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18 Novembre 2017 3 Commenti Iacopo Mezzano
Sono state ben sei le date che l’artista canadese Bryan Adams ha regalato all’Italia all’interno del suo lungo tour 2017, il Get Up Tour, intrapreso a supporto del suo ultimo album Get Up.
Padova, Milano, Torino, Roma, Rimini e infine Bolzano sono state le fortunate città ospiti di una serie di concerti meravigliosi e unici (secondo lo stile di unicità che solo le leggende della nostra musica sanno regalare) che sono stati raccontati con parole entusiastiche, foto e video da migliaia di fans tricolori su social, forum e sui più disparati siti.
Noi di MelodicRock.it eravamo presenti alla data numero uno del mini-tour italiano, quella di Padova, seduti sugli spalti della piccola ma accogliente Kioene Arena. E dobbiamo assolutamente confermare tutto il vostro entusiasmo: Bryan Adams rimane uno dei numeri uno assoluti della musica rock melodica. Il suo show è stato perfetto sotto ogni aspetto: emozionante, carico di energie positive e adrenalina, corale nel rapporto con il pubblico, vissuto e vivibile per tutti, fossero anziani, grandi, giovani, o piccini.
Del frontman canadese e di tutti i suoi musicisti invecchia solo l’età anagrafica, perchè l’intero spettacolo è stato all’insegna dell’18 til I die più assoluto, e dell’eterna giovinezza che solo le rockstar (quelle che però che sono state in grado di seguire una vita abbastanza regolare nonostante gli anni e anni di tour estenuanti) sanno rappresentare. Keith Scott, che lo accompagna da sempre alla chitarra solista e ai cori, è protagonista assoluto della sezione strumentale. E’ lui che corre con Bryan da una parte all’altra del palco, è lui che strappa applausi su applausi, è lui che ci fa piangere tutti quando tira fuori un assolo impossibile ed emozionantissimo su Heaven. Brividi.
Alle sue spalle, l’inossidabile Mickey Curry alla batteria ci insegna ancora come si fa ad essere considerati maestri delle pelli senza perdersi in frivolezze o gettarsi in assoli o robe pirotecniche. Lui è precisissimo, potente quando serve, lineare, la seconda solida spalla che ha permesso a Bryan Adams di diventare quello che è.
Infine, impossibile parlare male dei due nuovi Gary Breit alle tastiere e Norm Fisher al basso, entrambi presenti in formazione dal 2002 e divenuti anche loro solide radici di cotanta magnificenza sonora. Sono musicisti di alto (e altro) livello. Fuoriclasse.
E va beh, i brani e la scaletta. Tutto perfetto. Si mischiano alla perfezione pezzi nuovi e grandi classici, momenti di smisurata energia rock, e altri di soffusa delicatezza romantica. Il palco è apparentemente povero, spoglio fatta eccezione per un immenso megaschermo alle spalle del gruppo. Ma ehi, quando è la musica a farla da padrone pensate davvero che servano imponenti giochi di luce o fuochi d’artificio?! Assolutamente no, e la felicità di un pubblico mai così canterino e vivace è la perfetta cornice che un concerto come questo deve avere. E stop.
Do What Ya Gotta Do e Can’t Stop This Thing We Started aprono lo spettacolo assieme a Don’t Even Try, permettendo alla band e alla gente di scaldarsi prima della botta micidiale del classicone Run to You. Seguono Go Down Rockin’ e una Heaven cantata da tutti fino alle lacrime. Non si contano più i siparietti di Bryan con il pubblico, mentre si susseguono on stage nell’ordine canzoni come This Time, It’s Only Love, Please Stay, Cloud #9 e You Belong to Me, fino a Summer of ’69 che di nuovo scatena il putiferio di voci tra la platea.
Poi, il canadese imbraccia la chitarra acustica e ci regala nuove lacrime con Here I Am e When You’re Gone, intelligentemente seguite da l’inno d’amore (Everything I Do) I Do It for You, accolto da un nuovo immenso boato. Ottime sono ancora le esecuzioni di Back to You, Somebody, Have You Ever Really Loved a Woman? e Please Forgive Me, quest’ultima richiestissima da una certa Isabella presente tra la folla con addirittura 14 e-mail mandate all’artista nell ultime 24 precedenti lo show (siparietto di realtà, o di finzione? Non importa, ci ha fatto ridere un sacco!). E allora via, verso il finale, sulle note di The Only Thing That Looks Good on Me Is You, Cuts Like a Knife e della bombastica 18 til I Die, prima che I’m Ready e Brand New Day chiudano (per finta) lo show.
Già, perchè Bryan torna on stage per regalarci altre due canzoni con la band, Ultimate Love e C’mon Everybody (cover di Eddie Cochran), e altre tre da solo, lui e la sua chitarra acustica. Straight From The Heart, una rispolverata Heat of the Night (magnifica) e All for Love fanno così esplodere l’ultimo boato, prima che i selfie del musicista con la folla facciano calare il definitivo sipario sul bellissimo show padovano di questo intramontabile performer. Quasi trenta brani suonati a quasi sessant’anni di età. E non sentirli! Magia..
Setlist:
Do What Ya Gotta Do
Can’t Stop This Thing We Started
Don’t Even Try
Run to You
Go Down Rockin’
Heaven
This Time
It’s Only Love
Please Stay
Cloud #9
You Belong to Me
Summer of ’69
Here I Am (acustica)
When You’re Gone (acustica)
(Everything I Do) I Do It for You
Back to You
Somebody
Have You Ever Really Loved a Woman?
Please Forgive Me
The Only Thing That Looks Good on Me Is You
Cuts Like a Knife
18 til I Die
I’m Ready
Brand New Day
Ultimate Love
C’mon Everybody (Eddie Cochran cover)
Straight From The Heart (acustica)
Heat of the Night (acustica)
All for Love (Bryan Adams, Rod Stewart & Sting cover, acustica)
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