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17 Settembre 2016 0 Commenti Matteo Trevisini
Una piacevole peculiarità dei concerti estivi è certamente quella di ritrovarsi, il più delle volte, in “locations” attraenti ed insolite invece dei soliti clubs o palazzetti. Questa volta tocca al binomio Castello di Udine e Steve Vai.
Dalla splendida Loggia del Lionello, lasciandosi sulla destra la torre dell’Orologio, uno dei simboli più conosciuti della città friulana, si comincia la salita al castello sulla cima del colle che sovrasta il centro storico. Il caldo soffocante e umido non aiuta, anche se il sole inizia a calare colorando di rosso fuoco i tetti di “Udìn”. L’entrata alla spianata che dà sulla facciata posteriore del castello è situata tra la chiesa di Santa Maria ed il castello stesso…
posto veramente suggestivo, soprattutto alle luci del tramonto: la città ai nostri piedi, il panorama che porta lo sguardo fino alla campagna friulana e la bianca facciata del castello con il palco davanti alla sua scalinata…il logo “Vai” a far bella mostra di se un po’ ovunque…
Il pubblico è ancora sparso e alquanto distratto mentre sul palco salgono i Dolcetti, il duo friulano capitanato dal chitarrista Gianni Rojatti, coadiuvato dal batterista Erik Tulissio, voluti dallo stesso Vai per aprire la sua data friulana: mezz’ora di musica strumentale suonata da paura ma anche con un livello disarmante di tranquillità e scioltezza nonostante i virtuosismi proposti: particolari sicuramente ! L’oscurità avvolge la cima del colle e con essa arriva anche un po’ di fresco… le poltroncine si riempiono tutte e alla fine le presenze si attesteranno attorno al migliaio di spettatori. Il palco si riempie di ghiaccio secco mentre Steve Vai arriva incappucciato in una felpa bianca e con degli occhiali scuri che sparano raggi di luce laser rossa mentre imbraccia la sua fedele Ibanez illuminata anch’essa da led blu.
Bad Horsie, con le sue ritmiche possenti fa esplodere il pubblico, intanto il maxischermo dietro al drum-kit, proietta le immagini dello storico duello nel film Mississippi Adventure… la sfida chitarristica tra il demoniaco Steve “Jack Butler” Vai e Talent Boy, interpretato da Ralph Macchio. Più di due ore di concerto frizzante, ad alto tasso energetico e naturalmente tanta tecnica fin dall’inizio al fulmicotone con pezzi del calibro di The Crying Machine o di Whispering A Prayer.
Mister Steve Vai presenta con orgoglio la parte esclusiva di questa magica serata estiva friulana ovvero la riproposizione integrale del caposaldo Passion And Warfare, uscito la bellezza di 25 anni fa. Circondato da musicisti come il fido drummer tatuato Jeremy Colson, il bassista di colore Philip Bynoe ed il chitarrista ritmico Dave Weiner, l’Italian virtuoso (…little oramai non più…) si è deciso ad affrontare le difficili partiture del disco, conscio di essere al sicuro con mostri di musicisti come questi al suo fianco. Infatti, ad iniziare dalla marcia trionfale di Liberty fino ai duelli virtuali (grazie al maxischermo!) insieme agli amici Joe Satriani su Answers e John Petrucci su The Audience Is Listening (la tecnologia ormai fa anche questo!) la rilettura del disco passa da Erotic Nightmares a Ballerina 12/24, da For The Love Of God a A Greasy Kid’s Stuff, con un Steve Vai chiacchierone e scherzoso che cerca sempre il contatto con il suo pubblico. Le dita del guitar hero corrono veloci e sicure, s’intrecciano mentre le sue smorfie accompagnano le partiture. E’ rimasto il chitarrista di sempre…sopra le righe, eccessivo e la sua voglia di stupire rimane ancora intatta mentre il suo genio artistico e tecnico è davanti agli occhi (…ed orecchie!) di tutti anche se ormai sommerso sotto tonnellate di effetti. Blue Powder, Sisters e la conclusiva Love Secrets chiudono la celebrazione del disco del 1990.
Ancora una jam con un amico speciale, una jam più virtuale delle altre visto che sullo schermo appare la figura baffuta del suo maestro Frank Zappa: Stevie’s Spanking è un sentito ed affettuoso omaggio di Steve al suo padrino, colui che lo ha svezzato sul palco alla tenera età di 21 anni. Build Me A Song è la scusa per scherzare ancora, invitando sul palco un maschietto ed una femminuccia pescate a caso dal pubblico per farli giocare con la sua strepitosa sezione ritmica. Racing The World è la degna conclusione dello show con Steve che si coccola e spupazza la spettatrice rimasta on stage con lui come ospite gradita tra giochi di air guitar e balli tête-à-tête! Bis monumentale con la quarta suite di Firegarden, ovvero la pesantissima Taurus Bulba, egregia conclusione di uno spettacolo pirotecnico…c’è poco da fare, Steve Vai rimane uno dei pochi guitar hero a riuscire nel non semplice intento di rendere sempre divertenti e mai noiosi i suoi show anche ad un pubblico non avvezzo al tecnicismo più sfrenato: il rock strumentale ha spesso avuto questa pecca…questa sera Steve Vai ha dimostrato per l’ennesima volta di essere bravissimo a saperci girare intorno con stile e la sua consolidata tamarraggine pirotecnica.
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