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14 Aprile 2018 2 Commenti Nico D'andrea
genere: Hard Rock/Hard Rock Blues
anno: 2017
etichetta: Spitfire Music
Tracklist:
1. Resurrected
2. Rise Up
3. Burn It Down
4. Judgement Day
5. What Goes Around
6. Bitch
7. Set Me Free
8. Dead And Gone
9. Can't Take It With You
10. Leave Me Alone
Formazione:
Deen Castronovo - Batteria
David Lowy – Chitarre
John Corabi – Voce
Doug Aldrich - Chitarre
Marco Mendoza – Basso
Contatti:
Ci vorrebbe un esperto in genealogia per ricostruire a modo tutti i cambiamenti di formazione che hanno caratterizzato la già prolifica storia degli australiani (ora direi americani) Dead Daisies.
Quello che è certo è che chi comanda all’interno delle “Margherite Morte” sa il fatto suo, pescando sempre bene nel novero di musicisti di talento che il carrozzone Hard Rock USA da anni porta a spasso per il mondo.
Prima l’abbandono (od allontanamento…chi può dirlo ?) del vocalist originale Jon Stevens, riporta in auge l’ex-Motley Crue John Corabi.
Poi l’esodo di Richard Fortus e Dizzy Reed verso la “dollarosa” reunion dei Guns’N’Roses per l’ingresso di Doug Aldrich, impareggiabile riffeur negli Whitesnake, con Dio e tra gli altri (qui non a caso)…nei Burning Rain.
Infine Il turbolento avvicendamento di svariati batteristi, ha come apice l’arrivo prima di Bryan Tichy (Whitesnake,Foreigner,Lynch Mob)….ed ora di Deen Castronovo (Bad English, Journey,Revolution Saints).
È così che con l’uscita di un nuovo quarto album e con in formazione il chitarrista David Lowy come unico membro fondatore, i Dead Daisies sono oggi a tutti gli effetti una all-star band dalla quale è lecito aspettarsi grandi cose.
Ora…tornando al tema genealogico, non serve l’esperto per capire che è la matrice Hard Blues è ancora dominante nel sound di Lowy e Co.
Siamo comunque lontani dalle percezioni rilasciate dal Rock Blues consumato ma pregevolmente levigato dell’esordio (The Dead Daisies 2013).
Già dal poco convincente Make Some Noise, l’arrivo di Doug Aldrich sembra aver portato un massiccio carico di Watt, tendendo a privilegiare l’impatto più che l’estro compositivo…ed è da qui che ripartiamo per tuffarci nell’ascolto di questo Burn It Down.
Resurrected è un pugno in faccia che soffre però dei trascorsi “pseudo-alternative” di John Corabi.
Chitarre “downtuned” ed addio melodie.
Più o meno sulla stessa falsariga Rise Up che si riscatta però alla grande nel glorioso refrain.
In Burn It Down (la title -track) torna finalmente il Blues roccioso alla Burning Rain.
Incalzato dal basso di Marco Mendoza, Aldrich spara un solo infuocato e quando è così non ce n’è per nessuno.
Qui c’è anche il Corabi che vorrei sempre sentire, con un timbro bluesy che più Yankee di così non si può.
Il vocalist di Filadelfia si ripete in Judgment Day, brano i cui pregevoli echi Zeppeliniani vengono inevitabilmente triturati dall’ossessivo riff del chorus.
Attenzione all’attacco di What Goes Around, dove un sovraccarico di elettricità sembra far esplodere gli speakers. Doug Aldrich è incontenibile ed è ancora un refrain monocorde a martellarci il cranio.
C’è anche posto per una cover dei Rolling Stones (Bitch…gran tiro ma non convince) ed un classico slow blues (Set Me Free), un po’ standard ma risollevato dal “mio” Corabi preferito.
Ottime invece Dead and Gone e Can’t Take With You dove torna un Hard Blues di maniera ma efficace, grazie anche al drumming esplosivo di un Deen Castronovo in grande forma.
CONCLUSIONE
Difficile rimanere lucidi nella valutazione definitiva di un lavoro come Burn It Down.
Uno di quei dischi dove lo spessore degli interpreti e una produzione deflagrante finiscono per alzare inesorabilmente la qualità delle canzoni.
Personalmente prediligo il carattere più intimista e genuino del loro primo album ma a questi Dead Daisies è difficile dire di no.
© 2018, Nico D’andrea. All rights reserved.
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