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Recensione

85/100

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Reef – Shoot Me Your Ace -Recensione

22 Giugno 2022 6 Commenti Dave Zublena

genere: Hard Rock/Blues
anno: 2022
etichetta: Raging Sea Design

Tracklist:

Shoot Me Your Ace
When Can I See You Again
Refugee
Best of Me
Wolfman
Hold back the Morning
Right On
Everything Far Away
I See Your Face
Strangelove

Formazione:

Gary Stringer (vocals)
Jack Bessant (bass)
Jessie Wood(guitar)
Luke Bullen (drums)
Andy Taylor (production and guitar)

 

“Ma chi diamine sono i Reef? Boh!”. Dev’essere stato questo il primo pensiero passato per la testa al boss Denis Abello quando gli ho proposto la recensione del nuovo album della band di Glastonbury. Come dargli torto? In Italia i Reef li conosciamo io, la mia vicina di casa e il suo gatto (giusto perché sono obbligati ad ascoltarli da oltre 15 anni). Per fortuna dei Reef l’Italia è solo uno sfortunato caso isolato e, nonostante non siano un nome di primo piano, in alcune nazioni hanno assunto lo status di band di “culto” del classic rock.

Quindi chi sono e che cosa fanno i Reef?

La band inglese nasce nel 1994 e la loro demo attira subito l’attenzione della Sony che li prende sotto la propria ala protettrice. Il loro primo singolo “Naked” viene addirittura scelto per la pubblicità del lancio mondiale del Sony MiniDisc (qualcuno se lo ricorda?). Il successo è immediato e l’album di debutto “Replenish” ottiene il disco d’oro nel Regno Unito. Il successo viene replicato anche dal successivo “Glow” e dallo smash hit single “Place Your Hands”, prodotto dal leggendario George Drakoulias (mentore dei The Black Crowes). Purtroppo, la Sony, ingolosita dalla possibilità di avere tra le mani una gallina dalle uova d’oro, comincia a fare pressioni sulla band per abbandonare il proprio hard rock a tinte blues a favore di un sound più commerciale. La casa discografica tenta di inserirli nella scena alternative rock/brit pop, tanto in voga in quegli anni, e di farli diventare i nuovi Oasis anziché i nuovi Bad Company. Queste continue pressioni minano fortemente l’equilibrio della band che nel 2003 registra quello che avrebbe dovuto essere il quinto album, ma l’etichetta si rifiuta di pubblicarlo perché considerato troppo “heavy”. Il chitarrista Kenwyn House getta la spugna e se ne va e la band, ormai demoralizzata, si scioglie nel 2004. Si riformano in sordina nel 2014 con alla chitarra Jesse Wood (figlio del celebre Ronnie dei Rolling Stones) e pubblicano nel 2018 l’ottimo album “Revelation”. E arriviamo finalmente ad oggi, dove i Reef tornano con questo infuocato “Shoot Me Your Ace”.

La band spinge decisamente sull’acceleratore e pubblica il proprio disco più “hard”, riducendo al minimo le sperimentazioni country/folk e soul che avevano contraddistinto il precedente album. La base del suono è decisamente vintage e i Reef pescano a piene mani dall’hard rock anni ’70 intriso di blues polveroso, rileggendo in chiave più attuale il verbo di gruppi come Bad Company, Humble Pie, Faces, Led Zeppelin, Nazareth, Rolling Stones e Grand Funk Railroad! Senza dimenticare le “divagazioni” southern in stile The Black Crowes e qualche sconfinamento nel “grunge dal sapore seventies” alla Soundgarden.

Fiore all’occhiello della band è l’istrionico cantante Gary Stringer che sorprende con una prova accattivante e intensa ed una voce “alcolica” e graffiante a metà tra Bon Scott, Chris Cornell e soprattutto Dan McCafferty dei Nazareth! Anche gli intrecci ritmici del “figlio d’arte” Jesse Wood risultano un’arma potentissima nelle mani di questa “Mark 2”.

E’ superfluo fare una track-by-track perché il disco si mantiene su livelli altissimi per tutta la sua durata, snodandosi con disinvoltura tra riff esplosivi alla Jimmy Page, ritmiche incendiarie e magici squarci melodici di matrice blues/soul. Possiamo citare però tra i pezzi migliori la coinvolgente Refugee, che travolge con una strofa energica e piena di groove ma che abbaglia poi con una splendente melodia tipicamente southern nel ritornello; oppure la terremotante Wolfman dal riff granitico e sincopato preso in prestito dagli Audioslave. E che dire dell’ancestrale magia di Everything Far Away, che parte soffusa e delicata per poi esplodere in un “orgasmo” Zeppeliniano da sparare ad alto volume! Infine, la conclusiva Strangelove, eccitante compendio di tutto ciò che si è sentito nelle tracce precedenti fondendo con maestria Free, Ac/Dc, Aerosmith e ancora una volta Led Zeppelin.

Negli ultimi anni c’è stato un nuovo fortunato revival del “classic rock” trainato dal successo di giovani di belle speranze come Greta Van Fleet o Dirty Honey. Ma nel 1995, nel momento peggiore di questo genere, schiacciati tra brit-pop, new-metal, industrial e alternative rock, i Reef erano in prima linea a lottare con le unghie e con i denti, tenendo alta la bandiera dell’hard rock!

Credo che sarebbe finalmente arrivato il momento per loro per raccogliere i frutti del duro lavoro di questi anni. Se amate queste sonorità, non esitate nemmeno un istante ad acquistare questo album, perché di dischi con questa qualità e personalità se ne sentono davvero pochi. Vi sorprenderà.

Ps: Ovviamente vi consiglio caldamente anche i loro primi tre lavori (Replenish, Glow e Rides).

© 2022, Dave Zublena. All rights reserved.

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