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Recensione

85/100

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Bon Jovi – 2020 – recensione

13 Dicembre 2020 16 Commenti Vittorio Mortara

genere: Rock - Pop Rock
anno: 2020
etichetta:

Tracklist:

1. Limitless
2. Do What You Can
3. American Reckoning
4. Beautiful Drug
5. Story Of Love
6. Let It Rain
7. Lower The Flag
8. Blood in the Water
9. Brothers in Amrs
10.Unbroken

Formazione:

Jon Bon Jovi – voce, chitarra e armonica
David Bryan – tastiera, pianoforte, cori
Tico Torres – batteria, cori
Hugh McDonald – basso, cori
Phil X – chitarra solista, cori

 

I Bon Jovi, quelli che hanno fatto il botto con il grande pubblico a cavallo degli anni 80 e dei primi 90, devono il loro enorme successo alla perfetta alchimia tra la voce e la presenza fisica di Jon, il talento e il gusto per la melodia di Richie Sambora (per non parlare dei suoi onnipresenti e fondamentali controcanti) e il songwriting di Desmon Child, capace di confezionare canzoni progettate per scalare senza alcun problema le classifiche di mezzo mondo.
Ebbene, quei Bon Jovi non esistono più da tempo. L’apporto del più grande hit maker di tutti i tempi si è via via ridotto a partire da “These days”. Sambora si è sempre più eclissato da “Crush” in poi, finchè non ha abbandonato la band un paio di album orsono.
E la musica dei Bon Jovi ha subito, anche alla luce di questi fatti, un cambiamento piuttosto graduale ma assolutamente profondo, diventando, negli ultimi dischi, una sorta di pop rock moderno, più simile a Coldplay ed Imagine Dragons che a quanto proposto nella prima metà della loro carriera.
“The circle”, “What about now” e “This house is not for sale” sono lavori pienamente in questo filone, ben realizzati ma privi di anima, come se i nostri fossero a corto non tanto di idee, quanto di una vera ispirazione. I brani in essi contenuti non si possono definire brutti, però non lasciano il segno nell’ascoltatore che, alla fine, non riesce a ricordarne nessuno in particolare, avendo quasi l’impressione che siano tutti uguali…
E poi, quasi inaspettato, esce questo 2020.

Devo ammetterlo, quando mi sono accinto all’ascolto ero veramente scettico. L’unico motivo per il quale l’ho fatto è stato l’aver visto il bellissimo video di “Do what we can”, canzone aggiunta all’ultimo momento, che ci dona una perfetta fotografia di come New York city stia vivendo la stato di emergenza creato da questa stramaledetta pandemia.
Al fianco del nostro eroe troviamo i fedelissimi David Bryan e Tico Torres, Hugh McDonald al basso e Phil X alla chitarra. Le canzoni sono state scritte tutte da Jon Bon Jovi, alcune in collaborazione con Billy Falcon ed il producer John Shanks.
L’avvio delle danze è affidato, come tradizione della band, al pezzo più ritmato ed “in your face” dell’album: “Limitless” è un brano di rock moderno, perfettamente in linea con le ultime produzioni, ma suonato e cantato con una maggiore convinzione e mordente. Si parte piuttosto bene!
Il secondo brano è “Do what we can”, singolo dal ritmo ballabile. La prima canzone sul dramma del corona virus che infonde positività e speranza, elogiando gli sforzi del personale sanitario ma anche mettendo l’accento su tutti i piccoli grandi gesti che tutti noi, al di qua e al di la dell’oceano, abbiamo fatto e ancora facciamo per dare il nostro piccolo contributo nel tentativo di venire a capo della situazione. Bella!
“American reckoning” è un lento acustico che racconta la triste vicenda dell’uccisione di John Floyd e delle susseguenti manifestazioni del movimento “black lives matter” che hanno smosso l’opinione pubblica degli USA e di mezzo mondo. La voce di Jon, resa più bassa e cavernosa dal peso degli anni, riesce perfettamente a rendere la drammaticità dell’argomento finché il brano culmina in un emozionante solo di armonica.
Subito dopo troviamo “Beautiful drug”, un altro pezzo di modern rock stavolta un po’ scialbo e troppo simile alle recenti produzioni della band.
I buoni sentimenti, l’amore, l’amicizia, sono l’argomento di “Story of love”, più che una ballata, una cantilena che ci culla amorevolmente per tutta la sua durata, con un Bon Jovi ispirato e convincente. Alla fine ci si trova con una piacevole sensazione zuccherosa in fondo al palato.
“Let it rain” è un bel pezzo rock che strizza l’occhio ad un altro illustre figlio del New Jersey, Bruce Springsteen, con ottimi risultati.
Sembra invece estrapolata da “Blaze of glory”, primo disco solista di Jon, la successiva “Lower the flag”, condotta dalla chitarra acustica e da un’armonica dal sapore western, ben interpretata dal nostro con la necessaria drammaticità richiesta dall’argomento trattato: la guerra.
Ancora un lento, ma stavolta in pieno vecchio stile, per “Blood on the water”, brano che ricorda molto da vicino le atmosfere di “Always” e “Lie to me”. Ma quanto sarebbe stato bello con Sambora al controcanto???? Che peccato che se ne sia andato…
Rock’n’roll, coretti “nananana” e un pizzico di Rolling Stone per “Brothers in arms”, ancora una volta incentrata sull’argomento guerra.
Con “Unbroken”, singolo uscito a novembre 2019, si chiude l’edizione standard dell’album. Si tratta ancora di una ballad, ma stavolta strutturata a mo’ di lenta marcia militare. Sugli scudi la voce e la chitarra filtrata per raccontarci la storia di un soldato che in guerra ha visto morire compagni, nemici e civili. Ha riportato la medaglia al valore ma con essa anche tanto dolore…
Se potete, procuratevi la “Deluxe Edition” perché contiene altri 3 pezzi, uno più bello dell’altro!
Il primo è la versione country di “Do what you can”, cantata in duetto con Jennifer Nettles con tanto di violino di sottofondo! Sfido chiunque a non battere il piedino sognando i campi del Tennesee!
La seconda è l’ennesimo (bel) lento, “Shine”, una celebrazione della bellezza di poter stare vicino alla persona amata, nutrendosi della sua luce. Le ragazzine ne sarebbero andate pazze solo qualche lustro fa, sognando di danzare abbracciate al bel Jon…
E si chiude col botto: ancora una ballad, forse la più bella del disco: “Luv can”, il potere dell’amore che va oltre le parole, oltre i limiti stessi dell’essere umano… una interpretazione straordinaria in un crescendo di emozioni che riescono, alla fine, a farci scendere una lacrimuccia… anche perché, purtroppo, l’album è terminato.
Insomma lo avrete capito, a me 2020 è piaciuto. Certo, forse è un po’ troppo infarcito di ballate, però ogni tanto ci vuole un disco così. Soprattutto se suonato e cantato con l’ispirazione e la convinzione che caratterizzano questo platter. Vi consiglio di dare un’occhiata ai testi. Sia quelli che trattano di tematiche sociali, sia le canzoni d’amore sono veramente degni di nota. Rivelano la sensibilità di un personaggio dalla carriera ormai molto lunga ma che è ancora in grado di dire la sua nel panorama musicale odierno.
Vai così Jon!!!

© 2020, Vittorio Mortara. All rights reserved.

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