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Screamer – Kingmaker – Recensione

12 Gennaio 2023 1 Commento Giorgio Barbieri

genere: Melodic Metal
anno: 2023
etichetta: Steamhammer/SPV

Tracklist:

01 – Kingmaker
02 – Rise above
03 – The traveller
04 – Hellfire
05 – Chasing the rainbow
06 – Ashes and fire
07 – Burn it down
08 – Fall of a common man
09 – Sounds of the night
10 - Renegade

Formazione:

Andreas Wikström: Vocals
Jon Morheim: Guitars
Dejan Rosić: Guitars
Fredrik Svensson Carlström: Bass
Henrik Petersson: Drums

Contatti:

Sito https://www.wearescreamer.com/

Fb : https://www.facebook.com/wearescreamer/

 

Quando un gruppo decide di suonare heavy metal, lo fa soprattutto per la sensazione di forza e di ribellione che il genere da, ora, al di là del fatto che trovare attualmente qualcuno che lo faccia per questi motivi, è come trovare il classico ago nel pagliaio e se proprio nessuno dei gruppi o degli artisti più recenti vuole uscire dal confortevole “politicamente corretto”, perlomeno a livello musicale si potrebbe tentare di mostrare i muscoli e d invece, anche qui, gli Screamer rimangono in un limbo dove formalmente è tutto perfetto, ma non colpiscono nel segno, le canzoni, anche se anacronistiche, possono dare qualche sussulto a chi, come me, è cresciuto con quel calderone genuino che era la new wave of british heavy metal, ma alla fine scorrono via come acqua sotto ai ponti, senza lasciare traccia tangibile.

I riferimenti più vicini ai nostri sono i connazionali Wolf, a differenza dei quali però hanno limato alcune spigolosità a favore di un approccio più melodico, che si riscontra soprattutto nelle vocals di Andreas Wikström, il che fa pensare a ciò che hanno fatto altri connazionali degli Screamer ben più famosi, ossia gli Hammerfall e il loro frontman Joacim Cans, ecco, unite questi due riferimenti, dategli una spruzzata di Holocaust e Diamond Head e il gioco è fatto, ma non per questo mi sento di promuovere “Kingmaker” a pieni voti, non fosse altro per l’ingenuità della sua proposta. In buona sostanza, alcuni pezzi non sono poi neanche così male, in “Sounds of the night” troviamo un’ottimo lavoro dietro alle pelli di Henrik Petersson, il deus ex machina degli Screamer, c’è qualche passaggio più epico/magniloquente come in “Ashes and fire”, la title track ha un ritornello corposo e azzeccato, “Chasing the rainbow” è positiva e briosa, “The traveler” ci ricorda che siamo in Scandinavia e che la melodia da queste parti è un must e un po’ tutto l’album da quella sensazione di retrò quasi a dire: ‘ hey gente, prendetevela con leggerezza, di questi tempi ne abbiamo bisogno’, ma tutto questo non fa certo rendere l’album memorabile, alcune cose risultano davvero troppo scontate ed elementari, tipo “Rise above”, dove fin dalle prime note si capisce dove iniziano la strofa, poi il bridge e quindi il ritornello, fino ad arrivare all’assolo, “Hellfire” è banale, senza personalità, “Fall of a common man” è talmente adagiata sui clichè da risultare quasi stucchevole, “Renegade” chiude con un intreccio di twin guitars che più comune di così, è davvero difficile sentire, insomma sembra quasi che gli Screamer non siano arrivati al quinto album, ma solo al primo demo, talmente questo disco si dimostra fin troppo facile da ascoltare e senza sussulti che possano far riprendere l’ascolto una seconda volta, quasi come se la band di Ljungby non volesse lasciare il segno, ma vivacchiare in una zona confortevole tale da non lasciare alcun indizio del suo passaggio.

Mi auguro almeno che gli Screamer, data la notevole partecipazione ai Festival con oltre cento apparizioni ad eventi come Muskelrock, Headbangers Open Air, Rock Hard Open Air, Summer Breeze e Bang Your Head , siano validi e coinvolgenti dal vivo, la loro proposta in sede live può anche risultare vincente, data la sua semplicità, cosa che può servire a coinvolgere maggiormente il pubblico, altrimenti non mi spiego come una band del genere sia riuscita ad arrivare già al quinto album, data la poca fantasia dei contenuti, perlomeno attenuata da un’onesta sincerità da parte dei cinque metallers svedesi, che sicuramente non hanno alte pretese, ma oggi come oggi, a mio parere, un disco così è probabile che finisca presto nel dimenticatoio. Ai lettori l’ardua sentenza.

© 2023, Giorgio Barbieri. All rights reserved.

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