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04 Giugno 2017 12 Commenti Iacopo Mezzano
Domenica 21 maggio 2017 dove diamine eravate tutti?!
Una cinquantina di spettatori per gli Hardline live nella loro prima data europea dell’Human Nature Tour 2017/18 sono davvero troppo pochi. In Spagna, Portogallo, Inghilterra, stanno facendo sold out a ripetizione, da noi faticano ad arrivare a cento spettatori. Pazzesco. E quindi ora, mi raccomando, non lamentatevi MAI PIU’ se in Italia non passa mai qualcosa di figo da vedere dal vivo eh. La persistente stagnazione della scena – salvo qualche eccezione annuale che ben conosciamo – la vuole anche chi non alza MAI il sedere dalle proprie sedie. Specie per gli eventi medio-minori poi, proprio quelli in cui si misura la reale esistenza di una vera scena musicale!
Scusate l’incipit un po’ accesso, ma in cuor mio sono ancora oggi decisamente arrabbiato. Non si può rispondere così freddamente a certi eventi, tanto più se supportati da due dei migliori gruppi melodic rock della nostra scena nazionale, ovvero gli Hungryheart e i Mr.Riot. Impariamo un po’ a dimostrare che esistiamo anche al di là di ste maledette tastiere. Se no tutto quello per cui ci sbattiamo, beh, diventa in un sol colpo ogni qual volta vano.
Fine dello sfogo, andiamo alla musica.
Ad aprire la serata sono stati i Mr.Riot, che finalmente riesco a vedere anche io dal vivo dopo mesi e mesi che mi sfuggivano per i più disparati motivi. La sensazione, piacevolissima, è stata quella di vedere sulle scene una band già ampiamente rodata, con il carismatico Thomas Libero alla voce supportato egregiamente dalla sezione strumentale dei suoi compagni Mario Nappi, Angelo Armento e Denny Riot. Notevole davvvero la resa live dei pezzi proposti, a cui segue una grande risposta di un pubblico che per la sua maggioranza conosce e canta le canzoni. Emozionante!
Salgono poi on stage le eccellenze della nostra scena musicale rock melodica: gli Hungryheart. Potrei commentare il loro concerto citando le parole di un mio amico, neofita di questo tipo di eventi e da me caldamente invitato a presenziare: “sai, in fin dei conti se dovessi scegliere direi che gli Hungryheart sono stati i migliori della serata, meglio anche degli Hardline!!”. Ora, in tutta sincerità non so se sia stato realmente così, ma quel che è certo è che le differenze – tecniche, emozionali, eccetera – tra il concerto dei nostri e quello della band di Johnny Gioeli e soci sono state davvero minime. Anzi, in fin dei conti trovo che il buon Mario Percudani (chitarra) si sia comportato nettamente meglio dal vivo di un Josh Ramos un po’ fuori forma (ne parleremo poi). Tornando allo show tricolore, sempre ottima la scelta dei brani e la loro riproduzione live, con Josh Zighetti indemoniato alla voce e Stefano “Skool” Scola e Paolo Botteschi autori ancora una volta di una sezione ritmica di un groove e una precisione pazzesca. Ah, e non dimenticatelo: il nanananana finale del coro di Shoreline deve essere cantato a cappella anche quando la band ha spento gli strumenti e sta lasciando il palco! E’ un rito da consolidare 😉
Infine, il main event: gli Hardline. Una scaletta intelligente, che alterna con gusto i pezzi nuovi e quelli storici, fa sì che l’idolo Johnny Gioeli (sempre simpaticissimo e disponibilissimo con i fans, come d’altronde il resto del gruppo) esordisca on stage al canto di una Where Will We Go From Here che scatena subito la piccola platea accorsa. La segue Takin’ Me Down, ma è con la solita Dr. Love che la gente si scioglie definitivamente in un urlo senza fine sulle note di uno dei più conosciuti refrain dell’hard rock melodico. Ottima la resa dal vivo poi di Human Nature e di Take You Home, che cementificano il sodalizio tra il frontman e il nostro Alessandro Del Vecchio, fondamentale regista di questa nuova incarnazione di una band divenuta oggi a tutti gli effetti italo-americana. Tanto che Trapped In Muddy Waters sembra arrivare proprio al momento giusto per continuare questo discorso, visto che eleva sugli scudi la sezione ritmica tricolore a cura di una Anna Portalupi sempre più brava e sexy, e di un Francesco Jovino che – ciao – è un vero carroarmato di potenza (ce lo ricorda anche l’assolo di batteria subito dopo proposto).
Direte: ma di Johnny e Josh Ramos che ci racconti, dato fin qui ci hai citato più gli italiani che gli “storici” del gruppo?! Avete ragione, ma volevo aspettare l’arrivo di Life’s a Bitch e di Fever Dreams per giudicare eccellente la prova vocale di Gioeli su due dei pezzi che, lo si sente, meglio esaltano la sua ugola d’oro. Senza contare la super-ballad In the Hands of Time, da lui sempre intensamente interpretata, la quale però evidenzia l’unica nota storta della serata: un Ramos un po’ fuori dal coro, impreciso, che sembra andare un po’ troppo spesso a braccia (specie sugli assoli), alternando momenti di pura maestria, ad altri di indefinita stanca. Peccato davvero.
A chiudere il concerto, prima del consueto bis, sono state infine la bellissima Everything e la adrenalinica Hot Cherie, con la band che è tornata sul palco per regalare ai fans una I’ll Be There suonata a mille, e la sensazionale Rhythm from a Red Car che da sempre fa da chiusura di show. Calando di fatto il sipario sul migliore spettacolo di sempre degli Hardline sul suolo italico (per suoni soprattutto, ma anche per resa live, carisma, eccetera), con l’eccezione data dal solo Josh Ramos. A cui va, se posso permettermelo, il mio piccolo consiglio: quello di essere un po’ meno personaggio (in questo è davvero un numero uno, e resta un suon grande pregio) e un po’ più musicista. Perchè Josh, dai lo sai anche tu, che quando vuoi quella dannata chitarra la sai suonare bene e con un gusto melodico che hanno davvero in pochi 😉
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