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Recensione

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Uriah Heep – Chaos & Colour – Recensione

27 Gennaio 2023 2 Commenti Dave Zublena

genere: Hard rock/Prog/Melodic Rock
anno: 2023
etichetta: Silver Lining Music

Tracklist:

1 Save Me Tonight
2 Silver Sunlight
3 Hail the Sunrise
4 Age of Changes
5 Hurricane
6 One Nation, One Sun
7 Golden Light
8 You'll Never Be Alone
9 Fly Like an Eagle
10 Freedom to Be Free
11 Closer to Your Dreams

Formazione:

MICK BOX – Lead Guitar / Vocals
PHIL LANZON – Keyboards / Vocals
BERNIE SHAW – Lead Vocals
DAVE RIMMER – Bass Guitar / Vocals
RUSSELL GILBROOK – Drums & Percussion

Contatti:

Website: www.uriah-heep.com
Facebook: https://www.facebook.com/uriahheepofficial

 

Uriah Heep. Cinquantatré anni di carriera. Venticinque studio album pubblicati. Migliaia di show in giro per il mondo. Basterebbero questi numeri per capire la portata di questa storica band britannica.

Nell’immaginario comune i Led Zeppelin, i Deep Purple e i Black Sabbath formano da sempre la sacra triade dell’hard rock inglese. Intoccabili e un gradino sopra a tutti gli altri. Negli ultimi anni, però, si sta assistendo ad un vero e proprio movimento “popolare” dei rockers di mezzo mondo pronti a riscrivere l’antico testamento del rock ‘n roll trasformando la triade in un quartetto, inserendo proprio gli Uriah Heep come quarta colonna portante.
E come dargli torto. Se si esclude il distratto pubblico mainstream, il popolo rock li ama all’unanimità. Perché alla band di Mick Box è mancato solamente il singolo spacca classifiche. Benché brani come Easy Livin’, Lady In Black o July Morning abbiano avuto un discreto successo, non hanno raggiunto l’airplay mastodontico di Smoke On The Water, Paranoid o Stairway To Heaven. Ma gli Uriah Heep non sono dei velocisti, bensì dei maratoneti. E nonostante mille difficoltà e una stampa mai benevola nei loro confronti, hanno vinto la gara solo sulla lunga distanza. Hanno tenuto duro, hanno superato decine di cambi di formazione, decessi, fallimenti economici e sono sopravvissuti a tutte le mode. In 53 anni hanno mantenuto uno standard qualitativo elevatissimo ed escludendo un paio di album meno ispirati, la band è come il buon vino: invecchiando migliora.

E arriviamo appunto ad oggi. Al famigerato venticinquesimo full length intitolato “Chaos & Colour”. Come un fulmine a ciel sereno ecco apparire solo qualche settimana fa il nuovo singolo “Save Me Tonight”. Un vero concentrato di energia, forgiato su tutti i trademarks “Heep-iani” tanto cari ai die-hard fans. Impressionante per compattezza e naturalezza. E posto sapientemente in apertura del disco. Praticamente perfetto. Per assurdo, con un biglietto da visita così, il dubbio ci assale immediatamente. La band sarà in grado di mantenere questo livello per tutta la durata dell’album? La risposta è SI’.
Basta l’attacco terremotante del secondo brano “Silver Sunlight” per capire a quale disco ci troviamo di fronte. Un brano spettacolare baciato da un riffing cadenzato e tagliente di Mick Box e da una sezione ritmica granitica. Il successivo trittico formato da “Hail the Sunrise”, “Age of Changes” e “Hurricane” sono quanto di più classico ci si aspetta dall’ Heep-sound. Hammond infuocato, armonie vocali a 5 voci e riff accattivanti. La qualità continua ad essere elevatissima. L’A-B-C dell’hard rock è servito. Ma proprio quando si sospetta che il disco abbia già scoperto le proprie carte migliori, ecco arrivare il poker d’assi. “One Nation, One Sun” è un capolavoro. Inizia come un’intensa ballad piano/voce, con un Bernie Shaw sugli scudi la cui voce ha raggiunto il massimo in termini di calore ed espressività, per poi diventare un mid-tempo pieno di colori e melodie che si trasforma continuamente come un camaleonte. Magia pura. Anche “Golden Light” non mostra cedimenti, tra citazioni ai cugini Deep Purple ed un meraviglioso ritornello a tinte AOR che richiama il loro capolavoro degli anni ’90 “Sonic Origami”. Dall’aldilà, il compianto Ken Hensley deve aver sussurrato nelle orecchie di Phil Lanzon gli accordi giusti per il brano “You’ll Never Be Alone” perché sembra arrivare direttamente dal masterpiece “Sweet Freedom” datato 1973, salvo poi sfociare improvvisamente in un ritornello hard&heavy dal taglio moderno (sì, perché questi “vecchietti” non suonano per niente datati). Dopo l’ottima e rocciosa “Fly Like an Eagle” ecco arrivare un altro pezzo da novanta. L’ennesimo capolavoro del disco è racchiuso negli epici 8 minuti di “Freedom to Be Free”. Un tripudio di hard rock classico e prog da far strabuzzare gli occhi. I nostri si concedono anche il lusso di giocare a fare i Rush proponendo una complessa sezione strumentale con tanto di assolo di basso. Posta sapientemente in chiusura l’ottima e diretta “Closer to Your Dreams” che paga pesantemente tributo al loro classico “Easy Livin” e forse posizionata alla fine proprio per fungere da sigillo definitivo.

In conclusione:
gli Uriah Heep vincono per manifesta superiorità. Non c’è partita, non c’è discussione. Dischi di questa qualità sono ormai una rarità. Viaggiano sul velluto e hanno talmente tanta abilità come compositori ed arrangiatori che fanno sembrare tutto facile e naturale (ma non lo è). Un disco che riesce nell’incredibile impresa di suonare classico ma moderno al tempo stesso. Di suonare puro Uriah Heep ma aggiungendo sempre qualche elemento di freschezza (come solo i grandi riescono a fare). Un magico mix di hard rock classico, rock melodico e prog: con una sezione ritmica assolutamente devastante, Phil Lanzon che padroneggia sui tasti d’avorio e un Bernie Shaw all’apice della sua maturità artistica e vocale. E poi c’è lui, Mick Box! Applausi. Un disco da comprare, ascoltare e dal quale dovete semplicemente lasciarvi trasportare.

© 2023, Dave Zublena. All rights reserved.

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