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Recensione

87/100

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Manic Sinners – King Of The Badlands – Recensione

07 Febbraio 2022 4 Commenti Alberto Rozza

genere: Hard Rock
anno: 2022
etichetta: Frontiers

Tracklist:

1. Drifters Union
2. King Of The Badlands
3. Anastasia
4. Ball And Chain
5. Under The Gun
6. Out For Blood
7. Carousel
8. Nobody Moves
9. Play To Lose
10. Crimson Queen
11. A Million Miles
12. Down In Flames

Formazione:

Ovidiu Anton - Lead vocals
Adrian Igrisan - Drums, keyboards, backing vocals, and bass (on Play To
Lose, Nobody Moves, A Million Miles), and electric guitars (on Nobody Moves,
A Million Miles)
Toni Dijmarescu - Electric & acoustic guitars, bass

Contatti:

Facebook: https://www.facebook.com/manicsinners

 

In uscita in questo inizio di anno roboante il debut album della band rumena Manic Sinners “King Of The Badlands”, debutto interessante per questo power trio talentuoso e dalle credenziali sbalorditive.

Il lavoro parte immediatamente con una traccia potentissima e caratteristica dello stile della band: “Drifters Union” (del quale è possibile trovare anche un videoclip su YouTube) galoppa dal primo secondo, intenso, musicalmente compatto ed esaltante, arricchito da una voce decisa, cesellata e azzeccatissima. Passiamo a “King Of The Badlands”, la title track che ci colpisce con un uno – due letale: oscura, cupa e dalla trama musicale godibilissima, grazie al grande forma e alla grande dote tecnica dei componenti del gruppo. In terza posizione ci imbattiamo in “Anastasia”, introspettiva e dal sapore magico, dolce e melodica, rilassa le atmosfere attestandosi come un vero e proprio inno d’amore. “Ball And Chain” è un pezzo delicato e malinconico, riflessivo e coinvolgente, che colpisce per la decisa interpretazione vocale e per la particolarità di alcune atmosfere musicali. Torniamo a martellare con “Under The Gun”, dal riff tagliente e spezzettato, dalle sonorità cruente, molto più metallaro e crudo ma sempre allineato con le caratteristiche della band. Passata la strumentale e virtuosa “Out Of Blood”, arriva l’agrodolce “Carousel”, dalla ritmica arrembante venata di qualcosa di indecifrabilmente emotivo, un brano piacevole che lascia molto dal punto di vista puramente sensazionale. “Nobody Moves” torna su sonorità più contemporanee, abbandonando per un attimo l’hard rock puro e orientandosi verso qualcosa di più metal, ma mantenendo altissimo il livello compositivo e soprattutto strumentale, sempre ricco di grandi spunti ed eseguito in modo azzeccatissimo. “Play To Lose” è un brano intenso e tutto sommato canonico, sempre in linea con il genere e che non aggiunge molto a quanto di buono sfornato dalla band. Secondo strumentale con “Crimson Queen”, questa volta più orientato su orizzonti delicati e di vaga ispirazione statunitense, che lasciano spazio alla solare e ariosa “A Million Miles”, corposa e vocalmente molto dinamica. Chiusura affidata alla gagliardissima e danzante “Down In Flames”: pezzone tosto e perfetto per tirare le somme di un album elegante, suonato in modo coerente, tecnicamente di livello, con sprazzi di originalità rari in questo periodo e che complessivamente porta sotto i riflettori una band pronta in tutto e per tutto a palchi importanti.

© 2022, Alberto Rozza. All rights reserved.

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