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14 Maggio 2021 4 Commenti Samuele Mannini
genere: Hard Rock/ Blues
anno: 1991
etichetta: Atco
ristampe: Wounded Bird 2008
Tracklist:
Formazione:
Vocals, Keyboards, Guitar – Mike Le Compte
Bass, Guitar – Garry Nutt
Drums, Percussion – Bobby Bender
Guitar, Vocals – Doug Gordon
I Tangier sono stati un gruppo della scena di Philadephia che negli anni 80 ha sfornato gruppi in quantità certamente minore ad altre scene , ma sicuramente di qualità assoluta Cinderella , Britny Fox su tutti. Autori di due dischi e “mezzo”, il primo ed autointitolato è tecnicamente un demo in versione deluxe fatto uscire dal loro produttore in musicassetta con distribuzione semiclandestina e successivamente, sull’onda della notorietà ottenuta dal gruppo, stampato anche in vinile e cd, ma la diatriba sul fatto che sia no una uscita ufficiale resta comunque aperta. Tralasciando comunque questo disco che seppur musicalmente gradevole mostra solo una impronta estremamente embrionale della band, il vero esordio può essere considerato Four Winds del 1989 seguito dopo due anni da questo Stranded. Qui si apre sempre sempre una discussione su quale sia il migliore , con chi sostiene a spada tratta Four Winds e le sue atmosfere più grezze e “polverose”e chi ostinatamente difende Stranded contrapponendo la maggiore pulizia sonora e la maggiore attitudine catchy. Personalmente la scelta è sempre stata piuttosto dura, ma dovendone scegliere uno per questa rubrica ho preferito optare di un soffio per questo Stranded in virtù di un paio di canzoni di caratura veramente superiore ed una voce a mio avviso più completa e convincente, ma sono dettagli e preferenze personali che nulla tolgono al validissimo Four Winds.
Analizzata dunque la parte storica ed inquadrato il contesto, andiamo a sviscerare le caratteristiche di questo album. La matrice come per il predecessore è ancora assolutamente blues, ma viene mitigata anche grazie all’uso delle tastiere, facendo virare il sound verso un’ hard rock più patinato e “aerosmithiano” perdendo le sfumature più southern che davano a Four Winds quel sapore vagamente nostalgico e retrò. Si parte a manetta col bluesettone Cinderella style di Down The Line che riesce a muoversi con sapiente equilibrio tra grezzo e pulito e dove LaCompte marca subito le differenze col suo predecessore. Secondo pezzo e potenziale hit, ovvero Caution To The Wind sexy e ruffiana con tanto di interpretazione vocale Coverdaliana e che dire…..si sente la penna di Jim Peterik?…Direi proprio di si. Hard blues e ritornello accattivante per You’re Not The Loving Kind che si avvale del songwriting di Eric Brittingham. Poi come per marcare ulteriormente le distanze dal predecessore arriva la ballad Since You Been Gone che pur rispettando tutti i canoni classici del genere è comunque un touch of class di un certo pregio. Takes Just A Little Time è di matrice più blues ed è uno degli episodi forse più affine a Four Winds, seguono più o meno sullo stesso canovaccio, soltanto un po’ più sostenute e R’n’R, Excited e Back In The Limelight. La title track Stranded, che fu anche singolo, è una ballad semiacustica di pregevole fattura che senza eccessive zuccherosità esplora il lato più intimista del songwriting. Si chiude con l’ ammiccante It’s Hard con i suoi arrangiamenti old style e con l’evidentissimo omaggio a Ragdoll degli Aerosmith nella finale If Ya Can’t Find Love.
Insomma gente, questo è l’ennesimo gioiellino partorito in quegli anni frenetici e meravigliosi per la nostra musica, da recuperare dall’oblio per dargli la giusta luce. A proposito, visto che ci siamo prendete anche Four Winds, così vissero tutti felici contenti e con le orecchie soddisfatte.
© 2021, Samuele Mannini. All rights reserved.
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