LOGIN UTENTE

Ricordami

Registrati a MelodicRock.it

Registrati gratuitamente a Melodicrock.it! Potrai commentare le news e le recensioni, metterti in contatto con gli altri utenti del sito e sfruttare tutte le potenzialità della tua area personale.

effettua il Login con il tuo utente e password oppure registrati al sito di Melodic Rock Italia!

Recensione

70/100

Video

Pubblicità

Phil Vincent – Stigmata – Recensione

18 Novembre 2021 2 Commenti Vittorio Mortara

genere: Hard Rock
anno: 2021
etichetta: Rock Company

Tracklist:

1. No End in Sight
2. My Darkness
3. Time
4. My Life
5. It Don’t Matter Anymore
6. Hideaway
7. So Tired
8. Don’t Turn Your Back
9. Eleanor Rigby
10. Reason to Believe

Formazione:

Phil Vincent: Voce, tastiere, chitarra, Basso
Max Piccolo: Batteria
Vince O’Regan: Chitarra

Ospiti:

Janne Stark: Assolo su “So Tired”

 

Corrono voci che questo sia il ventitreesimo album in studio come solista di Phil Vincent. Quindi, senza contare i vari Tragik, D’Ercole, Legion… Insomma, il polistrumentista americano non è certamente uno che ama starsene con le mani in mano. Io, personalmente, lo conosco così così: ho ascoltato solo alcuni dei suoi album, con alterne impressioni. Alcuni vertono sul progressive, altri, come quelli dei Tragik, li trovo inascoltabili, vuoi perché sono prodotti very low budget, vuoi perché i pezzi non mi convincono gran che. Certi altri ancora, soprattutto solisti, mi sono piaciuti di più, in virtù di un songwriting gradevole. Così, nell’ambito di una operazione “svuota cantine” mirata a recensire gli album giacenti in redazione, ho pensato di dare qualche ascolto a questo “Stigmata”, con l’intenzione di farne una veloce disamina. E alla fine, mi sono ritrovato per le mani un disco che proprio male non è. Premettiamo che, purtroppo, ancora una volta la qualità della registrazione è scarsa, al limite della decenza. Ma le canzoni sono mediamente belle, con un paio di brani che svettano nettamente. Il genere proposto è un hard rock melodico canonico, guitar oriented, con solo una vaga influenza prog qua e la. Sembra quasi di ascoltare i Crack The Sky di “Dogs of dog city”. I musicisti del progetto non sono dei fineurs e tendono a picchiare come fabbri i propri strumenti. La voce di Phil, virante al caldo ed un po’ monocorde, non stupisce con effetti speciali. Tuttavia l’insieme corre via piuttosto gradevolmente. Dallo strano riff di tastiere dell’iniziale “No end in sight” alla progressiva “The darkness”, passando per la easy listening “Time” e per la dura “My life”, si arriva al primo picco: “It don’t matter anymore” è hard/AOR ben strutturato, epico nella parte corale. Bella. Poi, passando per il rocker “Hideaway”, arriviamo alla mia favorita, il lento hard/blues/prog “So tired” dove influenze Pink Floyd si mescolano a Gary Moore ed ai Beatles, con un paio di assoli clamorosi dell’ospite Janne Stark. Capolavoro. C’è ancora posto per l’anonima “Don’t turn your back”, per la canonica cover di “Eleonor Rigby” dei fab four e per la conclusiva popeggiante “Reason to believe”, piacevolissima nelle linee vocali.

Insomma questo disco non è brutto. A patto che non si consideri la qualità discutibile di registrazione e missaggio e non si ricerchi in alcun modo il funambolismo strumentale. Io l’ho ascoltato volentieri. A voi il giudizio.

© 2021, Vittorio Mortara. All rights reserved.

Ultime Recensioni

Devi essere registrato e loggato sul sito per poter leggere o commentare gli Articoli

2
0
Would love your thoughts, please comment.x