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Pretty Maids – Undress Your Madness – recensione

10 Gennaio 2020 8 Commenti Alberto Rozza

genere: Hard Rock
anno: 2019
etichetta: Frontiers Music s.r.l.

Tracklist:


1. Intro
2. Serpentine
3. Firesoul Fly
4. Undress Your Madness
5. Will You Still Kiss Me (If I See You in Heaven)
6. Runaway World
7. If You Want Peace (Prepare for War)
8. Slavedriver
9. Shadowlands
10. Black Thunder
11. Strength Of A Rose

Formazione:

Ronnie Atkins – Vocals
Ken Hammer – Guitar
René Shades – Bass
Chris Laney – Keyboards
Allan Sørensen – Drums

Contatti:

http://www.prettymaids.dk

 

Irriducibili, inossidabili, straordinari: in arrivo il sedicesimo album dei danesi Pretty Maids, band attiva dal 1981 e capitanata dall’intramontabile Ronnie Atkins, sempre combattivo e pronto a proporre nuova musica.
Partenza riservata a “Serpentine” (dopo la brevissima “Intro”), ottimo biglietto da visita, come se ce ne fosse bisogno, che mette subito in mostra la rinnovata verve della band, con un ritmo pestato e coinvolgente, un brano eseguito in modo impeccabile e di altissima appetibilità. “Firesoul Fly” è un inno, corale e trascinante, chiassoso e dal riff che rimane impresso, dal vago sapore nostalgico nonostante un senso sprizzante di entusiasmo.

Con la title track “Undress Your Madness” si torna a pestare: pezzo decisamente heavy, dalla dinamica interessante, che mette in luce le doti vocali di Atkins e uno spirito che ancora oggi produce musica di questa entità. Tenebrosa e oscura, “Will You Still Kiss Me (If I See You in Heaven)” cresce e arriva dritta al cuore, dimostrandosi complessivamente una buonissima ballad, gagliarda e tonante al punto giusto, senza però dimenticare il lato più tosto e potente della band. “Runaway World” scorre veloce e vorticoso, lasciando un buon ricordo di sé, con il suo ritornello chiaro e orecchiabile. Allerta metallo sulle note di “If You Want Peace (Prepare for War)”: poderosa, travolgente, cattivissima, in una parola una vera bomba, ritmicamente calcata e dal sapore euforico. Sulla falsa riga della precedente troviamo la titanica e surreale “Slavedriver”, una chicca strepitosa di puro metal, impreziosita da una trama di tastiera (eseguita da Chris Laney) veramente azzeccata e apprezzabile. Con “Shadowlands” i Pretty Maids esplorano luoghi più caldi ed emotivi, riuscendo a incanalare emozioni e grande trasporto in questa ballad veramente riuscita, anche a livello musicale. Scorre veloce “Black Thunder”, forse leggermente scontata ma allo stesso modo accattivante e sostenuta, che si tuffa nella conclusiva “Strength Of A Rose”, tranquilla e dinamicamente carina, traccia finale di un lavoro eccellente, completo e maturo su molti fronti, convinto nell’intento e reso in modo assolutamente gradevole e impeccabile.

© 2020, Alberto Rozza. All rights reserved.

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