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Robin Red – Robin Red – Recensione

08 Settembre 2021 3 Commenti Giulio Burato

genere: MelodicRock
anno: 2021
etichetta: Frontiers

Tracklist:

“Don’t Leave Me (With A Broken Heart)”
“Bad Habit”
“Everlyn”
“Freedom”
“Midnight Rain”
“Can’t Get Enough”
“Reason To Survive”
“Heart Of Stone”
“Nitelife”
“Head Over Heels”
“Livin’ Dead”
“Living For”

Formazione:

Robin Red – Lead vocals, backing vocals & bass
Dave Dalone – Guitars, synthesizers, backing vocals and percussion
Mats Eriksson – Drums
Erik Modin – Percussion
Joan Eriksson – Grand Piano, background vocals
Jona Tee – Organ
Petra Eriksson – Background vocals

 

Primo album solista per Robin Ericsson, qui più semplicemente Robin Red, cantante degli ottimi Degreed, band dal sound facilmente riconoscibile e non facilmente etichettabile. Non siamo però di fronte alla proposta musicale del gruppo svedese, ma dinanzi ad un album di classic rock che va attingere a piene mani da Bryan Adams, Rick Springfield, Foreigner e, in alcuni tratti, dai primi Winger.

Scritto dallo stesso Robin insieme a Dave Dalone (H.E.A.T), che ha anche prodotto e suonato tutte le chitarre, esce tramite Frontiers il 17 settembre. Il primo singolo “Don’t Leave Me (With A Broken Heart)” è stato originariamente scritto da Thomas Jakobsson e Björn Axelsson nei primi anni Novanta e fatto uscire in demo dall’artista svedese Carola Häggkvist; a venti anni di distanza dalla stesura viene finalmente pubblicato in un album. Ben rispolverato.La seconda traccia “Bad habit” sorprende per la sua impronta bluesy, mentre con le successive “Everlyn” e “Freedom” si ritorna ad ambientazioni più solari e catchy nei refrain. Su “Midnight Rain” è presente un bel lavoro di chitarra mentre “Can’t get enough” mi riporta, anche nel titolo, a sonorità amate dai Winger miste ai Foreigner. Seguono quattro canzoni che, visto il recente periodo estivo, sono da medagliere olimpico; parlo della semi-ballad acustica “Reason to survive”, le ariose “Heart of stone” and “Head Over heels”, divise dal terzo, raggiante singolo “Nitelife”. Nessuna delle nominate è da medaglia di legno. Concludono l’album due canzoni dal titolo simile, ossia la rockeggiante “Livin’ dead”, dove Robin alza il tiro vocale e richiama Bryan Adams, e la suadente “Living for” con quella chitarra bluesy che affascina.

Conclusioni:

Non sono i Degreed, ma è un Robin Red che ci consegna un bell’album rock di stampo “ottantiano”.

© 2021, Giulio Burato. All rights reserved.

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