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Recensione

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Crashdiet – Automaton – Recensione

03 Maggio 2022 6 Commenti Vittorio Mortara

genere: Hard Rock
anno: 2022
etichetta: GoldenRobots/Crusader Records

Tracklist:

01. Automaton
02. Together Whatever
03. Shine On
04. No Man's Land
05. Darker Minds
06. Dead Crusade
07. Powerline [feat. Michael Starr]
08. Resurrection Of The Damned
09. We Die Hard
10. Shell Shock
11. Unbroken
12. I Can't Move On (Without You)

Formazione:

Gabriel Keyes: Voce
Martin Sweet: Chitarra
Peter London: Basso
Eric Young: Batteria

 

I Crashdiet sono una delle moderne Glam bands più seguite negli ultimi anni. Ho assistito ad un loro concerto e posso assicurarvi che sotto il palco si assembrano nugoli di ragazze in abiti succinti in brodo di giuggiole all’ammiccare dei nostri eroi, in particolare per del frontman, Michael Keyes, biondone d’altri tempi. E proprio a proposito di cantanti, i nostri sono stati costretti, nel corso della loro carriera, a cambiarne ben quattro! Keyes, qui, è al secondo album in studio. La musica degli svedesi è sempre stata un mix di influenze street/glam, punk e hard melodico scandinavo, con l’adrenalina come ingrediente principale ed una buona capacità nello scrivere pezzi che, dal vivo, creano un vero e proprio sconquasso. Il precedente lavoro, Rust, si poneva una buona spanna sotto il livello dei suoi predecessori, con pezzi spesso un po’ spompati ed il vocalist non ancora propriamente integrato. Il nuovo platter è decisamente meglio. Adesso la band suona evidentemente più coesa ed ha intrapreso, a mio parere, una nuova direzione artistica. Viene messa da parte quasi del tutto l’attitudine arrogantemente punk, ed anche le basi sunsetboulevardiane passano in secondo piano. I Crashdiet si stanno trasformando velocemente in un gruppo hard scandinavo moderno. Senza girarci tanto attorno, “Automaton” suona più Eclipse di quanto non facesse “Paradigm”. Il che, sempre secondo il vostro redattore, non necessariamente è un bene…

Ma partiamo dai pezzi. Dopo una breve intro, “Together whatever” dirompe in tutta la sua semplice bellezza. Ottima scelta come primo singolo, sicuramente il pezzo più Crashdiet e diretto dell’intero album. Ma già su “Shine on” la sterzata è avvertibile. Pezzo chitarroso e cadenzato, con un refrain che lascia un po’ di insoddisfazione. Meglio “No man’s land”, hard rock anthemico e melodico, perfettamente in linea con i canoni della band di Martensson. Segue “Darker minds” una semiballad che, fedele al titolo, presenta tinte piuttosto oscure che ricordano alcune cose dell’imprescindibile “Momentum”. Taglio metal e ritmo funkeggiante caratterizzano “Dead crusade” che ti prende soprattutto a livello del coro. L’ospite di lusso Michael Starr degli Steel Panther impreziosisce il coinvolgente Eclipse rock di “Powerline”, soprattutto nello spassosissimo video uscito in questi giorni. Un riffaccio sporco innesca “Resurrection of the damned” che non fa nulla per nascondere le influenze Guns’n’Roses, con un Keyes che fa il verso ad Axl Rose. Mi acchiappa parecchio il lungo chorus di “We die hard”, forse il brano che più richiama il passato della band. Al contrario, trovo piuttosto anonima la successiva “Shell shock”. Ma il finale è degno di menzione, prima con la vitaminizzata “Unbroken” che si inserisce nella falsariga dell’opener, e poi con la ballad SkidRow style “I can’t move on”, posta classicamente in chiusura.

La nuova opera a firma Crashdiet è complessivamente valida. Suona senz’altro più omogeneo ed ispirato di “Rust” e, rispetto a quel disco, come vi ho già detto, rappresenta un deciso passo avanti. Io però da questa band mi aspettavo una manciata di pezzi bomba, grondanti adrenalina da ogni nota e pronti a far saltellare le scatenate fans nell’imminente tour europeo. E qui, francamente, a parte in un paio di pezzi, l’ignorante carica punk degli esordi manca in maniera assoluta. Di emuli degli Eclipse in giro ce ne sono fin troppi… Di Crashdiet… no! Buon ascolto!

© 2022, Vittorio Mortara. All rights reserved.

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