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20 Agosto 2018 Comment Giulio Burato
genere: Melodic Rock
anno: 2018
etichetta: AOR Heaven
Tracklist:
1. On the Run
2. Alive
3. Dangerous
4. On My Shoulder
5. Rainbow Warrior
6. The Fire Inside
7. Adventureland
8. Moral Decay
9. My Own Worst Enemy
10. Lost in Myself
11. We Are Back
12. Sixteen Years
13. More Than A Thousand Charades
Formazione:
Christoffer Borg – Vocals, Lead & Rhythm Guitars, Bass and Synth
Felix Borg – Drums, Bass, Clean & Acoustic Guitars and Synth
Contatti:
Secondo album per i Taste dei fratelli Christoffer e Felix Borg, dopo una pausa di quattro anni, in cui hanno collaborato con gli Art Nation, il duo ritrova il tempo per lavorare di nuovo insieme, rilasciando a inizio 2018, l’ottimo singolo “We are back”, canzone d’impatto e dalle grandi linee melodiche.
“Moral Decay” esce a fine agosto sotto la label tedesca Aor Heaven ed è stato registrato e mixato presso i Top Floor Studios di Goteborg da Christoffer Borg (Anthrax, Amaranthe, Danko Jones), con masterizzazione a cura di Jacob Hansen (Volbeat, Amaranthe, Epica).
Si parte con l’intro strumentale e pop-ottantiano “On the run” che è preludio della contagiosa “Alive”, contaminata da una buona dose di tastiere. Non da meno la successiva “Dangerous” che abbraccia idealmente Art Nation e Wigelius; stesso discorso per la bellissima ballad “On my shoulder” in cui troneggia un fantastico refrain. “Raimbow Warrior” è un tripudio di zuccheri che sposta gli equilibri della scala glicemica; idealmente accarezza le sonorità dei connazionali Sunstrike. Prendere o…skippare!
Un basso cadenzato apre “The Fire Inside” che, per impostazione compositiva, brucia le precedenti tappe e ci riporta nuovamente agli Art Nation di “Liberation”. A riportare la bussola sulle antecedenti coordinate ci pensa la settima traccia: “Adventureland” è un altro inno, un po’ banale, per gli amanti delle tastiere.
La title track strizza l’occhio a The Theander Expression ed è una semi-ballad con un ritornello ficcante; anticipa le note più energiche della successiva “My own worst enemy” che si caratterizza da un solido ingresso e giro di chitarra; un corpo estraneo rispetto a quanto testato o, meglio, “Taste…ato” sino ad ora.
In dirittura di arrivo, un altro bel colpo a bersaglio è l’emotiva “Lost in myself” che precede la già citata e apprezzata “We are back” che difetta solo per la strana posizione in scaletta.
Chiudono due canzoni che non spostano gli equilibri ”morali” dell’album. L’acustica e molto ruffiana “Sixteen years”, secondo lento in scaletta, e la conclusiva “More than a thousand charades”, strumentale e troppo pop-oriented.
IN CONCLUZIONE
A livello compositivo “Moral decay” è più vario, completo e con maggiore cura nelle linee vocali rispetto al precedente e omonimo esordio.
Le canzoni strumentali, con un suono di batteria (pop) almeno discutibile, e “My own worst enemy” sono gli unici indizi di un presunto “decadimento morale”. Per il resto, il paziente “Taste” è idoneo per un prossimo capitolo.
© 2018, Giulio Burato. All rights reserved.
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