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Recensione

75/100

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Hercules – On The Radar – recensione

05 Novembre 2018 5 Commenti Stefano Gottardi

genere: Boogie Rock/Rock'n'Roll
anno: 2018
etichetta: Autoproduzione

Tracklist:

1. Where?
2. Don`t Blow Your Fuse
3. Billboard Beauty
4. Stuck Here
5. Trucks In Trouble
6. Something New
7. Roll Or Rust
8. Nothing For Nothing
9. Fame
10. Refuse To Play The Blues
11. Gone
12. Lover`s Block

Formazione:

Vemund Moss – Voce, Chitarra, Backing Vocals
Tormod Haug – Chitarra Ritmica, Backing Vocals
Simen Knuts - Basso
Lars Braastad - Batteria

Ospiti:

Vegard Moshagen - Tastiere

Contatti:

http://www.herculesband.com
https://www.facebook.com/Hercules-135541003157203/

 

Che cosa pensereste voi trovandovi ad osservare questa copertina senza saperne nulla? Che si possa trattare di un disco rock and roll forse? In quel caso avreste indovinato! I norvegesi Hercules (Simen Knuts al basso e voce, Vemund Moss alla chitarra e voce, Oskar Aarnes alla chitarra ritmica, Kristian Hauge alle tastiere e Lars Braastad alla batteria) esordiscono come band nel 2000 con l’EP Nice Try e danno alle stampe il debut album Checkin’ In dodici mesi più tardi. Licence To Rock del 2005, con il nuovo chitarrista Tormod Haug a bordo, viene premiato dalla rivista Classic Rock come disco dell’anno. Seppur con una line-up in costante fermento, il gruppo si toglie la soddisfazione di aprire i concerti di artisti come Nazareth, Blackfoot, Dan Baird e Blackberry Smoke. Nel 2011 esce il terzo full-length Rockwaves e il combo scandinavo varca i confini nazionali esibendosi per la prima volta in Olanda, Germania, Francia e Inghilterra. Quest’anno è invece il turno di On The Radar.

Nonostante si tratti di un’autoproduzione, il platter gode di suoni caldi e avvolgenti, che fanno risaltare appieno le doti del quartetto. L’opener “Where?” è il manifesto di intenti dei norvegesi, che si cimentano in un boogie rock che pesca a piene mani dal repertorio di Status Quo, Thin Lizzy, Wishbone Ash e AC/DC. Spostando l’ago della bilancia ora verso i Quo (“Billboard Beauty”, “Lover`s Block”), ora verso gli immarcescibili australiani (“Don`t Blow Your Fuse”, “Stuck Here”, “Trucks In Trouble”), pur senza calcare mai troppo la mano, gli Hercules confezionano dodici tracce di divertentissimo rock and roll. Il manierismo stilistico, croce e delizia di molte band, solitamente appaga i fan più accaniti e fa storcere il naso a quelli più esigenti, ma da una formazione come questa non c’è da aspettarsi guizzi o impennate inattese, hanno sempre suonato e suoneranno sempre così, nel bene e nel male. Volendo trovare davvero un difetto, oltre alla mancanza di un booklet e dei testi, va detto che l’album alla fine è un po’ lungo: circa la metà delle composizioni supera i cinque minuti di durata, e questo è l’unico limite reale, non essendo facile mantenere un livello di scrittura molto alto man mano che aumenta il numero di pezzi. È difficile però sconsigliare un CD che, una volta infilato nello stereo e spinto il volume al massimo, riesce a garantire ripetuti e gradevolissimi ascolti.

IN CONCLUSIONE

Un disco molto omogeneo e forse un po’ telefonato, ma piacevole nella sua spontanea semplicità.

© 2018, Stefano Gottardi. All rights reserved.

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