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13 Ottobre 2022 1 Commento Giorgio Barbieri
genere: Heavy/Prog metal
anno: 2022
etichetta: Century Media
Tracklist:
01 – In extremis
02 – Chapters
03 – Lost in sorrow
04 – Sicdeth
05 – Behind the walls
06 – Nocturnal light
07 – Out of the black
08 – Forest
09 – Realms
10 – Hold on
11 – Tormentum
12 – Rebel yell (Billy Idol cover)
Formazione:
Todd LaTorre – Vocals
Michael Wilton – Guitars
Mike Stone – Guitars
Eddie Jackson – Bass
Casey Grillo - Drums
Ospiti:
Zeuss - Keyboards
Contatti:
http://www.queensrycheofficial.com/
https://www.facebook.com/QueensrycheOfficial/
No, non parlerò dei Queensrÿche come fanno quasi tutti, non parlerò dell’abbandono di Chris DeGarmo, di Geoff Tate e di quello più recente di Scott Rockenfield, non mi metto a piangere sul latte versato, il passato, pur glorioso, è passato e non tornerà, quindi, usciamo da questo circolo vizioso e parliamo di quello che fanno i Queensrÿche adesso, in fondo che colpa ne hanno i due unici membri originali rimasti se Chris ha voluto fare il pilota d’aereo e se, scazzi a parte, Geoff ha preferito fare cose più alternative?
Questo “Digital noise alliance” è il sedicesimo album in studio del gruppo di Bellevue, se comprendiamo anche “Take cover” del 2007 composto solamente di rifacimenti e ci consegna una band che ha superato, perlomeno a livello di line up, l’ennesimo problema, inserendo l’ex Kamelot Casey Grillo alla batteria in pianta stabile e richiamando Mike Stone al posto del defezionario Parker Lundgren; così, con una formazione apparentemente stabile, è stato rilasciato il disco che, a mio parere, ci consegna una band più coesa e conscia, con il risultato che le incertezze, sia a livello musicale, che a livello di band, evidenziate durante il precedente “The verdict” diventano un lontano ricordo e riportano i Queensrÿche allo stesso piano del bellissimo “Condition hüman” del 2015. Se in molti pensavano ad un ritorno alle origini metalliche nel momento in cui Todd LaTorre entrò nella band ed in parte questo si realizzò con “Queensrÿche” del 2013, quegli stessi fan, io compreso, si dovettero ricredere quando l’influenza a livello compositivo di LaTorre, che, ricordiamo, aveva sostituito anche Midnight nei Crimson Glory, si è manifestata facendo capire che non era solo un rimpiazzo o un pedissequo emulatore, ma un artista con idee valide che ha composto assieme a tutti gli altri questo album, dove la consapevolezza è la principale base sulla quale si poggiano tutte le canzoni, è chiaro che il metal è il fondamento di “Digital noise alliance”, ma lo è nella maniera in cui lo intendono da sempre i Queensrÿche, con soluzioni non ordinarie, con saliscendi di umori continui, con sprazzi di classe cristallina che accostano al prog e con testi che non lasciano mai lo spazio al “true”, ma che anche stavolta scavano nell’animo umano e ne interpretano gli stati con elegante espressività, leggetevi il testo di “Lost in sorrow” e mi darete ragione. Dobbiamo proprio parlare del livello tecnico della band? Sì, perché Casey fa di tutto per non far rimpiangere Scott, anche se il suo approccio è meno roccioso, ma la ricerca dei particolari e delle soluzioni non comuni fa parte del bagaglio dell’ex Kamelot e lo accomuna allo storico batterista, e se qualcuno avesse ancora dei dubbi sulla bravura di Todd, gli dico solo di ascoltare attentamente quello che fa, come intepreta i pezzi, con un approccio sicuramente high pitch, ma con personalità e passione, tutte cose che si sentono dall’inizio vigoroso di “In extremis”, passando per la già citata, coinvolgente e ‘sentita’ “Lost in sorrow” e l’altrettanto incalzante “Behind the walls”, per le oscure e cangianti “Nocturnal light” e “Tormentum”, per la rilassata ed emozionante “Forest” e la più rocciosa “Sicdeth”, per concludersi con la cover di “Rebel yell”, straconosciuta title track del secondo album da solista del vecchio punk Billy Idol. Michael Wilton e Mike Stone ricamano riff obliqui e solidi, tipico trademark dei Queensrÿche, Eddie Jackson continua ad essere uno dei bassisti tanto meno nominati quanto più bravi a sostenere pezzi che non hanno linee ordinarie e tutto questo fa sì che l’album scorra in modo piacevole, seppur con qualche leggero calo di intensità, come in “Chapters” o “Hold on”, ma intendiamoci, quando si parla di “leggero calo di intensità” per i Queensrÿche, si legge “fuori portata” per molti altri gruppi.
Si può dire altro, si può parlare della perfetta e cristallina produzione di Zeuss, che lavora con la band già da “Condition hüman” ed è responsabile delle parti di tastiera e di programmazione, ma questo non è mai stato un problema per Wilton e soci, si possono dire migliaia di cose che esulerebbero però dal contesto della recensione, cose che lascio ai siti di gossip metal, cose che non mi piacciono e che non fanno parte del mio bagaglio culturale, per cui, se volete altro, rivolgetevi pure ad altro. Qui si parla dei Queensrÿche attuali e di come siano ancora in forma smagliante dopo 40 anni dal cambiamento di nome dal precedente The Mob; l’album è un capolavoro? No, ma è un ottimo album di metal non comune, questo interessa e questo deve importare a chi vuole ASCOLTARE, tutto il resto sono chiacchiere!
© 2022, Giorgio Barbieri. All rights reserved.
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