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20 Ottobre 2016 8 Commenti Iacopo Mezzano
IRENE – DHAMM
di P. Calabrese, A. Ventura, D. Benedetti, M. Munzi, M. Conti
1994
IL TESTO
Irene non t’aspetto più
è un altro inverno anche per me
nell’aria cambiano gli odori
rinasco ancora senza te
Corri Irene, corri vai
questa volta non mi avrai
RIT
Qui la notte non passa mai
Qui la notte è un oceano
Sei la strada che non c’è più
E anche questa pioggia finirà
Irene non so dove sei
ma la paura non c’è più
Irene buco di memoria
Irene brutta vecchia storia
Corri Irene, corri vai
questa volta non mi avrai
RIT
Prima della loro recente reunion, i Dhamm sono stati una delle più interessanti meteore del rock melodico italiano. Nati nel 1994, con la prima formazione composta da Alessio Ventura (voce), Dario Benedetti (chitarra), Massimo Conti (basso) e Mauro Munzi (batteria), questi quattro giovani musicisti fecero il loro esordio in tv a Sanremo Giovani 1994, vincendo il concorso con il brano Irene nella categoria “Gruppi”, e assicurandosi con esso la qualificazione al Festival maggiore del 1995.
La canzone Irene, pubblicata su disco dalla EMI italiana nel debutto omonimo del gruppo (Dhamm, 1995 – prodotto da Marco Lecci e Paolo Carta, 100.000 copie vendute nel 1996 e conseguente disco di platino), fu un singolo di grande successo per la band, tanto da divenire fin dagli esordi uno dei pezzi forti dei concerti della giovane band. Strutturata come una intensa power ballad rock melodica fedele ai canoni del genere AOR (si sentono in essa le influenze derivanti dal sound degli Skid Row, dei Bon Jovi, degli Aerosmith, e non solo), forte di ottimi arrangiamenti e di un bel lavoro corale di sfondo ad opera del rinomato coro della RAI, la traccia fu composta dal gruppo con il supporto dell’autore P.Calabrese, e fu accompagnata nella sua ampia promozione da un bel video musicale a lungo in rotazione nei canali televisivi di quegli anni.
Prima ancora che nella sua orecchiabilità e nel suo bel testo, la forza di questa canzone sta tutta nell’ottimo lavoro di chitarra ad opera di Dario Benedetti, a suo agio sia nelle delicate parti bluesy in sottofondo alle strofe, che nei due bellissimi assoli melodici che regalano ampie dosi di sentimento alla variegata parte strumentale del brano. Ottima e determinante risulta essere poi l’interpretazione vocale di Alessio Ventura, un cantante molto carismatico che riesce qui a mostrare tutte le sue doti calamitando sui suoi vocalizzi gran parti delle attenzioni del pubblico, e fornendo al pezzo il giusto mood rock nostalgico.
Ecco allora che, concentrandoci sulle liriche, vediamo come queste siano dedicate a una ragazza (tale Irene) del cui aspetto o carattere non ci viene dato nessun dettaglio certo o particolare. La sua immagine è totalmente frutto dell’immaginario dell’ascoltatore, e di lei conosciamo qualcosa soltanto attraverso le parole e i pensieri dell’io protagonista del pezzo. Irene non t’aspetto più, è un altro inverno anche per me, nell’aria cambiano gli odori, rinasco ancora senza te. Con questa prima strofa gli autori ci svelano subito (e con pochissime parole) quale sia stato il rapporto tra la ragazza e il narratore: un amore certamente forte, ma ormai concluso, che lascia però spazio a un agrodolce fatto da un lato di nostalgie, dall’altro da una certa voglia di ricominciare e vivere una nuova, differente e magari più semplice storia (visto anche il lungo allontanamento senza ritorno della ragazza – non t’aspetto più). Inoltre, l’espressione seguente corri Irene, corri vai, questa volta non mi avrai lascia supporre come questa storia abbia avuto in Irene il solo personaggio negativo, in quanto è ora evidente come già in passato la ragazza debba essersi comportata così nei confronti del suo lui, lasciandolo per poi ritornare, e fuggire ancora, in un perfetto gioco di tira e molla.
Mi viene allora facile delineare ora Irene come una ragazza di carattere, forte di un io brillante e di un certo fascino, che le permettono di poter giostrare i suoi amanti (e più in generale la gente) a suo piacimento. Allo stesso tempo però la fanciulla deve essere vittima del suo stesso essere, una incompleta giovane girovaga terrorizzata dalla forza dei sentimenti che prova, specie se si tratta di un amore forte come quello che certamente deve aver provato per il protagonista. Irene è quindi la fuggitiva di Bon Jovi, la stessa donna affascinante che tormenta i sonni di Kip Winger e di tante altre rockstar degli anni’80, la heartbreaker che metà di noi odia, e l’altra metà ama alla perdizione. Il felino selvaggio e feroce, ma bello e accattivante, che tutti vorremmo rischiare nell’avere in grembo.
Qui la notte non passa mai, qui la notte è un oceano. Sei la strada che non c’è più, e anche questa pioggia finirà. L’unica espressione realmente nostalgica del pezzo è affidata allora all’incredibile ritornello di questa canzone. Il protagonista si lascia andare alla sincerità, cede e smette di nascondersi dietro a quei sto bene e alla fine è meglio che sia andata così che appaiono di circostanza. Irene gli manca, eccome, e le sue parole dipingono un presente sofferente, simile a una notte senza fine, poeticamente vasta come un oceano. E Irene? Beh, Irene è il ricordo di quella strada che ci piaceva percorrere, su cui ci sentivamo al sicuro, ma di cui abbiamo improvvisamente perso le tracce. Con la speranza che questa pioggia che si mischia alle nostre lacrime un giorno possa avere una fine, alleviando il dolore che pulsa dentro, e fa male.
Irene non so dove sei, ma la paura non c’è più. Irene buco di memoria, Irene brutta vecchia storia. Nella seconda strofa la razionalità e la ragione tornano a impossessarsi del protagonista. Non importa se non so che fine hai fatto Irene, con chi passi ora le tue giornate, dove e con chi dormi, o se ancora mi pensi e vorresti un giorno ritornare da me. No, non ho più paura del domani, non ho più timore di vivere i miei giorni senza di te. Tu sei per me solo un buco di memoria, una vecchia storia andata male che mi devo sforzare di rimuovere al più presto dalla mente.
Quindi corri Irene, corri vai, questa volta non mi avrai. Fallo per te, bella, per la tua libertà e per il tuo essere. Ma fallo anche per me. Perchè anche se sono forte, anche se ho deciso che a te ora non voglio pensare più… Qui la notte non passa mai, qui la notte è un oceano…
E se poi tornassi, Irene?!
PERCHE’ QUESTA CANZONE MERITA UN POSTO NEL NOSTRO BEST OF POWER BALLADS?
La rarità di avere un pezzo emozionante come questo, per lo più cantato in italiano ma fedele ai canoni del rock melodico di impronta più internazionale e ottantiana, merita certamente un posto di prestigio nella nostra raccolta di power ballads che hanno fatto la storia del nostro genere. In questo caso, almeno qui da noi, nella piccola Italia.
I Dhamm sono stati, e sono tutt’oggi vista la reunion, una eccellenza del nostro panorama che, come spesso accade, non ha ricevuto il supporto che molto probabilmente avrebbe meritato. Quantomeno adesso è allora giusto riconoscergli un merito in particolare: il coraggio di aver suonato diversi e totalmente anacronistici nel nostro Paese e a metà anni Novanta, contro tutto e tutti. E poi oh, se il rock melodico non è mai stato mainstream in Italia, beh, non è certo colpa dei Dhamm..
IL VIDEO
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