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Recensione

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Black Diamonds – Floor 13 – Recensione

29 Marzo 2022 4 Commenti Luka Shakeme

genere: Hard Rock
anno: 2022
etichetta: Metalpolis

Tracklist:

Out in the Fields
No - Tell Hotel (live)
Turn to Dust (Live)
My Fate (live)
Rainbow in the Dark (live)
Reaching for the Stars (acoustic)
Black Thunder
Jumpin' Jack Flash (live)
Do-Tell Hotel

Formazione:

Mich Kehl – Voce/Chitarra
Chris Blade Johnson . Chitarra/Voce
Andi Barrels – Basso/Voce
Manu Peng – Batteria/Voce

 

Combo svizzero decisamente attivo di cui mi accingo a parlarvi quest’oggi. Al punto che dopo il buon riscontro di pubblico e critica del fortunato “No tell-Hotel”, lancia un piccolo antipasto di quello che sarà un nuovo lavoro di prossima uscita. Ebbene, i rockers Black Diamonds, decidono di produrre un lavoro fatto di inediti non pubblicati, set acustici e qualche live. Quest’ultimo aspetto mi incuriosisce particolarmente visto le innumerevoli uscite che a volte si rivelano prodotti da studio, deludendo le attese in sede live. Snoccioliamo “Floor 13”, sperando non deluda la mia succitata curiosità.

“Out in the Fields” è granitico, ricco di belle armonie vocali; si va dritti come un treno anche se la traccia riserva buone dinamiche e una buona perizia tecnica che ad ogni modo non risulta stucchevole e autocelebrativa. “No – Tell Hotel” è la prima traccia live estratta dall’ultimo omonimo lavoro, non tradisce le mie attese almeno per ciò che concerne la prova “live”. La band in se mi trasmette compattezza pur trattandosi di un aor di vecchia scuola, ne rimarco la buona fattura ma personalmente è poi la traccia in se che mi lascia poco. “Turn to Dust” segue bene o male le coordinate della traccia precedente, chorus e controcanti in pieno eighties style. Il riff iniziale mi aveva lasciato pensare ai connazionali Gotthard, il tutto poi si apre verso ambientazioni decisamente più leggere e scanzonate. La traccia è carina e rende al meglio ciò che il progetto vuole rappresentare. “My Fate” conferma le mie ottime impressioni avute sulle tracce precedenti. La band rende anche dal vivo e di sicuro non ha la pretesa di proporre un sound più ricercato o moderno, anche se visto il genere è praticamente impossibile risultare originali. Il tutto potrebbe essere rivisto su arrangiamenti un po’ più incisivi magari, ma è una mia personalissima opinione che non inficia la bontà del progetto. “Rainbow in the Dark” è una cover. Non dico altro, fra le cover più suonate in assoluto e qui si apre un fronte di discussione importante. Di base non amo le cover band per usare un eufemismo ma trovo interessanti quelle stravolte. Per quanto l’ugola del singer Michael Kehl sia abrasiva e in tema con il genere proposto, la traccia in questione paga dazio all’originale. Perchè scontrarsi a tutti i costi con mostri sacri? Facciamo almeno la furbata di personalizzare la cover proposta rendendola nostra. “Reaching for the Stars” viene proposta in chiave acustica; naturalmente ho voluto confrontarla con la versione originale e ammetto che gira benissimo anche in questa veste. La mia predilezione per gli acustici è nota quindi potrei essere un po’ di parte ma sono dell’avviso che se di base c’è un bel pezzo lo si può vestire al meglio negli ambiti più disparati. Dunque promossa in pieno. “Black Thunder” è la seconda traccia inedita. Anche qui ci troviamo di fonte a un pezzo granitico anche se non da primo impatto e merita più di un ascolto per essere veramente apprezzato. I toni sono più scuri ed epici e forse riescono a mettere in luce le caratteristiche inespresse di una band che a mio avviso potrebbe dirigersi maggiormente su terreni di questo ambito, guadagnandone una relativa maggiore personalità. “Jumpin’ Jack Flash” invece risulta vincente rispetto alla versione degli Stones. Di sicuro il fan settantiano potrebbe bocciarla ma a mio avviso invece segue proprio le coordinate che dovrebbe avere una cover. Identità e personalizzazione. Riconosco di non amare particolarmente la band di Jagger e preferisco questa versione che è una bella botta di adrenalina. “Do-Tell Hotel” è una traccia che mai e poi mai vorrei trovare su un disco, raramente la si trova di una band di spessore e mai di una underground. Stralci di provini e demo che a mio avviso non hanno nessun senso lungo gli otto minuti di durata, ma che saranno spunto di una mia particolare riflessione in chiusura.

IN CONCLUSIONE: Il dischetto capitato fra le mie pur moderate e mai troppo critiche attenzioni, è di per se godibile non c’è dubbio, orientato magari a chi ha voglia di farsi un’idea della band svizzera. L’ultima traccia però come anticipato, mi lascia qualche perplessità sulla genuinità del lavoro. E’ un lavoro che “doveva” uscire a tutti i costi? Oppure i nostri hanno budget al punto da investire risorse su un qualcosa che poteva tranquillamente restare nel cassetto? A questo punto si aspetta il nuovo lavoro con una certa curiosità, auspicando una maggiore voglia di mettersi davvero in gioco.

© 2022, Luka Shakeme. All rights reserved.

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