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Recensione

65/100

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Giant – Shifting Time – Recensione

19 Gennaio 2022 38 Commenti Samuele Mannini

genere: Hard Rock
anno: 2022
etichetta: Frontiers

Tracklist:

Shifting Time
Let Our Love Win
Never Die Young
Don’t Say A Word
My Breath Away
Highway Of Love
It’s Not Over
The Price Of Love
Standing Tall
Anna Lee
Don’t Wanna Lose You
I Walk Alone

Formazione:

Kent Hilli - Vocals
John Roth - Guitars
Mike Brignardello - Bass
David Huff - Drums

 

Recensione difficile questa per me, particolarmente difficile e se avete letto la recensione di Time To Burn nella nostra sezione classici (Link Qui),forse potrete capire il perché. I Giant sono un gruppo che adoro e immancabilmente la memoria va a certe sonorità ed atmosfere, che ahimè in questo disco sono presenti in quantità assai minima e mi permetto di dire pure artificiosa.

Cercherò di scindere per quanto possibile la questione emotiva da quella puramente tecnica e spero, mi saranno perdonate eventuali derive filosofiche, ma dopotutto per me la musica è sentimento e quindi l’obiettività a volte si trova a soccombere.

Per quanto riguarda l’operazione nostalgia, beh mi sento di dire bocciata senza appello. Qui oramai di Giant oltre la sezione ritmica è rimasto ben poco, come del resto era già successo in Promised Land. Quello che non riesco a concepire, ammettendo che possa trattarsi di un mio limite mentale, è il perché si tenti di riesumare nomi gloriosi del passato pur non essendoci le minime condizioni per farlo. Mi spiego meglio, i Giant dei primi due capolavori, ma seppur in maniera minore anche il terzo, erano caratterizzati dal songwriting, l’interpretazione e gli arrangiamenti di Dann Huff (e nei primi due anche di Alan Pasqua), se togliamo questo al potenziale sound dei Giant cosa resta? Poco più del nulla cosmico. Che senso ha dunque, riproporre dopo una valanga di anni una band alla quale manca la vera e propria essenza? Dopotutto, non è che se prendi una Panda la tingi di rosso e ci appiccichi un cavallino sopra, diventa una Ferrari per pura magia o solo per il fatto di essere entrambe italiane.

Sistemata la parte indigesta, andiamo ad analizzare il disco cercando di allontanare la parte sentimentale e facendo un’ analisi ragionata delle canzoni. Per essere un disco del 2022, ha tutto quello che serve per poter piacere. Le canzoni sono ruffiane  e scritte con il preciso intento di risultare gradevoli sin dal primo ascolto. Ai musicisti, nulla si può rimproverare a livello tecnico ed anche la produzione risulta perfettamente al top degli standard moderni. Insomma, la Frontiers non ha certo lesinato nel mettere a disposizione della band tutta la sua potenza di fuoco, tra songwriters, produttori e ospiti. Quello che a mio orecchio però manca, è una precisa identità musicale, oltre una certa forzatura nel cercare di farlo suonare Giant, innestando piccole parti di sound all’interno di pezzi che poi virano in altre direzioni. Altra critica che mi sento di fare è al vocalist, non certo per le sue doti canore , ma bensì per la sua tendenza ad ‘urlare’ in maniera eccessiva, tralasciando di trasmettere il feeling di cui Dan Huff era capace, seppur con una estensione vocale sicuramente inferiore. Il disco comincia con un breve strumentale di un minuto e mezzo, che funge anche da title track, molto evocativo dell’ intro di I’m a Believer. Il primo video singolo è Let Our Love Win, dove i Giant copiano i… Giant, nel senso che il pezzo sembra quasi un ripescaggio di una canzone poi non inclusa negli album precedenti, qui Kent Hilli, prova pure a stare nel registro canoro tipico di Huff ed il risultato è tutto sommato una discreta canzone. Terza song e secondo singolo è Never Die Young, se vi piacciono i Perfect Plan sicuramente gradirete, ma la scritta feat. Dan Huff, presente qui con un assolo di chitarra, non contribuisce certo a nobilitare un pezzo che resta pregno di già sentito. Don’t Say A Word, percorre sentieri più movimentati ed allegri e scorre via gradevole e catchy, così come My Breath Away, che risulta uno dei brani più piacevoli del lotto, merito anche del ritornello non scontato. In Higway Of Love c’è un innesto forzato dell’inizio di Chained, che poi prosegue prendendo una piega abbastanza noiosetta. It’s Not Over, è il primo lento del disco e alle mie orecchie scorre via piuttosto anonima, segue The Price Of Love, geneticamente modificata per avere le sonorità di It Takes Two. Standing Tall sembra Thunder & Lighthing in salsa Hurricane, sicuramente un registro vocale più nelle corde di Hilli. Altro lento , altra corsa ed arriva infatti Anna Lee, ma sinceramente non mi accende molto il sentimento. La voce torna a rombare in Don’t Wanna Lose You , che in tre minuti e mezzo non riesce bene a chiarire quale direzione prenderà. Infine, quando nemmeno ci speravo più, ecco il pezzo monstre, ovvero I Walk Alone, bella e passionale, dall’incedere potente ed allo stesso tempo introspettiva, dove la voce di Kent Hilli tocca la sua massima dimensione espressiva, finalmente un pezzo da ascoltare in loop.

Il disco è finito ed è tempo di fare una sintesi. Come disco a nome Giant direi proprio che non ci siamo, come disco preso a se stante invece presenta qualche canzone riuscita più il tocco di classe finale di I Walk Alone. Quindi se Last Of The Runnaways e Time To Burn erano dischi da 9 o più, III era un buon 8 e Promised Land un 6 risicato, il voto di questo Shifting Time dovrebbe avere una sua logica. Sono conscio che questa recensione sarà controversa, ma ho voluto esprimere il mio pensiero e le mie sensazioni senza alcun filtro, sapendo ovviamente che agli ascoltatori del disco spetterà la vera ed unica sentenza.

© 2022, Samuele Mannini. All rights reserved.

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