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Recensione

88/100

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Hardcore Superstar – You Can’t Kill My Rock N Roll – Recensione

28 Settembre 2018 16 Commenti Giulio Burato

genere: Sleaze Rock / Hard Rock
anno: 2018
etichetta: Gain Music

Tracklist:

1. ADHD
2. Electric Rider
3. My Sanctuary
4. Hit Me When It Hurts
5. YCKMRNR
6. The Others
7. Have Mercy On Me
8. Never Cared From Robbery
9. Baboon
10. Bring The House Down
11. Medicine Man
12. Goodbye

Formazione:

Jocke Berg - voce
Martin Sandvick - basso
Magnus “Adde” Andreasson - batteria
Vic Zino - chitarra

 

Quando una band azzecca la copertina del proprio album è già un passo avanti, ha già quel quid in più. Ecco dunque l’irriverente ma divertente art-work in bianco e nero di “You Can’t Kill My Rock N Roll”, apri-pista perfetto del nuovo e undicesimo capitolo degli Hardcore Superstar.

Autoprodotto, registrato negli Osterlyckan Studio vicino alla loro città natale di Gothenburg e mixato da Dino Medanhodzic, l’album si compone di dodici canzoni di sano, energico e puro rock n roll.

L’organo e la voce cupa di Jocke Berg aprono “ADHD”, canzone potente e dal ritornello cattivo al punto giusto. Il cortocircuito inziale di ”Elecrtic Rider” da il via al lotto di canzoni con riff granitici e ritornelli facilmente memorizzabili come le lettere dell’alfabeto; in tal senso ascoltate “The Others”, canzone dura e arrogante, o l’anthemica “Bring The House Down”, molto scolastica, ma da cantare a squarciagola. “My Sanctuary” viaggia sulle note di chitarra care agli Skid Row d’annata mente in “Hit Me Where It Hurts” si sentono echi di Aerosmith mixati agli Extreme. La title track è il prototipo perfetto della canzone da fare in sede live; caratterizzata da un incedere sontuoso e confezionata in modo magnifico ha la pecca di essere un frullato di emozioni già assaporate; questo retrogusto di “deja-vu” però piace. Altro prototipo da stadio è “Have Mercy On Me”, pezzo Hardcore Superstar sino al midollo, fatto di poche ma fottute note. “Baboon” invece è il fulgido esempio di canzone stereotipata ma che, nella sua immediata semplicità, riesce comunque a far divertire. Passiamo poi a due canzoni che si contraddistinguono per struttura rispetto al resto dell’album; parliamo della scanzonata ed energica “Medicine Man” e dell’atipica “Never Cared From Robbery”. Dulcis in fundo, ecco “Goodbye” un ruffiano inno da concerto, ideato per far consumare quell’ultimo filo di voce rimasto ai molteplici fans della band svedese.

IN CONCLUSIONE

Non troveremo la luna nel pozzo dopo avere ascoltato le dodici tracce (tredici nella versione giapponese) di “You Can’t Kill My Rock N Roll” e non scopriremo le nuove frontiere del rock nella loro musica senza fronzoli ma sicuramente avremo innescato la miccia per far esplodere la nostra voglia di saltare e divertirci.

Semplicemente essenziali, semplicemente genuini, semplicemente Hardcore Superstar.

© 2018, Giulio Burato. All rights reserved.

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