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Recensione

68/100

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Restless Spirits – Second To None – Recensione

10 Agosto 2022 2 Commenti Yuri Picasso

genere: Melodic Rock
anno: 2022
etichetta: Frontiers

Tracklist:

01. Need A Lil' White Lie
02. Hey You
03. Dreams Of The Wild
04. Until The End Of Time
05. A Dream To Be Lost In Time
06. And Yet It Breaks
07. Too Many
08. Nothin' Dirty Here
09. Always A Pretender
10. No Time Wasters
11. Dirty Money

Formazione:

Formazione: Johnny Gioeli (Vocals tr. 7, 8, 9); Kent Hilli (Vocals tr. 1, 11); Chez Kane (Vocals tr. 2, 3, 4); Renan Zonta (Vocals tr. 5, 6, 10); Tony Hernando (Guitars, Keys, Bass, Backing Vocals); Victor Diez (Piano, Keyboards); Matt De Vallejo (Drums)

 

Tutto sommato piacevole sorpresa il secondo disco a nome Restless Spirits. Tony Hernando, chitarra e mente dei Lords of Black, si ripresenta in veste più leggera approfondendo la sua capacità di scrivere melodie maggiormente soft e commerciali, chiamando a se gli interpreti del momento appartenenti al roster Frontiers. Azzeccata l’idea di accorpare in successione quasi tutti i brani in base ai 4 cantanti, come un concept diviso in “capitoli” distinti al fine di rendere maggiormente coeso e scorrevole ‘Second To None’.

Nell’epoca in cui la musica di consumo prevale su quella di valore, dove gli oramai bassissimi costi di produzione permettono alla quantità di avere la meglio sulla qualità, ‘Second to None’ può dire la sua, mancando di picchi clamorosi ma senza mai scendere al di sotto della sufficienza in ogni brano presentato.
A Kent Hilli il compito di aprire e chiudere il disco: “Need A Lil’ White Lie” e “Dirty Money” ripercorrono i sentieri cari ai Perfect Plan e agli ultimi Giant, evidenziando il pregio (e al medesimo tempo il difetto) del singer svedese. Timbro grandioso e grintoso ma carente nel dipingere colori policromatici in determinate canzoni.
Il capitolo che mi ha entusiasmato maggiormente è quello rappresentato da Johnny Gioeli, nelle dinamiche di “Too Many”, nella hardeggiante “Nothin’ Dirty Here”, coniata da un ritornello aoreggiante. E nella semiballad “Always a Pretender”. L’italo americano fa valere la sua esperienza e la sua assoluta capacità interpretativa.
Le canzoni cantate dal bravissimo Renan Zonta risultano essere quelle meno incisive, un poco anonime, mancando in originalità e dettagli illuminanti.
Infine, dopo l’apertura di Kent Hilli, abbiamo le 3 canzoni di Chez Kane; “Hey You” si muove tra binari rock interpretata con toni drammatici e convincenti dalla bella Inglese. “Dreams of The Wild” è selvaggia e trascinante, rimembrante la versione + americana di Lee Aaaron (quella di ‘Body Rock’ e ‘Some Girls Do’).
Convince infine il ritornello amplificato di “Until The End of Time”, estivo, in bilico tra hard e pop.

Gli sforzi profusi da Hernando portano a un lavoro composto dai noti e risaputi crismi presenti nei dischi del ventunesimo secolo.
In breve un buon compromesso tra il gradevole e il manieristico.

© 2022, Yuri Picasso. All rights reserved.

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