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Frontiers Rock Festival V – live report

Frontiers Rock Festival V – live report

28 Maggio 2018 14 Commenti Denis Abello

Live report a cura di Denis Abello, Iacopo Mezzano, Lorenzo Pietra, Davide Arecco, Lorenzo Mandirola (per MelodicMetal.it)
Foto report a cura di Monica Manghi per i giorni 1 e 2 con l’aggiunta di Francesca Cipriano per il giorno 1

Quinta edizione dell’ormai “storico” Festival della label italiana Frontiers Music. Come sempre il Festival mantiene ogni sua promessa di grandi performance, e forse mai come quest’anno i “cali” da questo punto di vista sono stati veramente irrisori, una valangata di emozioni e sempre più ormai è diventato una sorta di “raduno” nazionale per i fans di questa musica… purtroppo anche i lati negativi mostrano tutto il loro lato scuro, con ancora una volta gli stranieri a salvare i “conti” del Festival e forse a regalare la speranza di una ulteriore edizione!

ACUSTICO
(di Denis Abello)

L’acustico ormai è una sorta di warm up per i fortunati possessori del Vip Ticket. Sicuramente una delle serate TOP per chi se la può godere… infatti oltre alle ottime performance che questo “mini evento nell’evento” da sempre ha saputo regalare (merito forse anche dell’aria più “rilassata” del tutto rispetto ai giorni del “Festival Elettrico”) come sempre è la prima possibilità per la gente di approcciare in modo nettamente conviviale alcune delle Rockstar che i giorni seguenti calceranno il palco del Frontiers… quest’anno giù dal palco ci pensano la Michael Thompson Band, con Larry King a far da “amicone” di tutti, e Frankie Banali (carisma da vendere) dei Quiet Riot a catalizzare l’attenzione di tutti.
Lo start sul palco, come nella precedente edizione, viene dato dai ragazzi del progetto NANA Music della NANA Onlus (progetto supportato dalla Frontiers, qui per saperne di più).
A seguire la serata si accende con un livello sul palco nettamente alto visto che si alterneranno band quali FM, Michael Thompson Band, Michael Sweet e Oz Fox degli Stryper, Kip Winger e Issa con i Alessandro Del Vecchio e Simone Mularoni a scandire le ultime note… sprecare parole per ogni esibizione sarebbe superfluo… basta dire “TOP” dalla prima all’ultima nota!

foto di Denis Abello

DAY 1

HELL IN THE CLUB
(di Davide Arecco)

Ad aprire l’edizione 2018 del Frontiers Rock Festival sono stati gli ottimi Hell in the Club. La band italiana – che recentemente ha firmato per Frontiers facendo uscire per la label partenopea l’ottimo See You on the Dark Side dello scorso anno – ha fatto veramente una bella impressione, forse persino stupita di suonare (alle 15!!!) di fronte ad una sala già gremita e vogliosa di rock. Quello degli HITC è stato un glam metal melodico e stradaiolo al punto giusto con bei cori – quasi AOR, a tratti – e tutti i crismi del filone class-hair anni Ottanta. In più, il quartetto ha confermato con la scelta dei propri pezzi un indirizzo comune anche a certi gruppi scandinavi: la scelta di abbinare al proprio approccio stilistico anche tocchi di gothic glam nordico (quello cioè di Sister, Black Veil Brides e 69 Eyes), il che è certo raro alle nostre latitudini. Li attendiamo alla loro quinta prova di studio, molto fiduciosi e speranzosi!

foto di Monica Manghi

foto di Francesca Cipriano

BIGFOOT
(di Iacopo Mezzano)

La curiosità che avevamo un po’ tutti nell’ascoltare su di un palco i giovani rocker inglesi Bigfoot si è tramutata in pochi secondi in stupore quando… beh, quando ci siamo accorti che questi ragazzi non sono affatto male su disco, ma dal vivo ci piacciono ancora di più!
Autori di uno show hard rock davvero dinamitardo, divertente quanto le smorfie facciali del bravissimo cantante Antony Ellis (ci siamo chiesti in tanti se fosse un erede virtuale di Jack Black), i Bigfoot fanno il tutto esaurito del loro platter di debutto in vendita al ricco stand Frontiers grazie a uno spettacolo che colpisce nel segno in primis per la sua resa audio (che suoni, che tiro!), poi per la capacità che il gruppo ha di ripempire il vasto palco del Live Club, infine per la bravura tecnica dei chitarristi Sam Millar e Mick McCullagh, perfettamente supportati da Matt Avery al basso e Tom Aspinall alla batteria.
La scaletta funziona, la gente canta dall’inizio alla fine, e si dimena, e salta, e batte le mani a tempo, e muove le braccia a destra e a sinistra al ritmo della ballad Forever Alone.. insomma, cosa si può chiedere di più se si è una nuova realtà musicale?! Dai, i Bigfoot sono una band decisamente da seguire. Bene così!

foto di Monica Manghi

foto di Francesca Cipriano

AMMUNITION
(di Denis Abello)

Pertono già penalizzati da una “perdita importante” come quella di Erik Martensson (impegnato in Giappone con la sua band, gli Eclipse. Artista tra l’altro amatissimo dal pubblico negli scorsi Frontiers) sul palco… ma la sfortuna non è per nulla cieca e così si abbatte prepotente sulla band dell’ex Wig Wam Åge Sten Nilsen e sulla sua nuova creatura Ammunition.
Avrebbero i pezzi, avrebbero forse anche il carisma (in formazione completa) per catalizzare l’attenzione e sono molto attesi dal pubblico. La loro peformance però convince a metà. Se è vero che saranno comunque penalizzati da problemi tecnici è anche vero che l’assenza di Erik si fa sentire eccome facendo intuire come a Åge manchi una spalla sul palco, e menzione per Victor Cito Borge che, pur vedendosi che non è il suo “ruolo” classico cerca di sopperire a questa defezione. Se a questo aggiungiamo anche la mancanza di Magnus Ulfstedt (altro tizio dal buon carisma, anche lui impegnato in Giappone con gli Eclipse) a rombare dietro le pelli è comunque apprezzabile come, rimasto praticamente da solo a far “caciara” sul palco, il buon Age riesca comunque a far intravedere le possibilità che questa band può offrire live.
Peccato perchè Tear Your City Down, Tie Me Down, Take Out the Enemy (Hallelujah), Silverback e altri potrebbero scaricare una bella potenza sul pubblico…

foto di Monica Manghi

foto di Francesca Cipriano

PRAYING MANTIS
(di Denis Abello)

Se si parla di Hard Rock cromato e NWOBHM è impossibile non citare gli inglesi Praying Mantis. Già ospiti del Frontiers Rock Festival in passato (seconda edizione) i nostri confermano sul palco quanto di buono già fatto su disco. John Jaycee Cuijpers (voce, entato nella band nel 2015 con l’uscita dell’album Legacy) ha ormai consolidato la sua presenza nella band dei fratelli Chris e Tino Troy. Questo, legato al fatto che la loro esibizione sia ripresa per un futuro DVD fa si che la band suoni al massimo regalando uno show superiore alla seppur buona prima volta che si sono presentati sul palco del Frontiers.
I loro pezzi storici si alternano così ai più recenti e c’è anche il tempo per un simpatico siparietto in cui i fans intonano “Happy Birthday To You” rivolti a Tino Tory… ottima prova della band, bella scaletta e pollici in alto su tutti i fronti!

foto di Monica Manghi

foto di Francesca Cipriano

MICHAEL THOMPSON BAND
(di Iacopo Mezzano)

Alzi la mano chi quest’anno ha comprato il biglietto del primo giorno del Frontiers anche perchè curioso di vedere suonare dal vivo il leggendario session guitarist Michael Thompson e la sua band! Vedo che siete davvero in tanti, bene e bravi.
Sicuramente una delle massime esclusive di questa due (più uno) giorni, la MTBand non ha certamente deluso le aspettative, esibendosi nello show più di classe dell’intero festival. La raffinatezza e la pulizia esecutiva di mister Michael Thompson ha trovato il corrispettivo perfetto nei suoi musicisti, con un Larry King sensazionale alla voce (che estensione e che feeling nel suo cantato!), un Larry Antonino perfetto al basso e in grande spolvero anche alla voce e ai cori, e un Guy Allison totale maestro delle tastiere. Onestamente non ricordo il nome del batterista, ma anche lui è stato in grado di rispondere con le rime al magistrale operato del leder del gruppo. Bravo.
E la scaletta, ottima, è stata in grado di dividersi con gusto tra il bellissimo disco di debutto e l’ultimo Future Past, regalando poi l’esclusiva proposizione di alcuni brani nuovi che saranno inclusi nel disco di prossima uscita. Al via con Can’t Miss, lo spettacolo ci ha regalato un incredibile acuto con una proposizione live di una Secret Information davvero indimenticabile. Love And Beyond ha lasciato poi spazio a Give Love A Chance e all’opener di Future Past, la bella High Times, cantata da tutta la platea. Save Youself e Starting Over hanno infine arricchito ulteriormente uno show bellissimo, unico nel suo genere, suonato da dei mostri sacri di musicisti. Infine Wasteland, il brano dei brani, ci ha riempito le orecchie e il cuore di melodia, prima del bis inatteso affidato alla cover dei Boston del brano More Than A Feeling, eseguita con una precisione, una coralità e una naturalezza che neppure i loro autori forse hanno mai avuto. Lacrime e brividi, in un concerto da portare per sempre nel cuore e nella mente.

foto di Monica Manghi

foto di Francesca Cipriano

QUIET RIOT
(di Iacopo Mezzano)

Dall’AOR più puro della Michael Thompson Band, all’hard ‘n’ heavy roccioso dei Quiet Riot, la distanza può sembrare a tratti incolmabile.. ma al FRF V è valsa giusto il tempo di un cambio di strumenti on stage!
Sulle note di We Will Rock You dei Queen, Frankie Banali, Chuck Wright e soci piantano il loro vessillo stelle e strisce per la prima volta nella loro storia in un palco del nostro Bel Paese, e conquistano immediatamente l’attenzione della paltea con l’attacco strabiliante di una Run for Cover che ci porta tutti a cantare a squarciagola, e a saltare e scapocciare come dei matti. E’ l’inizio esplosivo di un concerto (filmato per un prossimo live DVD.. imperdibile!) che ha tutto il sapore di un viaggio indietro nel tempo, lungo le tappe della carriera di una band storica (la prima metal a piazzarsi con un suo disco al #1 della classifica Billboard!) che vive un bel presente grazie ai suoi nuovi componenti (guidati dal bravo e giovanissimo cantante James Durbin), che si identifica dietro il suo batterista sotirco Banali, ma che ha in Randy Rhoads e in Kevin DuBrow i suoi maggiori simboli, ed indimenticati angeli custodi.
Slick Black Cadillac e Mama Weer All Crazee Now, una dietro l’altra, non fermano il terremoto che la band è stata in grado di muovere nella venue di Trezzo, e con il quartetto Whatever It Takes-Terrified-Love’s a Bitch-Condition Critical riusciamo a continuare a divertirci, ma anche finalmente ad avere quell’apparente momento di respiro che ci permette di valutare la resa tecnica del gruppo. Il giovane Durbin è un cavallo selvaggio, indomabile corre da una parte all’altra del palco e si getta in acuti davvero notevoli. Nonostante la sua voce sia un po’ più pulita e meno graffiante rispetto a quella dell’indimenticato DuBrow, riesce a interpretare i brani con stile e con una freschezza che giova molto allo spettacolo, tanto che i più appaiono reralmente colpiti dal suo operato. Gli storici Banali e Wright tirano su un muro sonoro pazzesco, con il batterista che picchia sulle pelli come se le dovesse spaccare.. anzi, se le volesse spaccare! Il suo show vale da solo il prezzo del biglietto, e il suo carisma riempie la sala di un’aura leggendaria che solo pochi musicisti riescono oggi a ricreare. Piccola nota invece di demerito al chitarrista Alex Grossi, sicuramente bravo tecnicamente ma poco appariscente, e totalmente sormontato dalla grinta (e spesso anche dai volumi) dei suoi compagni. Peccato.
Tornando a parlare della setlist invece, ecco che Banali prendere il micorfono per tributare ai compianti Rhoads e DuBrow la bellissima ballad Thunderbird, suonata per l’occasione con l’accompagnamento di tastiere del nostro bravissimo Alessandro Del Vecchio. E’ uno dei momenti più emozionanti di un concerto che riparte a mille con Party All Night e Freak Flag, prima che The Wild and the Young, Let’s Get Crazy e Cum On Feel the Noize (Slade cover) chiudano per finta lo spettacolo, tra le grida infinite del pubblico.

L’inno Metal Health (Bang Your Head) – cantato da Durbin con al volto la storica maschera metallica della band – sarebbe così dovuto essere, nelle volontà dei Quiet Riot e degli organizzatori, il bis unico, e l’ultimo acuto finale, di questo show al cardiopalma. Ma è qui che accade l’inpensabile: la canzone è ormai finita, il gruppo è già sceso dal palco, ma la gente non smette di cantare il coro di questo anthem. Durbin, che è rimasto nei pressi dello stage, fa allora marcia indietro e torna sotto i riflettori per incitare il pubblico a continuare. Nulla è preparato, tutto sembra soltanto un grande scherzo del destino, lo si vede. Ma ormai è fatta, questa volta vince la gente e non il protocollo. Basta un attimo, un cenno di consenso con i compagni richiamati a lato palco, un ok dallo staff Frontiers, e via di nuovo a luci accese con le note dell’unico pezzo che il gruppo poteva suonare dopo cotanta grandezza: la cover degli AC/DC di Highway To Hell. Al Frontiers Rock Festival, nell’unica data italiana della loro storia, i Quiet Riot e il popolo tricolore hanno scritto un grande capitolo indimenticabile della loro nuova carriera.

foto di Monica Manghi

foto di Francesca Cipriano

STRYPER
(di Lorenzo Mandirola)

Dopo la scoppiettante esibizione dei rinati Quiet Riot, tocca agli Stryper concludere la prima giornata del Frontiers Rock Festival V. A quattro anni di distanza dalla loro ultima comparsa sempre al FRF, gli alfieri del Christian Rock sono tornati per presentarci il loro nuovo album in studio intitolato “God Damn Evil”, in quella che sarà la data di inizio del loro nuovo tour promozionale.

(continua a leggere il report su MelodicMetal.it cliccando il link sottostante)

http://www.melodicmetal.it/2018/05/stryper-frontiers-rock-festival-v-il-report/

foto di Monica Manghi

DAY 2

PERFECT PLAN
(di Denis Abello)

Attendevo con impazienza la venuta degli Svedesi Perfect Plan, ultima scoperta targata Frontiers Music. Con un primo ottimo album appena dato alle stampe (qui la recensione) ed una voce carismatica ed intensa come quella di Kent Hilli le mie aspettative erano nettamente alte.
Complice probabilmente un po’ di inesperienza sul palco unita ad un po’ di “ansia da prestazione” ma la partenza non è di quelle scoppiettanti con un Kent Hilli che fatica a trovare una quadra vocale sul primo brano. Aggiungiamo poi il fatto che sui primi pezzi la chitarra di Rolf Nordstrom non si sentiva ed ecco che lo show inizia a traballare. Per fortuna, come un diesel vecchia maniera, la band impiega un po’ a scaldarsi, ma una volta che ha preso il via tutto sembra allinearsi correttamente e allora si che la band mette in mostra il suo talento e convince il pubblico sotto palco.
Di sicuro gli si può perdonare un inizio con qualche “stecca” perchè poi, alla fine dei conti, i Perfect Plan riescono a mettere in campo uno show che mostra tutto il loro reale potenziale!

foto di Monica Manghi

ANIMAL DRIVE
(di Lorenzo Pietra)

Direttamente dalla Croazia travolgono con la loro energia e freschezza i cinque rockers Animal Drive. Un’ondata di hard rock, metal & heavy potentissima dove i giovanissimi ci fanno letteralmente restare a bocca aperta.
Ottima la prova vocale di Dino Jelusic che riesce a graffiare e soprattutto il bravissimo Keller alla chitarra che infiamma con i suoi riff e i grandi assoli. Questi Animal Drive hanno grinta da vendere e tutti membri del gruppo sembrano calcare da anni il palco, infatti già dalle prime canzoni i ragazzi fanno capire di che pasta sono e il pubblico risponde a dovere cantando, saltando e rockeggiando come non mai. Le canzoni del debut album Bite!, che già su disco hanno convinto, dal vivo sono ancora più trascinanti e questi cinque ragazzi hanno tutto per diventare dei grandi rockers, ci aspettiamo tanto in futuro da questi Animal Drive!
Promossi a pieni voti!! Un inizio di festival così incendiario non si vedeva da tempo!!

foto di Monica Manghi

ISSA
(di Denis Abello)

Terza volta di Issa sul palco del Frontiers Rock Festival… dopo averci già deliziato durante la serata acustica la Bionda Norvegese replica con un bel concerto anche in elettrico. Una bella band tutta italiana alle spalle e una voce nettamente migliorata rispetto alle precedenti volte in cui Issa ha calcato il palco del Frontiers Rock Festival.
Unica quota rosa di questa edizione, ha saputo ormai ritagliarsi una fetta di fans nel nostro paese che la segue con affetto.
Una scaletta che tocca un po’ tutta la sua carriera e un duetto con Dino Jelusic degli Animal Drive aggiungono gli ultimi tocchi ad una bella esibizione!

foto di Monica Manghi

KIP WINGER
(di Iacopo Mezzano)

Ormai trattenuto in quel di Milano dopo il suo set acustico nell’evento VIP del venerdì visto il rischio di defezione dei Pretty Boy Floyd (potete leggere nel report appena sotto cosa gli è successo), il carismatico cantante Kip Winger è stato gentilmente invitato dagli organizzatori – sorpresa delle sorprese, e per la gioia di tutti i presenti – a suonare una mezz’oretta di concerto extra bill in acustico sul palco principale del festival. Accompagnato dalla sua sola chitarra e da una voce ancora inconfondibile e potente, che non accenna a mostrare ancora il minimo segno di vecchiaia, il leader dei Winger spara una dietro l’altra le sue canzoni più leggendarie, come Miles Away, Down Incognito, Easy Come Easy Go e Madalaine. Questo ovviamente manda il pubblico in estasi, con la folla che urla e partecipa attivamente allo spettacolo cantando con Kip ogni singola parola di brani senza tempo, vere icone della musica che amiamo.
Venti minuti di classe sopraffina, per un’artista che promette di ritornare al più presto in Italia con tutta la sua band al seguito. magari, già dalla prossima edizione del FRF..

foto di Monica Manghi

PRETTY BOY FLOYD
(di Iacopo Mezzano)

E’ venerdì notte quando nell’hotel delle band e dei VIPs inizia a circolare una strana voce: i Pretty Boy Floyd sono spariti, non rispondono ai messaggi, non si sa se hanno preso l’aereo da Los Angeles. E’ sabato mattina quando arriva la certezza: i PBF non hanno preso il volo. Perchè? Beh, semplicemente perchè li hanno fatti scendere. Ma cosa hanno combinato? Questo lo scopriamo domenica: hanno fatto casino, pare litigato con della gente a bordo. Insomma, erano molesti. E visto che negli Stati Uniti su ste cose non scherzano, non solo li hanno presi e sbattuti fuori – eh no! – ma gli hanno fatto pure una bella procedura anti-terrorismo, togliendoli cellulari e tutto, e sottoponendoli a tutti i minuziosi controlli del caso.
Ma quindi come hanno fatto ad arrivare? Qui inizia la parte davvero divertente (e ancor più decisamente rock) della faccenda. I nostri hanno preso (a loro spese!) l’unico volo disponibile che li potesse far arrivare in tempo per lo show, ovvero un Los Angeles-Dubai, Dubai-Milano. Non so quante ore di volo, ma con l’atterraggio previsto per le ore 12 del giorno stesso dello spettacolo!
E quindi eccoli arrivare distrutti in hotel poco dopo l’una del pomeriggio, con un jet lag che fa luce e pochissime ore di sonno sulle spalle, pronti a chiudersi in camera per qualche ora di riposo. Un pugno di giri di lancette dopo, li ritroviamo al Live Club a firmare autografi e fare foto, e poi puntualissimi sul palco ed energici come non mai, perfetti nonostante l’assenza totale di soundcheck (o meglio, l’unico loro soundcheck è stato: tirateci tutto su a palla sul palco, al resto pensiamo noi! Risultato? Sono arrivati a suonare nelle loro spie a 9.2 di volume! Praticamente si poteva spegnere l’impianto audio del locale e li sentivamo lo stesso..).

Il loro sleaze stradaiolo, decisamente debitore del sound dei Motley Crue, contagia un Live Club in festa, ricettivo come non mai, e in tutto per tutto ci è sembrato di tornare ai mitici anni’80, specie nell’atmosfera e nei colori. Steve “Sex” Summers alla voce è apparso magifico nel suo trucco e dotato di una attitudine al genere incredibile e, nonostante il grezzume e qualche errore qua e là, anche i suoi compagni Kristy “Krash” Majors alla chitarra, Criss 6 al basso e Troy Patrick Farrell alla batteria hanno tirato fuori dal cilindro quello che sicuramente è stato il loro miglior concerto nel nostro Paese. Al via con Leather Boyz with Electric Toyz, gli americani bissano l’energia con una bella Rock and Roll Outlaws e con Your Mama Won’t Know, prima che Wild Angels e 48 Hours finiscano per scaldare definitivamente band, platea, e temperatura del locale in generale. Il tributo ai Motley Crue con Toast of the Town apre al terzetto conclusivo formato dalle iconiche Saturday Nite, I Wanna Be With You e Rock and Roll (Is Gonna Set The Night On Fire), con il commiato affidato a un’altra cover dei Crue del brano Live Wire.

Jet lag o no, stanchezza o meno, errori e grezzume a parte, i Pretty Boy Floyd sono stati gli eroi rock del festival. Di meglio da una band come la loro non si poteva davvero chiedere. Dritti e spediti negli annali.

foto di Monica Manghi

FM
(di Iacopo Mezzano)

(Spingo un po’ di qua, passo di là, chiedo permesso di sù, mi infilo di giù…) e sono in prima fila per lo show che più di tutti attendo in questa seconda giornata di FRF: ecco a voi la mighty FM!!
Qui l’occasione per stare davanti è ghiotta per più di un motivo. Il primo: reputo la FM una delle migliori band del genere, nonchè una delle mie preferite in assoluto. So ogni testo a memoria, e li canto tutti, tanto che l’ultima volta al Legend Club di Milano il bassista Merv Goldsworthy tra un po’ nomina me, Mimmo e il Bendo (per chi non lo sapesse due nostri assidui lettori, ndr) coristi ufficiali del gruppo. E solo perchè groupie non poteva.. haha!
Il secondo: dopo aver passato ore ed ore in albergo a chiaccherare con loro, facendomi firmare pure l’anima se avessero potuto, vuoi che non li supporti dalla zona più infiammata della platea?! La prima fila, laddove non si sente un’acca, ma si spacca tutto!
E infine il terzo motivo: un po’ di sano narcisismo: Mi sono fatto bello e pettinato questa sera perchè voglio apparire in ogni ripresa del DVD che la Frontiers pubblicherà di questo concerto (messaggio criptato alle ragazze fans degli FM: se vedrete nella clip un figo pazzesco sbracciare in prima fila, quello sono io. E sono single!! haha).

Al di là delle battute, una sola certezza emerge da questo show del 29 aprile 2018: in data 30 aprile l’audio del concerto poteva essere già bello pronto per essere pubblicato, e se il DVD non è uscito già in data 1 maggio è perchè.. suvvia, un po’ di grafiche e di montaggio alle immagini lo vogliamo fare?!!
Gli FM sono stati perfetti. Saranno stati i 30 minuti abbondanti di montaggio palco (lo staff della Frontiers stava per ucciderli!), sarà stata una benedizione del Cielo, sarà che sono i migliori e basta, fatto sta che non c’è stata neppure una nota fuori posto o un momento di calo. E senza bisogno di basi o playback (qualcuno ha detto Treat?! Beh, che si vergogni!!). Una macchina da guerra.
Dall’opener del nuovo disco Black Magic, al classicone I Belong to the Night, passando per una più recente Life Is a Highway e per l’inevitabile Let Love Be the Leader tutta da cantare, gli FM ci lasciano con due occhi così (intendo così –> O.O) a chiederci come possa Steve Overland cantare sempre con tutto sto carattere, con tutta sta grinta, con tutta sta passione e con tutta questa estensione senza mai sbagliare un tono, come possa Merv Goldsworthy essere sempre così figo con il suo basso, come possa Pete Jupp picchiare così forte sulle pelli ed essere allo stesso tempo così elegante, come possa essere Jem Davis così tamarro senza mai strafare con le sue tastiere, e come possa Jim Kirkpatrick essere un chitarrista così straordinario da riuscire a uscire dalle casse audio sempre unico e riconoscibilissimo su ogni traccia, anche quelle storiche in cui ai tempi non suonava. Il tutto, con l’intero gruppo che si muove giovanile, senza il minimo cenno di sforzo, vestito in preziose camice da sera (tutti, tranne Davis: lui abbiamo appurato che vive anche in inverno in smanicato!).

E lo show va avanti con l’acuto impossibile di Someday (You’ll Come Running), che alimenta ancora una volta il paragone storico meglio la versione di Mark Free e quella degli FM spostando definitivamente l’asticella sugli inglesi grazie a un Overland strabiliante anche nel 2018, e con la nuova Killed by Love, seguita dalla sorpresa Metropolis / Over You estratta dal spesso troppo dimenticato disco della reunion Metropolis. La super ballad Closer to Heaven apre i battenti alla hit Does It Feel Like Love e ad una Story of My Life che ancora una volta ci ricorda che Overland è il cantante più in palla della scena AOR mondiale. Il finale di concerto, o meglio la seconda metà della sua setlist, dice nell’ordine Love Lies Dying, Bad Luck, Tough It Out, That Girl fino alla chiusura affidata a Other Side of Midnight. Io qui ricordo solo le lacrime, e un coro da stadio che va avanti ancora minuti e minuti dopo la fine dello spettacolo: ooooohooh oooooohoooh ooooh-ooooh FM – FM !!

S-T-R-E-P-I-T-O-S-I !!!!

foto di Monica Manghi

CORELEONI
(di Denis Abello)

… e sulle note de “Il Padrino” fanno la loro entrata in scena i CoreLeoni… sorvoliamo sul nome e passiamo subito al “dibattito” che la venuta al Festival dei CoreLeoni ha scatenato tra i fans… si trovano nella non facile situazione di essere una band che fa storcere il naso (qualcuno dice che siano una “cover band”) e in più sono al Festival come “seconda scelta” dopo la disfatta di Jack Russell… ebbene… lasciatemelo dire… alla facciazza del vecchio Jack (che scusatemi, ma il casino che ha fatto a pochi giorni dal Festival poteva benissimo evitarselo…) ma i CoreLeoni rispondono alle critiche e perplessità generali con uno show C L A M O R O S O ! ! !
Per chi scrive una delle più belle cose del festival con una band carrozzata di sano Hard Rock, con una voce che in certi frangenti mi ha fatto quasi piangere tanto ha riportato alla mia memoria il mai troppo compianto Steve Lee… ed infine un Leo Leoni dominatore del palco, che se la ride, diverte e fa divertire.
Sui pezzi niente da dire… se peschi dal passato hard rock dei Gotthard vinci a prescindere e se ci metti a metà concerto una All I Care For che ha fatto traballare più di un cuore allora hai veramente capito come fare un grande spettacolo… se poi ci aggiungi che questi pezzi sono stati portati in scena da una band di alto livello allora ti aggiudichi pure il punteggio pieno e la lode. Non vedo l’ora di rivederli… a quando tra l’altro un bel disco di soli inediti di questi CoreLeoni???

foto di Monica Manghi

JORN
(di Denis Abello)

Sarà la stanchezza di tre giorni intensi (acustico compreso), sarà anche che grazie ai Pretty Boy Floyd (che han fatto un casino tra aerei, risse ecc. ecc.) Jorn inizia il suo spettacolo con un bel ritardo ma fatto sta che per molti lo spettacolo di Jorn verrà ricordato come un “luuuungo spettacolo”…
… è un peccato veder la sala iniziare a svuotarsi quando sale sul palco il Norvegese, perchè poi alla fine dei conti sulle assi del Live Club fa una gran figura portando in scena uno spettacolo di livello a cui forse manca solo un po’ di “calore (ma da un Norvegese può anche starci).
Quello che difficilmente capiamo sono i problemi sul palco (la tastiera di Del Vecchio non si sentiva a tratti e sulle prime la voce di Jorn non arrivava proprio limpida e chiara) dopo un soundcheck che stando alle voci di corridoio è stato lungo quanto il concerto (e forse di più). I pezzi della discografia solista faticano a far breccia nei cuori dei fans anche se dal vivo hanno un gran bell’impatto.
Per il sottoscritto menzione particolare per la bellissima Walking on Water, pezzo estratto dal lavoro a nome Dracula (progetto del chitarrista ex Wig Wam Trond Holter) che dal vivo personalmente è risultata uno degli Highlight della serata.
Ultima nota riguarda la “salita” sul palco dietro alle pelli per gli ultimi sei pezzi del nostro Cesco Jovino in sostituzione di Beata Polak che è riuscito a “rielettrizzare” l’ambiente con una carica ed una grinta mostruosa!
Alla fine il nostro fa un bel lavoro sul palco e pur con un parterre che mostra qualche spazio vuoto a fine serata il meritato applauso di un pubblico ormai allo stremo delle forze è comunque sincero. Forse forse a voler esser proprio maligni… un po’ lunghetti anche i saluti finali… 😀

foto di Monica Manghi

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