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Recensione Classico

Classico

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Giant – Time To Burn – Classico

03 Dicembre 2021 13 Commenti Samuele Mannini

genere: Hard Rock
anno: 1992
etichetta: Epic
ristampe:

Tracklist:

Thunder And Lightning 4:22
Chained 7:19
Lay It On The Line 5:21
Stay 4:47
Lost In Paradise 5:30
Smoulder 0:29
Time To Burn 4:49
I'll Be There (When It's Over) 4:28
Save Me Tonight 6:00
Without You 4:25
Now Until Forever 5:45
Get Used To It 4:50

Formazione:

Bass, Backing Vocals – Mike Brignardello
Drums, Percussion, Backing Vocals – David Huff*
Keyboards, Backing Vocals – Alan Pasqua
Lead Guitar, Lead Vocals, Backing Vocals, Keyboards [Additional] – Dann Huff


Backing Vocals – Robert Johnson, Van Stephenson
Producer, Mixed – Terry Thomas

 

Manca poco all’uscita del nuovo disco dei Giant, mi è quindi venuta spontanea una riflessione sull’importanza di questa band per gli amanti delle sonorità hard rock. Pur avendo dato alla luce pochi dischi nell’arco di più di trent’anni di carriera, un disco dei Giant non deve mancare tra quelli da portare sulla proverbiale isola deserta. Si, ma quale? Beh non Promise Land che dei Giant ha poco piú del nome ed un paio di canzoni. III artisticamente invece è molto valido, ma il richiamo dell’epoca d’oro è per me irresistibile, quindi il dilemma si restringe al debut Last Of The Runaways del 1989 ed il secondo Time To Burn del 1992. Data la titanica difficoltà nello scegliere tra i due, che obiettivamente sono dei masterpiece, ho sottoposto l’arduo quesito ai partecipanti del gruppo Facebook di Rock Of Ages. Dopo una serrata lotta all’ultimo voto l’ha spuntata Time To Burn, che mi accingo dunque a mettere nello zaino, destinazione isola di Cast Away.

Qualitativamente rispetto all’esordio non ci sono differenze, onestamente sono due dischi top, possiamo forse parlare solo di un sottile diverso orientamento sonoro, ma son dettagli. Col cambio di songwriting, si è andati verso un leggero indurimento dei suoni e una maggiore attitudine al rock più anthemico e , passatemi il termine, roboante. Il grande pregio dei Giant è che all’interno della scena Hard & Heavy sono stati visti di buon occhio anche da chi duro e puro in quegli anni si rivolgeva a sonorità più estreme. Più volte ho visto Thrasher incalliti e Defenders duri e puri battere il piedino e canticchiare Thunder And Lightning, in virtù di una chitarra tagliente, una ritmica serrata e suoni assolutamente favolosi anche per l’epoca. Sette minuti abbondanti di un southern/blues che cresce elettrico, vibrante e sofferto caratterizzano Chained, la canzone che mi ha fatto innamorare di questo disco.  L’anthem di Lay It On The Line ci delizia con la sua potente atmosfera arena rock e ci introduce al singolo Stay e qui due paroline in più bisogna spenderle; potrebbe essere un trattato di come si scrive una canzone rock, ritornello vincente, atmosfera in chiaroscuro e riff di chitarra frizzanti ed ispirati, 10 e lode. Lost In Paradise è un esempio di power ballad da manuale, malinconica e triste, ma soprattutto “cazzuta”, ascoltate il solo di chitarra centrale, passionale e romantico, ma assolutamente non mieloso ne stucchevole. I 30 secondi di Smoulder, in puro Cinderella style, ci introducono la title track, un hard rock roccioso tirato a 200 all’ora, ho sentito definire i Giant Aor……ma non scherziamo per favore. L’amore per la melodia si vede in I’ll Be There (When It’s Over), una canzone che in questo disco forse non spicca, ma che altre band nemmeno si sognano. Save Me Tonight è un mid tempo che poggia su un giro di basso scoppiettante e con un ritornello vincente ed armonioso. Ancora il lato melodico della forza in Whitout You e se vi somiglia vagamente a Brian Adams…… andate a vedere chi l’ha scritta e tutto sarà più chiaro. Now Until Forever è la ballad vera e propria e non ce n’è per nessuno, qui l’accendino lo accendete anche se siete da soli in salotto con lo stereo a palla. Si chiude con l’hard blueseggiante di Get Used To It ed è una ennesima dimostrazione di classe pura.

Quante volte io abbia ascoltato questo disco in loop non saprei proprio dire, probabilmente un centinaio e non sono mai sazio. Questo è quello che distingue un classico da un buon disco, non solo la perfezione sonora e le canzoni, ma il feeling e quel quid che solo pochi hanno. Poi parliamoci chiaro la produzione di Terry Thomas è a livelli eccelsi e paragonare questi dischi alle odierne uscite è veramente impietoso, ma come detto, c’è di più , c’è un mondo dentro questo disco, chi si professa amante dell’hard rock, lo deve e sottolineo DEVE, assolutamente conoscere.

© 2021, Samuele Mannini. All rights reserved.

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