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29 Marzo 2022 13 Commenti Vittorio Mortara
genere: Hard Rock/Street
anno: 2022
etichetta: Gain
Tracklist:
1. Abrakadabra
2. Influencer
3. Forever And Day
4. Weep When You Die
5. Give Me A Smile
6. Catch Me If You Can
7. One Of All
8. Dreams In Red
9. Throw A Brick
10. Fighter
Formazione:
Joakim “Jocke” Berg – voce
Martin Sandvik – basso
Magnus “Adde” Andreasson – batteria
Vic Zino – chitarre
Questo nuovo Hardcore Superstar stride, cigola e deflagra come un carro armato della seconda guerra mondiale. Riff scarni, sezione ritmica dirompente, un cantante che grida in faccia al mondo tutta la sua rabbia senza il minimo ritegno. Aiutati da una produzione che ne esalta il sound senza edulcorarlo minimamente, i quattro svedesi sfornano un album-macigno monolitico, in cui le concessioni alla melodia e alla facile presa sono veramente minime e l’energia viene profusa a piene mani dall’inizio alla fine.
Inizio, appunto, affidato all’oscura title track, un massiccio mid tempo che mette in chiaro da subito le intenzioni bellicose della band. Bissata da “Influencer”, che parte dal sound della L.A. di fine anni ’80, spogliandolo di tutti i lustrini e restituendocelo più grezzo e modernizzato. Il singolo “Forever and a day” prosegue sulla medesima falsariga concedendo qualcosa in più all’immediatezza a livello del coro, con Joakim che strilla e miagola spadroneggiando in lungo e in largo, come sulla successiva “Wheep when you die”, classicissima street metal song dal refrain corale studiato per coinvolgere la platea durante i concerti. I toni si fanno più duri con il riff schiacciasassi di “Give me a smile”. “Catch me if you can” flirta neanche troppo velatamente con il punk californiano. “One for all”, invece, non riesce a lasciare il segno nonostante la sua carica di energia. Il ritmo cala un poco e “Dreams in red” si rivela il mio pezzo preferito per il bel lavoro di chitarra ed un ritornello che prende da subito. Passando a “Throw a brick”, ci troviamo ad ascoltare un altro pezzo piuttosto anonimo, con la band non al massimo dell’ispirazione. Si chiude con l’insolita (per gli HCSS) ballad “Fighter”, apprezzabile per l’uso delle chitarre acustiche e per il suo flavour ottantiano.
Ragazzi, questa è una bella band. Hanno ormai più di vent’anni di carriera alle spalle, tour con i principali mostri sacri dell’hard melodico e non, un seguito internazionale di fans di gran lunga più numeroso della maggior parte dei gruppi di cui leggerete su queste pagine. E i quattro di Goteborg hanno le idee chiarissime: il loro stile non è cambiato un gran che da 12 album a questa parte. D’altro canto piace e continua a piacere. In questo nuovo album si completa il processo di epurazione delle “scorie” melodiche maturate verso metà carriera per lasciare spazio a suoni quintessenziali e pezzi sempre lineari e diretti, anche se non di facile presa. I loro dischi che preferisco rimangono “Split your lip” e “HCSS”. Questo lo trovo persino troppo granitico, tanto da non permettere ad un pezzo piuttosto che ad un altro di svettare. Ma resta comunque un album da ascoltare!
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