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Wayward Sons – The Truth Ain’t What It Used To Be – recensione

06 Dicembre 2019 2 Commenti Alberto Rozza

genere: Hard Rock
anno: 2019
etichetta: Frontiers Music s.r.l.

Tracklist:


1. Any Other Way
2. As Black As Sin
3. Joke’s On You
4. Little White Lies
5. Feel Good Hit
6. Fade Away
7. Have It Your Own Way
8. Long Line Of Pretenders
9. (If Only) God Was Real
10. The Truth Ain’t What It Used To Be
11. Punchline
12. Us Against The World

Formazione:

Toby Jepson – Vocals and Guitar
Nic Wastell - Bass
Phil Martini - Drums
Sam Wood - Guitar
Dave Kemp – Keyboards

 

In arrivo “The Truth Ain’t What It Used To Be”, nuovo lavoro di studio dei britannici Wayward Sons, ironici, ritmati e puramente rock, dal sound canonico e facilmente riconoscibile.
Partenza di livello sulle note di “Any Other Way”, dal ritornello solare e prezioso, dalle sonorità rintracciabili e ben congeniate. “Black As Sin” è un brano di classico hard rock, dalle ritmiche ben definite e quadrate, senza se e senza ma, dalla struttura codificata e sufficientemente esplorata.

Troviamo qualcosa di già sentito nelle trame di “Joke’s On You”, qualcosa che ci rimanda a una tradizione partita negli anni ’70 e proseguita ininterrottamente per tutta la storia della musica popolare contemporanea. Risvolti poppeggianti su “Little White Lies”, ottimo pezzo nel complesso, dal sapore fantasticamente nostalgico. “Feel Good Hit” si proietta verso atmosfere più frenetiche e finalmente più fresche e coinvolgenti, dimostrando di essere un brano riuscito e convincente. Passa lieve il lento “Fade Away”, canonico e profondamente segnato dalla produzione dei Queen nelle armonizzazioni e nella struttura, che si spegne nella ben più ritmata “Have It Your Own Way”, intrigante e non del tutto banale. Si cambia leggermente registro con “Long Line Of Pretenders”, più frizzante di molte altre, e “(If Only) God Was Real”, particolare sia a livello strumentale che a livello testuale, una piccola chicca targata Wayward. Si arriva alla title track “The Truth Ain’t What It Used To Be”, globalmente poco originale, senza grandi picchi o spunti particolari. “Punchline” si scuote un po’, si smuove da un leggero torpore che era calato sull’album, portando una nuova ventata di freschezza. Nulla di nuovo ci viene proposto con “Us Against The World”, lento di cuore e malinconia, che, dopo qualche secondo di silenzio, si riversa nella hidden track “Totally Screwed”, di cui poco vi è da dire, se non l’essere la traccia conclusiva di un buon lavoro per quanto concerne la qualità musicale, ma che delude per originalità e piglio.

© 2019, Alberto Rozza. All rights reserved.

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