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Recensione

80/100

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Crashdiet – Rust – recensione

15 Ottobre 2019 7 Commenti Giulio Burato

genere: SLEAZE -MELODIC HARD ROCK
anno: 2019
etichetta: Frontiers Music

Tracklist:

01. Rust
02. Into The Wild
03. Idiots
04. In The Maze
05. We Are The Legion
06. Crazy
07. Parasite
08. Waiting For Your Love
09. Reptile
10. Stop Weirding Me Out
11. Filth & Flowers

Formazione:

Martin Sweet - chitarra
Peter London - basso
Eric Young – batteria
Gabriel Keyes - voce

 

Sulle vicissitudini dietro al microfono dei Crashdiet potremmo scrivere un libro dal titolo drammatico/rappresentativo ”Fuori uno e dentro un altro”.
Tutto partii con la prematura scomparsa di Dave Lepard, cantante e compositore del primo e ben riuscito “Rest in sleaze”, al quale susseguì nel 2007 H.Olliver Twisted che rimase il tempo di registrare “The unattractive revolution” per poi passare ai conterranei Reckless Love. Per le due successive uscite discografiche subentrò il buon Simon Cruz che, oggi, sei anni dopo l’ultimo album “The savage playground”, viene a sua volta sostituito dall’interessante Gabriel Keyes.
Una biografia complicata e tragica sin dagli albori per una band che, maledizione del frontam a parte, è sempre ripartita dalle proprie “macerie” per perseguire la propria strada.

Fatte le dovute premesse, il 13 Settembre è uscito “Rust”, grazie alla buona stella chiamata Frontiers. La “ruggine” non intacca il livello compositivo generale della band bensì lo modella con delle novità interessanti. Questo quinto album è, infatti, un mix di canzoni; quelle in pieno stile Crashdiet, con una ferrea anima sleaze; quelle che accarezzano altri orizzonti musicali.
Del primo lotto, la capostipite, per arroganza e veemenza, è il singolo “Reptile”, lanciato a inizio2019, l’aggressiva “Parasite” e la cavalcata “Into the wild”, gran pezzo con ottimi passaggi strumentali. A seguire “We are the legion”, uscita nel 2018, il terzo singolo “Idiots”, e la title-track dal basso pulsante e da un intro con reminiscenze di Motley Crue.
Alcune canzoni appaiono come corpi “estranei” nella discografia della band; la semi-ballad “In the maze” con una struttura “catchy” che fa molto H.e.a.t. la bella ballad “Waiting for your love” con intarsi strumentali “prog” e la suggestiva “Crazy” che ci rimanda ai Reckless Love (nella versione giapponese è presente con un remix almeno particolare).

IN CONCLUSIONE

Quinto album e quarto frontman per gli scandinavi Crashdiet; dati che suonano come un piccolo primato.
Senza “Rust” sulla lingua, in bocca al lupo per questo promettente nuovo inizio.

© 2019, Giulio Burato. All rights reserved.

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