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Recensione

74/100

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Kris Barras Band – Death Valley Paradise – Recensione

25 Febbraio 2022 2 Commenti Samuele Mannini

genere: MelodicRock/Blues
anno: 2022
etichetta: Mascot

Tracklist:

Dead Horses 3:42
Long Gone 3:21
My Parade 3:54
These Voices 3:50
Who Needs Enemies 3:34
Devil You Know 3:30
Wake Me When It's Over 4:17
Hostage 3:03
Cigarettes and Gasoline 3:05
Bury Me 3:56
Chaos 3:37

Formazione:

Kris Barras - Lead Vocals/Guitar.

Josiah J.Manning - Keys/guitar

Kelpie Mckenzie - Bass

Billy Hammett - Drums

Contatti:

https://www.krisbarrasband.com

 

Non avevo la minima idea di chi fosse Kris Barras prima che mi capitasse per le mani il promo di questo disco, ma data la mia indole curiosa, non ho resistito a dargli una ascoltata e scriverci su due righe. Kris Barras, inglese e figlio d’arte, ha già dato alla luce altri tre full lenght ed un ep, ma è anche noto per essere stato un combattente professionista di Muay Thai. Le sue influenze musicali sono permeate dal blues e nei suoi precedenti lavori, questo salta all’orecchio in maniera piuttosto evidente.

Prima di andare a parlare della musica contenuta in questo Death Valley Paradise, mi tolgo subito un ‘sassolone’ dalla scarpa: la produzione è, a mio orecchio, abbastanza scadente, anche per i pur bassi standard odierni. I suoni sono oggettivamente molto compressi e tendenti al clipping e non penso proprio dipenda dal formato mp3 (320K) del promo, anche se sarebbe gradevole poter ascoltare i files in formato lossless per avere una idea più corretta del suono. Comunque, in parole povere, l’ascolto su un impianto hi-fi di medio livello risulta abbastanza faticoso anche a volumi medi e questo inevitabilmente influisce nel giudizio finale.

Passiamo ora al lato prettamente musicale, qui le cose migliorano sensibilmente. La miscela musicale proposta da Barras è composta sempre da una buona base blues (anche se in maniera minore ai precedenti lavori), innestata però su melodie semplici e suoni di chitarra saturi e moderni (forse anche troppo per i miei gusti ). Una bella struttura blues caratterizza Dead Horses, mitigato dal ritornello estremamente catchy e più o meno la cosa si ripete anche nella successiva Long Gone, anche se qui il lato blueseggiante è preminente. My Parade è un anthem ed infatti è stato scelto come primo singolo, canzone efficace anche se con un cantato più moderno ed occhieggiante alle giovani generazioni sia come stile, sia come contenuti. These Voices è invece uno splendido esempio di canzone melodic rock, catchy ed efficace un po’ sull’impronta della tradizione scandinava. Stesso registro e stessa efficacia in Who Needs Enemies, una canzone perfettamente funzionante che cattura subito l’attenzione. Devil You Know ci ripropone un hard blues più rovente ed oscuro e la cosa mi piace parecchio. Wake Me When It’s Over è più lenta ed anche qui si punta su una struttura molto vicina al pop, seppur elettrico, per dare una maggiore fruibilità. Hostage si muove tra l’equilibrio di un cantato easy ed una ritmica serrata. Cigarettes and Gasoline riprende il taglio blues per poi chiudere con le più commerciali Bury Me e Chaos, continuando così l’alternanza tra sonorità che permeano tutto il disco.

In sostanza il disco funziona e potrebbe risultare gradevole per un pubblico abbastanza eterogeneo. Non fatevi quindi frenare dal voto, visto che è influenzato dalla resa sonora, perché le canzoni funzionano molto bene e con una produzione adeguata il risultato sarebbe stato sicuramente superiore.

© 2022, Samuele Mannini. All rights reserved.

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