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30 Novembre 2020 7 Commenti Samuele Mannini
genere: Prog. Rock
anno: 1989
etichetta: Polydor
ristampe:
Tracklist:
The Painted Corner 1:44
The Moment Is Here 4:29
Can't Let You Go 4:14
Life-Time 5:01
Fight To Win 4:27
Sense Of Freedom 5:41
The Revolution Song 5:17
One Last Chance 4:57
Wasting Time 3:39
Emotional Wasteland 4:30
Open The Door 5:32
Formazione:
Drums, Percussion, Vocals – Mark T. Williams
Guitar [Guitars], Vocals – Bruce Gowdy
Keyboards, Vocals – Guy Allison
Lead Vocals, Backing Vocals, Bass [Basses] – Billy Sherwood
Producer – Keith Olsen, World Trade
Questa volta l’invito a scoprire o ri-scoprire ha come obbiettivo un genere di confine al rock melodico che viene abitualmente trattato su queste pagine e che tante volte ha visto tentativi più o meno riusciti di fusione o di sconfinamento reciproco. Essendo di formazione neo prog. diciamo che nel 1985 e cioè a dodici anni mi cantavo allegramente Kayleigh, Lavender e Bitter Suite, ho sempre visto con favore i tentativi di unione dei miei due amori musicali in una sorta di best of both worlds. Intendiamoci subito; qui di Aor c’è pochino, giusto qualche arrangiamento e qualche smussatura di buon gusto che la coppia Gowdy/Allison (che non a caso troveremo negli Unruly Child) attua ad un sound di preminente matrice Yes con qualche contrappunto di Rush. Oddio con una voce come quella di Billy Sherwood le somiglianze vengono spontanee e mi son sempre chiesto se non ci fosse qualche gene condiviso con Jon Anderson perchè le similitudini sono impressionanti, e se lo deve essere chiesto anche Chris Squire che lo contattò per sostituire proprio Anderson nella sua reincarnazione degli Yes, ma qui si rischia di finire nel racconto della telenovela che ha caratterizzato quella band, quindi torniamo in rotta.
In questa recensione rischierò il plagio perchè ho ancora in mente la descrizione che ne fece Beppe Riva su Metal shock e che mi indusse a mettermi alla ricerca di questo disco e cito a memoria: ” Custodite questo disco con cura e riservatene l’ ascolto ai vostri momenti più riflessivi”, mai consiglio fu più azzeccato , ma d’altra parte il Maestro sbaglia di rado.
Questo è fondamentalmente un disco di introspezione ( un’altro esempio sono i The Quest di Change) e il prog. è il genere per eccellenza per guardarsi dentro e basta ascoltare Emotional Wasteland per rendersi conto delle profondità di certe tematiche purtroppo attualissime, chi avesse pratica di tematiche spirituali e meditative può benissimo capire il testo di The Moment Is Here così come di Sense Of Freedom una finestra sulla interiorità. Non mancano certo anche i momenti più easy come Can’t Let You Go non a caso l’episodio dove si va più vicino all’Aor con un ritornello ed un giro di chitarra catchy che penetra in profondità nella corteccia cerebrale. In Open The Door si esplorano invece le tematiche del dopo la vita una canzone sofferta che si interroga sulla eternità dell’anima.
Non mi metterò oltre a citare le canzoni del disco tanto chi non avrà la voglia di percorrere questo sentiero interiore avrà già smesso di leggere e sarà fuggito urlando, mentre per i pochi che sono riuscito ad incuriosire inizierà la ricerca di questa delizia che ai tempi fu troppo frettolosamente additato dai soloni dell’ epoca come uno Yes clone , ma che in realtà ne rappresenta una marcata evoluzione e prosecuzione ideale.
Se lo approccerete con il giusto atteggiamento saprà regalarvi momenti di analisi interiore che vi sorprenderanno, buona caccia.
© 2020, Samuele Mannini. All rights reserved.
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