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Recensione

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Graham Bonnet Band – Meanwhile, Back In The Garage – recensione

05 Luglio 2018 3 Commenti Alberto Rozza

genere: Hard Rock
anno: 2018
etichetta: Frontiers Music

Tracklist:

1. Meanwhile Back In The Garage
2. The Hotel
3. Livin' In Suspicion
4. Incest Outcest U.S.A.
5. Long Island Tea
6. The House
7. Sea Of Trees
8. Man On The Corner
9. We Don't Need Another Hero
10. America... Where Have You Gone
11. Heading Toward The Light
12. Past Lives
13. The Crying Chair
14. Starcarr Lane (Live From Daryl's House NY 2018)

Formazione:

Graham Bonnet - Vocals
Joey Tafolla - Guitars
Beth-Ami Heavenstone - Bass
Jimmy Waldo - Keyboards
Mark Benquechea – Drums

Ospiti:

Kurt James, traccia 3

Contatti:

Your text to link...://www.facebook.com/grahambonnetmusic/
http://www.grahambonnetband.com/

 

Graham Bonnet è di sicuro una delle voci più celebri e riconoscibili nell’ambito hard rock, dai trascorsi gloriosissimi, tra cui Rainbow, Alcatrazz e Michael Schenker Group. Bonnet torna con la propria band e un album solista di grandissimo impatto musicale ed emotivo.

Apertura titanica con “Meanwhile Back In The Garage”, title – track di livello altissimo, con una struttura ritmica e solistica incredibile, velocissima, che richiama nel fraseggio di chitarra e tastiere i migliori Rainbow.
Che Joey Tafolla sia in forma smagliante lo si capisce subito: “The Hotel” è un brano sontuoso, trascinante, completo, una delizia per l’ascoltatore. “Livin’ In Suspicion” cala leggermente i giri, mantenendo un’intensità invidiabile, grazie alla timbrica calda e conturbante di Bonnet, allo stesso modo della suadente e graffiante “Incest Outcest U.S.A.”, dalla ritmica crudele e dalla presenza ipnotica. Si torna a spingere decisamente sulle note di “Long Island Tea”, di stampo eighties, ma complessivamente con poco mordente, nonostante i buoni spunti di tastiera e nella parte corale.
Toni oscuri e cupi si addensano attorno a “The House”, cadenzata e monolitica, riflessiva e introspettiva, con una vena di malinconia di grande effetto. La tonante batteria di Mark Benquechea caratterizza “Sea Of Trees”, vero e proprio pezzone hard rock canonico, che pesta e martella fino all’ultimo secondo, dagli effetti micidiali.
Lo stile neoclassico si palesa in tutto il suo eccesso barocco in “Man On The Corner”: intro di chitarra classica, ritmica serrata, parte vocale ampia e accogliente, assoli scellerati! Atmosfere AOR accompagnano la vaporosa “We Don’t Need Another Hero”, rilassante e rallentata cover di Tina Turner (Mad Max Beyond Thunderdome), che presto ci abbandona e riversa l’attenzione su “America… Where Have You Gone”, decisamente più aggressiva e tirata, dal testo sentito e interessante, in pieno stile Graham Bonnet Band.
Attraversando gli oceani, oltrepassando gli orizzonti, si arriva in India, con l’esotica e suggestiva “Heading Toward The Light”, dalle ottime e azzeccate influenze. Si torna alla “normalità”: “Past Lives” non si discosta in nessun modo da quanto già ascoltato, mentre “The Crying Chair” si dimostra essere un brano incredibile, leggero, angelico, una vera ciliegina sulla torta in conclusione, che mette d’accordo anche i palate più raffinati.

Dopo la live track “Starcarr Lane” si spengono gli amplificatori, la musica si quieta e ci lascia nel cuore e nella mente un dolce ricordo: gli anni passano per tutti, ma la qualità e la classe no, caratteristiche che fanno di questo album una delle attese meglio ripagate di questo 2018.

© 2018, Alberto Rozza. All rights reserved.

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