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Smith / Kotzen – Smith / Kotzen – Recensione

29 Marzo 2021 8 Commenti Samuele Mannini

genere: Hard Rock/ Blues
anno: 2021
etichetta: Bmg

Tracklist:

01. Taking My Chances 02. Running 03. Scars 04. Some People 05. Glory Road 06. Solar Fire 07. You Don’t Know Me 08. I Wanna Stay 09. ‘Til Tomorrow

Formazione:

Adrian Smith : guitar,bass,vocals
Richie Kotzen : guitar,bass,drums,vocals

Ospiti:

Nicko McBrain – Batteria su “Solar Fire”
Tal Bergman – Batteria su “You Don’t Know Me“, “I Wanna Stay” e “‘Til Tomorrow“

 

In molti attendevano questo disco per ascoltare cosa sarebbe potuto venire fuori dalla collaborazione tra questi due mostri sacri dell’hard & heavy e come tutte le cose che generano grandi aspettative, può essere che qualcuno ne sia rimasto anche deluso. Personalmente quando faccio le recensioni cerco di mediare tra l’oggettività ed il gusto personale, cercando di non farmi influenzare dalle aspettative mediatiche e proverò a farlo anche questa volta. Cercherò dunque di scindere il lato puramente artistico da altre considerazioni di carattere più prettamente di gusto acustico.

Ci troviamo di fronte ad un lavoro che ha le sue coordinate precise, in un hard blues elettrico e serrato che va a spaziare tra i primi Riverdogs e Glenn Hughes senza paura di andare a toccare sonorità che mi ricordano in qualche modo gli Spiritual Beggars in alcuni passaggi e i Temple Of The Dog in altri, nulla di più nulla di meno, chi si aspettava quindi voli pindarici ed eclettismi chitarristici non troverà molta soddisfazione qui. Al contrario chi adora il feeling compositivo e le sonorità minimali avrà pane per i propri denti in quantità industriale. Feeling è infatti la parola chiave per descrivere il disco, si nota molto l’armonia e il legame tra i due musicisti da come si scambiano le parti con una naturalezza ed un affiatamento disarmante. Le canzoni scorrono via lisce con punte di eccellenza quali: la semplice e diretta Running, la super bluesy Scars, la ‘quasi ballad’ I Wanna Stay e la conclusiva ‘Til Tomorrow dove si va a ricordare molto da vicino Chris Cornell.

Quello che personalmente non ho ben digerito del disco è la parte  acustica, ovvero trovo che la produzione, seppur si avvalga del missaggio di Kevin Shirley, sia estremamente compressa , con suoni spesso impastati e certe alte frequenze al limite del gracchiante, generandomi una notevole fatica di ascolto tutte le volte che vado ad alzare il volume. Non so se sia una scelta voluta quella di andare a saturare i suoni in quel modo , ma a mio personalissimo avviso impatta notevolmente sulla godibilità complessiva dell’opera.

In sostanza un disco di hard blues basato sulle emozioni, che saprà regalare a chi ascolta senza pregiudizi, momenti di puro godimento musicale, il che non è poca cosa.

© 2021, Samuele Mannini. All rights reserved.

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