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29 Dicembre 2016 Comment Luka Shakeme
genere: AOR
anno: 2016
etichetta: Lions Pride Music
Tracklist:
01. What Does It Takes
02. Give Me A Reason
03. You’re Gone
04. Promises
05. Don’t Say Goodbye
06. Dreams
07. She’s Dangerous
08. This Time
09. Come With Me
10. Once In A Lifetime
Formazione:
David Saylor: Voce
Andy Rock: Chitarra, Basso, Tastiere, Cori
Chris Siloma: Cori
Vaggelis Domanos: Batteria & Percussioni
Il rock melodico tenta disperatamente di rivivere una seconda giovinezza e lo fa da qualche anno a questa parte con il supporto di grandi etichette discografiche che là dove sentono profumo di grandi potenzialità investono e riescono a tirare su giovanissime rock star che avranno poi l’ingombrante fardello di tenere in auge l’intero movimento Hard Rock. Ci sono invece artisti che purtroppo non riescono a scrollarsi di dosso clichè troppo ancorati ad un AoR destinato esclusivamente a vecchie stazioni radio americane bisognose di ciò che si viveva negli eighties. Nulla di accattivante; principalmente perché eccessivamente morbido e lontano da sonorità che oggi si fanno sempre più taglienti anche nel mondo dell’Hard Rock; giocando con sapiente astuzia e giostrandosi fra la compatezza dell’Alternative e la sfrontatezza dello Street/Sleazy. Il chitarrista greco Andy Rock leader e fondatore dei Wild Rose malgrado abbia buone frecce al suo arco, non riesce ad allontanarsi da un sound che per far gridare veramente al miracolo avrebbe bisogno di un songwriting ispirato e di arrangiamenti che facciano da ponte fra il vecchio e il nuovo. Non accade e il tutto risulta essere un omaggio a nomi portanti del movimento AoR a stelle e strisce.. Andy Rock presenta “This Time”, il suo secondo lavoro solista e non sembra si allontani troppo da ciò che propone con i suoi Wild Rose.
What Does It Takes è un anthem AoR degno dei grandi maestri degli eighties quali Bolton, Marx, Boston, primi Bon Jovi e l’elenco potrebbe continuare. Il pezzo è avvolgente e lascia spazio alla calda ugola di David Saylor perfettamente pregna di emotività come il genere richiede. Discreta anche la produzione che non lascia molto spazio alle chitarre in favore di una batteria roboante sul quale si stagliano grandi Keyboards e belle armonie vocali.
Give Me A Reason è un altro mid tempo sempre sorretto da grandi chorus con la complicità di arrangiamenti minimali e oggettivamente di classe fatto di tastiere dal sapore più epico e ricercato sempre arricchito da chitarre relativamente rocciose fanno si che la traccia in questione si stagli su livelli qualitativi importanti.
You’re Gone segue pedissequamente le coordinate già tracciate dagli episodi precedenti. Ancora una volta Andy fa recitare la parte del leone alle keyboards. Mi ritrovo ad ascoltare un lavoro che seppur di buona resa non morde come potrebbe complice la troppa somiglianza con le prime due tracce.
Promises mantiene in parte le mie aspettative. In quanto inizialmente sembra voglia scappare verso lidi più rocciosi e hard rock per poi inevitabilmente ritornare inesorabilmente verso un sicuro AoR che seppur di buona fattura rischia di inflazionare un intero platter e alla lunga potrebbe risultare noioso. Mi risulta difficile recensire in modo adeguato la traccia in questione proprio per quanto appena detto.
Don’t Say Goodbye fortunatamente viene in mio aiuto. Siamo di fronte a una bella ballad corposa e discretamente originale. Notevole il lavoro fatto sulle voci ma in generale il tutto funziona alla perfezione. Non ci sono assoli di chitarra mirabolanti; il tutto ruota intorno a chorus incisivi pronti a essere canticchiati fin dal primo ascolto.
Dreams mi lascia perplesso. A volte vorrei capire cosa passa nella testa di un’artista o dell’intera squadra dedita alla produzione. Non parlerei in questo caso di un intro o di uno strumentale di grande fattura. Da bollare come un minuto scarso di banalità.
She’s Dangerous riparte a camminare sui binari del rock melodico; i connotati del pezzo in questione sembra vogliano essere più incisivi complice chitarre graffianti dove Andy dimostra di possedere buoni doti tecniche troppe volte messe in secondo piano in favore di un songwriting non sempre ispirato. Il pezzo è carino ma come purtroppo temevo non riesce a splendere di luce propria finendo in un calderone di un genere che già di suo per quanto mi riguardo è defunto, provare quantomeno a donargli un pizzico di modernità e freschezza non guasterebbe.
This Time è la seconda ballad e in questo caso probabilmente complice gli intrecci vocali e le tastiere cristalline, sento una vicinanza con gli Asia. Non ci ritroviamo quindi di fronte a una ballad scontata, prevedibile. Il tutto sembra confezionato egregiamente. Buono il songwriting e assolutamente qualitativo il lavoro sugli arrangiamenti.
Come With Me è l’ennesimo mid tempo che aimè non aggiunge molto a quanto già espresso in precedenza. Da rimarcare il lavoro sempre pregevole fatto sulle voci al quale però non vi è il supporto di quella freschezza a cui accennavo precedentemente. Il tutto vive di pochi sussulti e una dinamicità tendenzialmente latente.
Once In A Lifetime in chiusura ha quantomeno il pregio di provare a uscire da una fase di stasi dove il disco sembra vivere per buona parte; ci sono chitarre che rasentano l’hard rock ma che sembra abbiano paura di mordere. Purtroppo poca roba a risollevare le sorti di un lavoro destinato ai veri fan dei Wild Rose o per coloro che hanno voglia di un tuffo nostalgico senza voler badare alle critiche del recensore di turno.
IN CONCLUSIONE
In Conclusione direi che il lavoro in questione ha in parte spento il mio entusiasmo iniziale ritrovandomi ad ascoltare un disco che traccia dopo traccia non riusciva più a destare l’attenzione delle prime tracce scivolando sempre di più nell’anonimato. Un vero peccato; se non altro perché non vedo l’utilità di lavori del genere su un mercato assolutamente inflazionato fatto di produzioni tanto competitive quanto ignorate. Riproporre per sommi capi ciò che si porta avanti con la band madre ovvero Wild Rose non mi è sembrata una scelta veramente indovinata. Ad ogni modo la qualità dei musicisti coinvolti non si discute e di conseguenza si è anche più esigenti nel recensire artisti che hanno le carte in regola per puntare in alto ma preferiscono annegare nell’anonimato.
© 2016 – 2017, Luka Shakeme. All rights reserved.
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