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Recensione

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Revolution Saints – Rise – Recensione

22 Gennaio 2020 11 Commenti Iacopo Mezzano

genere: Melodic Rock
anno: 2020
etichetta: Frontiers Music Srl

Tracklist:

01 When The Heartache Has Gone 4:41
02 Price We Pay 4:15
03 Rise 3:55
04 Coming Home 4:40
05 Closer 4:09
06 Higher 5:08
07 Talk To Me 4:19
08 It's Not The End (It's Just The Beginning) 5:04
09 Million Miles 3:28
10 Win Or Lose 4:01
11 Eyes Of A Child 3:33

Formazione:

Deen Castronovo: lead vocals, drums
Jack Blades: bass, vocals
Doug Aldrich: guitars
Alessandro Del Vecchio: keyboards, backing vocals

Ospiti:

Lunakaire: guest vocals on “Talk to Me"

 

L’amatissimo super-gruppo melodic rock dei Revolution Saints , che vede riconfermate tra le sue fila Deen Castronovo (The Dead Daisies, ex-Journey, Bad English), Doug Aldrich (The Dead Daisies, Burning Rain, ex-Whitesnake, DIO) e Jack Blades (Night Ranger), giunge finalmente alla pubblicazione del suo terzo album in studio con l’attesissimo Rise, in uscita per Frontiers Music tra pochi giorni, nello specifico il 24 gennaio 2020.

Con la solista classe e tecnica da vendere (c’è ancora da stupirsi?! Parliamo di tre tra i migliori interpeti del nostro genere!) e con il solito muro sonoro dato dalla sopraffina produzione di Alessandro Del Vecchio (qui anche tastierista e autore dei brani assieme ad Aldrich e Blades, oltre che al giovane Dan Rossall dei Passion), il gruppo da alle stampe un disco melodic rock di pura derivazione ’80s che non scontenterà gli appassionati. Ogni singola nota è suonata con passione ed entusiasmo vero, è il feeling di ascolto è ottimale: l’ascoltatore è spinto dalla band stessa e dalla produzione ad immegersi a pieno in canzoni che sono decisamente catchy e divertenti all’ascolto, sostenute dal ritmo serrato del drumming di Castonovo, dalla sua celestiale vocalità, ma anche dalla chitarra puramente hard rock di un Aldrich in grande spolvero, e dal basso di un Jack Blades sempreverde e inossidabile, allo strumento e ai cori.

Quello che rende prezioso questo platter è il modo in cui la band trasmette il suo sincero divertimento al fan in ascolto. Non c’è artefatto, nessuno stratagemma, nessun contratto a tenere uniti questi tre maestri della nostra musica, ma una vera e viva volontà di fare musica per emozionare e, lo ripeto, divertire se stessi, e poi chi ascolta. Ci dimostra subito tutto ciò la bellissima traccia opener (e video) When The Heartache Has Gone, una rocciosa cavalcata rock melodica in stile Journey che ci entra subito in testa, fin dalla primissime note, con il suo bel groove e la sua ottima vocalità. Parimenti, il duetto vocale tra Castronovo e Del Vecchio ci strappa più di un applauso nella ritmata e melodica Price We Pay, seguita da una title track, Rise, che è un vero e proprio terremoto di emozioni AOR, con Aldrich indemoniato alla chitarra e Castronovo alla batteria!

Largo poi alla ariosa Coming Home, piccolo gioiellino del disco (merito anche di un refrain da urlo) assieme alla sopraffina ballad Closer, che mette sugli scudi la voce di un Castronovo sempre pronto a commuovere e stupire con la sua timbrica inconfondibile. Rincara poi la dose di energia ed adrenalina la tiratissima Higher, aggressiva e carica di potenza strumentale, ma deliziosamente ariosa nel ritornello, prima che la settima traccia Talk To Me punti a uno squisito modern rock che vede il cantante del gruppo duettare con la brava cantante ospite Lunakaire.

Dicevamo che una delle peculiarità di questo disco è quella di essere a lungo tirato e compatto nel ritmo, ed ecco allora che il muro sonoro di It’s Not The End (It’s Just The Beginning) ci pettina indietro le lunghe chiome, lasciandoci a bocca aperta specialmente nel riffing e nell’assolo magistrale di Aldritch. Poi, il rock anni’80 di Million Miles brilla di musicalità e si incastra perfettamente tra i sound di Night Ranger e Journey, prima che Win Or Lose ci faccia definitivamente saltare in piedi dalle sedie grazie al suo perfetto conubio tra melodia e groove rock (da urlo!).
Infine, largo al commiato a titolo Eyes Of A Child, una ballad delicata e raffinata, classica e assolutamente non banale, composta da Jack Blades con Tommy Shaw (Styx, e non solo), e cantata dallo stesso cantante/bassista dei Night Ranger in un piano-voce-chitarra acustica colmo di mille emozioni, e forte di uno stile lirico da antologia del genere. Un brivido finale che difficilmante dimenticheremo.

IN CONCLUSIONE

Tutte le aspettative sono state pienamente soddisfatte: il terzo capitolo discografico dei Revolution Saints tiene il passo dei suoi predecessori, ed entra di forza nei cuori degli appassionati grazie alle sue splendide canzoni, e a una prova tecnico-compositiva dei muscisti e degli autori davvero esclamativa.

Siamo soltanto a gennaio, è vero, ma questo disco difficilmente starà fuori dalle top 10 del genere a fine 2020. Scommettiamo?!

© 2020, Iacopo Mezzano. All rights reserved.

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