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Recensione Classico

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Classico

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Tesla – Mechanical Resonance – Classico

28 Agosto 2021 12 Commenti Samuele Mannini

genere: Hard rock
anno: 1986
etichetta: Geffen
ristampe:

Tracklist:

1. Ez Come Ez Go
2. Cumin’ Atcha Live
3. Gettin’ Better
4. 2 Late 4 Love
5. Rock Me To The Top
6. We’re No Good Together
7. Modern Day Cowboy
8. Changes
9. Little Suzi
10. Love Me
11. Cover Queen
12. Before My Eyes

Formazione:

Jeff Keith – Voce
Frank Hannon – Chitarra
Tommy Skeoch – Chitarra
Brian Wheat – Basso
Troy Luccketta – Batteria

Produttori: Steve Thompson, Michael Barbiero

 

In un periodo dove molte band viravano o sul lato melodico o sul lato più glamour, come ad esempio nella scena di L.A., i Tesla, che provengono da Sacramento, puntano tutto sulla riscoperta delle radici classiche dell’hard rock, privilegiando le atmosfere blues ed in alcuni casi southern, fondendole con tagli chitarristici al limite del metal, ma anteponendo a tutto la musica nella sua essenza.

Nati come City Kidd, con il nucleo originale formato da Frank Hannon e Brian Wheat ai quali presto si unì Tommy Skeoch. Quando furono provinati l’ex camionista Jeff Keith, che si rivelò essere un eccellente cantante ed il batterista Troy Luccketta (ex Eric Martin) la formazione raggiunse la sua forma definitiva. Aiutati dallo storico talent scout e producer Tom Zutaut riescono ad ottenere un contratto con la Geffen Records. Su suggerimento del management mutarono il nome in Tesla dando vita anche al concept sullo scienziato Jugoslavo che proseguirà anche nei dischi seguenti.

Mi sono sempre trovato in estrema difficoltà a scegliere il migliore disco della loro discografia perché a mio avviso i primi tre lavori della band sono a loro modo tre gioielli dell’hard rock. In particolar modo i primi due e cioè, questo Mechanical Resonance e il successivo The Great Radio Controversy, nella mia mente si disputano continuamente la palma del più bello, pur con le loro sottili differenze. Quello che è certo, è che il songwriting della band è sempre stato ben sopra la media rispetto alle rock band coeve e pur se affinato negli anni a venire, si è sempre posto su ottimi livelli. Altra cosa notevole è la freschezza che questo esordio portò sulla scena Usa dell’epoca, tale da essere considerato dalla critica uno dei migliori debut del periodo.

La sezione ritmica apre alla grande il disco e con Ez Come Ez Go si capisce quale sia la strada tracciata, ritmi serrati chitarre scintillanti e la voce graffiante di JK ad inacidire il tutto. Segue Comin’ Atcha Live intro chitarristico omaggio a Van Halen e via dritti con un drumming serrato ai limiti del Metal, unica cosa che stempera i toni sono i chorus che si mantengono catchy ed azzeccati. Seguono Gettin’ Better che inganna con la sua partenza lenta sulla quale irrompe un hard blues elettrico e scoppiettante e 2 Late 4 Love stoppata e sincopata , un dettaglio che mostra tutta la ricercatezza delle composizioni dei Tesla. It’s only rock and roll gridano Hannon e soci con Rock Me To The Top, serrata ma orecchiabile con le stimmate da pezzo live. Brano numero sei ed altro abboccamento di lento, We’re No Good Togheter a discapito di un rallentamento delle ritmiche, punta sulla intensità dell’interpretazione vocale di Jeff Keith e sul finale accelera impetuosa, ricordate gli Aerosmith più blues degli esordi? Beh la scuola è quella. Modern Day Cowboy è il brano più commerciale del lotto, echi southern elettrici e dal taglio moderno, orecchiabile ,ma non banale, il singolo perfetto. Mi ricordo che ai tempi quando partirono le note di pianoforte di Changes , tra me e me pensai, evviva ecco la ballad, ma come poi ebbi a scoprire i Tesla ballad vere e proprie non ne hanno mai scritte, ed infatti non lo è nemmeno questa. Changes è probabilmente il brano più bello del disco ed uno dei migliori della loro discografia, intenso, profondo e riflessivo senza nulla concedere ai cliché del lentone hard rock. Little Suzi è il secondo singolo estratto ed è in realtà una cover dei Ph.D completamente rivisitata e arricchita di un intro di fattura country, uno di quei casi dove la cover disintegra l’originale. Love Me è a mio avviso il pezzo più debole del lotto, un mid tempo leggero e scontatino, anche se comunque molto orecchiabile. Molto più interessanti sono invece le sperimentazioni ricercate in Cover Queen e  l’onirica Before My Eyes che chiude questo maserpiece con un’altra dimostrazione della raffinatezza compositiva dei Tesla.

Termina dunque qui questo primo viaggio dei Tesla verso le radici della musica nella sua essenza, poche concessioni alla commercialità e tanta sostanza che saranno portate avanti anche in The Great Radio Controversy e Psychotic Supper , che restano a tutt’oggi pietre miliari dell’hard rock, da avere obbligatoriamente.

 

 

© 2021, Samuele Mannini. All rights reserved.

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