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Sign X – Back to Eden – Recensione

21 Luglio 2022 1 Commento Giorgio Barbieri

genere: Melodic Metal/Hard Rock
anno: 2022
etichetta: Pride & Joy

Tracklist:

1 - Back To Eden
2 - Frozen Hell
3 - Forever King (feat. Ronnie Munroe)
4 - 3 Seconds
5 - History Will Tell
6 - Life Goes On
7 - Into The Unknown
8 - Afterlife
9 - World On Fire
10 - Jump ‘n’ Run
11 - 3 Seconds (Piano Version)

Formazione:

Sebastian Zierof - Vocals, Guitars
Oliver Scheer - Guitars, Keyboards
Steve Lagleder - Bass, Guitars
Michael Mehl - Drums

 

A volte è veramente difficile stare dietro a tutte le uscite quindi, anche se un po’ in ritardo sulla data di uscita, eccoci qua…

Ammetto che il genere proposto dai Sign X non è nelle mie grazie, questo metal moooolto melodico con sconfinamenti nell’aor più pomposo, oramai lascia il tempo che trova e anche se qualche gruppo lo ha fatto (Royal Hunt ad esempio), non mi da più emozioni forti tali da alzarmi di scatto dalla sedia e precipitarmi a comperare il disco, ma io cerco sempre di trovare qualcosa di buono e provo a dare una chance a tutti, perché comunque si tratta di artisti che hanno investito tempo, soldi ed energie per far uscire l’album, allora resetto tutto e vado a parlare del secondo album di questi tedeschi, formati da tre ex Chalice, band onesta che per vent’anni, tra la metà degli anni 90 e la metà dello scorso decennio hanno prodotto sette album e condiviso il palco con Deep Purple e Alice Cooper tra gli altri.

Con l’arrivo del più giovane cantante e chitarrista Sebastian Zierof, la band si rifà il trucco e prova ad addentrarsi nel ginepraio hard’n’heavy, pur sapendo che altri, come i due gruppi citati sopra, hanno già detto tanto, ma iniziando ad ascoltare “Back to Eden” sembra che i nostri possano alzare la voce e farsi sentire, difatti la title track è un’ottimo esempio di metal magniloquente, epico e arioso, con il buon Sebastian sugli scudi a dare un’interpretazione vigorosa e ben lontana da tutti quegli urlatori “castrati” che fanno danni nel power metal, addirittura le orchestrazioni delle tastiere ricordano e non poco, quelle dei Dimmu Borgir; ora io capisco benissimo che tra i lettori del sito ben pochi conosceranno e apprezzeranno la band norvegese, ma provate a fare un giro sul tubo ad ascoltare “Fear and wonder” (non vi preoccupate è un’intro strumentale) o “Progenies of the great apocalypse” nella versione orchestrale e ditemi se non ci ho preso, ma tant’è, purtroppo le idee veramente valide si fermano qui, per il resto dell’album si viaggia su coordinate più melodiche, ma permettetemi anche troppo ordinarie, soprattutto alla luce delle potenzialità espresse dai nostri nella title track. Non che il disco sia brutto, ha tutti crismi del prodotto 2.0, ottima tecnica, ottima esecuzione vocale, produzione equilibrata, anche se nei pezzi più leggeri le chitarre sembrano mixate più basse rispetto alle tastiere, ma manca di una cosa, a mio parere, troppo importante, l’anima! L’intervento di Ronnie Munroe, ex cantante dei Metal Church e ora nei Vicious Rumors a duettare con Sebastian in “Forever king”, risolleva le sorti un pò, sicuramente Ronnie da un piglio più robusto al pezzo, che ha un andamento epicheggiante e l’ispirazione rimane in parte nella successiva ballad “3 seconds” con un’interpretazione “sentita” di Zierof, nota a margine, il pezzo viene ripreso in versione pianistica alla fine dell’album. I tentativi di fare qualcosa di diverso, come nella ritmata “History will tell” e nell’acustica “Jump’n’run” sono lodevoli, ma non lasciano il segno e il tutto si mescola a pezzi come “World on fire” o “Afterlife”, che scorrono via come se niente fosse.

Forse sbaglio io, forse mi sono fatto aspettative troppo alte dopo l’ascolto della title track e sicuramente chi ha il cuore più tenero troverà buoni spunti, ma questo è il mio pensiero ed è, credetemi, figlio di reiterati ascolti dopo i quali non è scattata la scintilla, ma prima di chiudere voglio citare il lavoro di chitarra ed orchestrazione di Oliver Scheer (almeno, credo che sia lui il solista, come lo era nei Chalice), se i Sign X, oltre a ideare anche una copertina perlomeno più accattivante, ripartissero da tutto ciò, con un frontman come Sebastian Zierof, potrebbero stupirci. Non bocciati, di sicuro, ma promossi con riserva…

© 2022, Giorgio Barbieri. All rights reserved.

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