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Recensione

85/100

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Dukes of The Orient – recensione

16 Marzo 2018 9 Commenti Max Giorgi

genere: AOR / Prog
anno: 2018
etichetta: Frontiers Music

Tracklist:

01. Brother In Arms
02. Strange Days
03. Amor Vincit Omnia
04. Time Waits For No One
05. A Sorrow’s Crown
06. Fourth Of July
07. Seasons Will Change
08. Give Another Reason

Formazione:

John Payne – voce, basso, chitarra
Erik Norlander – tastiere

Ospiti:

Jay Schellen – batteria
Jeff Kollman, Guthrie Govan, Moni Scaria, Bruce Bouillet – chitarra

Contatti:

https://www.facebook.com/Dukes.of.the.Orient/

 

La prima volta… la prima recensione. Come tutte le “prime volte” vengo accompagnato da un senso di eccitazione, ma anche ti timore. Con queste emozioni mi accingo a recensire questo lavoro. Emozioni che si amplificano, in quanto mi tocca parlare di una coppia di artisti di primissimo valore – JOHN PAYNE (ASIA, GPS) e ERIC NORLANDER (Last in line, Lana lane).
Un English gentlemen che ama l’AOR americano ed un Californiano cresciuto con il Prog Inglese. Quando si parla di Payne non si può fare a meno di menzionare il suo periodo (1992-2005) negli ASIA dopo l’abbandono di John Wetton. Con il ritorno di Wetton nel supergruppo, Payne forma gli Asia featuring John Payne a cui presto si aggiungerà il contributo di Eric Norlander alle tastiere. Dopo la morte di Wetton i due artisti decidono di cambiare il nome al progetto ed ecco che nascono i Dukes of the Orient. Diciamo che una chiara idea di ciò che ci si aspetta da questa band è più che lampante… un AOR/Prog di classe che sicuramente prende spunto e rende tributo agli ASIA.
Ok, gli ingredienti ci son tutti per aspettarci grandi cose… passiamo all’ascolto quindi!

Più volte nella presentazione mi è scappato di accennare agli ASIA (dai, non ve ne eravate accorti vero? 😀 ) ed infatti, gia dai primi stacchi di batteria e Synth il primo brano, Brother in arms, ci trasporta in quella dimensione in cui solo Downes e soci sapevano portarci. Un bellissimo brano articolato in ASIA style con la voce di Payne aggressiva e “sofferente” . Di classe ed effetto l’ottima parte strumentale al centro del brano. Un grande inizio. Strange Days ci riporta ad Atmosfere più AOR ed easy con una tastiera sognante e sonorità molto anni ottanta . Un intro di pianoforte e la voce quanto mai espressiva di Payne ci introducono all’ascolto di Amor Vincit Omnia. Brano che inizia come ballad per poi dare spazio ad una parte corale sinfonica per terminare con pianoforte e synth che accarezzano l’ascoltatore come una dolce brezza mattutina. Questo è forse il brano più complesso dell’album ma sicuramente il più “ispirato”. Gli ASIA tornano a fare capolino prepotentemente su Time Waits for no One. 6 minuti di pura classe e stile!!
Tocca ora a The Sorrow’s Crown. Quì cori e Synth sono il preludio ad una cavalcata mid tempo che strizza l’occhio all’hard rock anni 80 con cambi tempo e cori nei posti giusti, per non parlare della presenza di synth quasi ossessivi ma mai stancanti. Personalmente questo brano è quello che preferisco. Su Forth of July si avverte una piccola battuta di arresto. E’ il secondo brano come lunghezza (più di 8 minuti). Ci troviamo di fronte sicuramente ad un brano di AOR/Prog di alta classe a manca forse un po’ di originalità e, nella struttura ed arrangiamento, appare un po’ ripetitivo. Poco male!
Ci si riprende subito con Season Will Change. Già publicato nel 2013 con il vecchio moniker. Questo è il brano di più facile ascolto. Posso forse definirlo il più “commerciale” molto radio oriented… ma attenzione!! Non per questo ci troviamo di fronte ad un brano banale! Anzi, tutt’altro. Terminano questo lavoro i 10 minuti di Give Another Reason dove un intro quasi malinconico di chitarra ci porta per mano in una dimensione decisamente prog ma sempre con lo stile e dolcezza che contraddistingue il songwriting dei DUKES. Cambi tempo, cori alternati a parti strumentali struggenti, rendono questo brano una piccola perla di grande valore!!!!

IN CONCLUSIONE

Ci troviamo di fronte ad un album di grandissimo valore artistico. Forse non basta un ascolto per apprezzarlo appieno. E’ suonato e prodotto molto bene (registrato in digitale). I suoni sono forse un po’ retrò… ma ogni tanto un buon ritorno ai profumi e sapori del passato non fa male!!. Malgrado i brani siano tutti molto lunghi (sopra i 5 min) si sviluppano in modo piacevole e mai banale ne noioso. I Dukes ci trasportano in questa dimensione AOR/prog e lo fanno tessendo trame musicali di grande impatto, associato alla classe e lo stile da veri gentlemen. Un lavoro da gustare e sorseggiare come un bicchiere di un buon vino d’annata…

© 2018, Max Giorgi. All rights reserved.

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