accessibili, sia come testi, che sappiamo essere fondamentali nel genere, sia come musica e toccando solo di sfuggita l’argomento, si può dire che i testi cercano di mettere di fronte l’ascoltatore ad una realtà scomoda, tipo quella del lavoro malsopportato o quella della spersonalizzazione, ma può capitare che, come in “Vudù”, ci si perda in divagazione decisamente più easy, per cui affrontiamo la parte musicale, per avere un quadro più completo di un album che può essere tanto derivativo, quanto originale.

Dopo l’intro “MMXX”, la prima vera traccia “W.A.R. (We are robots)” è un pezzo classicamente pop punk soprattutto nel ritornello, ma già si sentono le varie influenze con un accenno hardcore nella voce e dalle successive e molto intriganti “Generazione X”, altro argomento decisamente scottante e “Parassita”, entrano quelle influenze tipicamente metal, a volte più vicine alla nwobhm soprattutto in certi riff portanti, a volte più speed come in “Mayday”, che può ricordare sia i Pennywise o i NOFX, quanto certo speed-thrash ottantiano. Sembra tutto molto serio e gli argomenti trattati, lo sono sicuramente, ma i Visione Inversa fanno un pò come gli pare ed ecco arrivare la già citata “Vudù”, che ha un approccio nettamente più faceto, anche se a ben leggere tra le righe, si può scorgere un messaggio più recondito: ‘Non basta una vita intera, non esiste rimedio contro la magia nera, ti vuole, ti imbroglia e poi ti controlla’, ma soprattutto è in “Turborama” che la band milanese mostra il suo lato scanzonato, un vero e proprio intermezzo surf che fa da spartiacque per una seconda parte ancora all’insegna della denuncia sociale in musica, da “Flashback”, che apre con un riffone di matrice hard rock per poi evolversi nel più classico hc melodico, nel quale si staglia uno stacco degno dei primi Iron Maiden con tanto di twin guitars, passando per “Cameo”, il pezzo più violento dell’album, sia a livello musicale con tanto di ritmiche scatenate, voce urlata e testo crudo, che sa tanto di disillusione e il ritornello pop che squarcia la tensione, poi per “Caos”, che ricorda le cose migliori del rock italiano anni novanta, soprattutto come approccio vocale, mentre il riff è quasi un omaggio al miglior stoner scaturito sempre in quella fervidissima decade, il lavoro fantasioso delle chitarre ad opera dello stesso Stefano e di Daniele Frugis, si sente preponderante nel riff di “Blackout”, amaro resoconto di una vita buttata via, con un interludio semiacustico a far da entrata ad uno dei migliori assoli dell’album, mentre la chiusura affidata a “Elettroshock”, si apre con il sitar e un riff mutuato dai The Cult, che poi si risolve in speed pop punk, il tutto a sorreggere un testo di condanna ai finti “capi”, che non si comportano da leader, ma che cercano solo di mascherare le loro incompetenze e, a ennesima dimostrazione che i quattro rockers meneghini fanno davvero quello che vogliono, ecco arrivare un outro di piano e di effetti elettronici a spiazzare un po’ tutto.

Dal lato tecnico, i Visione Inversa sanno indubbiamente suonare e, se l’addio del batterista precedente ha ritardato l’uscita di “Cortocircuito” assieme alla pandemia, l’entrata di Alessio “Frusta” Cannistraro dietro le pelli, ha dato una spinta notevole a mio parere ed è proprio lì, assieme alle quattro corde di Marcello Roversi, dove si sente la spinta metal che caratterizza il terzo full lenght della band, su suggerimento dello stesso Stefano, ci sono anche dei piccoli dettagli tecnici, fatti apposta per dare un senso di oppressione, di fastidio in “Parassita”, difatti ascoltando bene il brano, si sente che i piatti “suonano” tutti spostati verso sinistra, proprio per creare monotonia, come in un ambiente di lavoro oppressivo, sono dettagli l’ho già detto, ma dimostrano molta cura nel costruire il castello tecnico. Ultima chicca, l’album è disponibile da subito in versione vinilica, per cui, anche per chi non sa trattenersi dal rigirare tra le mani il “black circle”, avrà pane per i propri denti!

© 2023, Giorgio Barbieri. All rights reserved.

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