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Recensione

88/100

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Palace – Master of The Universe – recensione

12 Agosto 2016 16 Commenti Denis Abello

genere: AOR
anno: 2016
etichetta: Frontiers Music

Tracklist:

01. Master of the Universe *
02. Cool Running *
03. Man Behind the Gun *
04. Part of Me *
05. No Exit
06. Matter in Hand *
07. Path to Light *
08. Rules of the Game *
09. She Said It's Over *
10. Strangers Eyes *
11. Young, Wild, Free

Formazione:

Michael Palace - Voce, chitarra
Rick Digorio – Chitarra
Marcus Johansson – batteria
Soufian Ma’Aoui -Basso

Contatti:

https://www.facebook.com/palacesweden/

 

Michael Palace è l’incarnazione del nuovo e vecchio stereotipo di AOR man anni ’80… basta vederlo!
Cioè, uno che per genetica sembra uscito da una vecchia pellicola americana anni’80 ma che sulla carta d’identità porta stampata la bandiera Svedese, patria di alcune delle migliori nuove leve del genere… beh, ditemi voi se vi serve altro!
Messa insieme una band che vede, oltre allo stesso Michael alla voce e chitarra, nomi già apprezzati in altre giovani band come Soufian Ma’Aoui al basso (Houston), Marcus Johansson alla batteria (Reach, Adrenaline Rush) e alla chitarra il talentuoso Rick Digorio (Big Time); dato al tutto il poco originale, ma molto anni ’80, nome di PALACE e con un fresco contratto per la nostrana Frontiers Music (con cui Michale ha già collaborato come songwriter in progetti quali Find Me, First Signal ed il prossimo Cry of Dawn) ecco che il gruppo è pronto quindi a portare in scena il suo AOR cromato e patinato di luccicanti anni’80. Il che si traduce in un sacco di tastiere, soffusi tocchi di chitarra alternati a vibranti assoli il tutto condito da una voce Svedese finalmente diversa dal coro!

Era da un po’ di tempo che non mi esaltavo su un’infilata iniziale come quella che regala questo Master Of The Universe grazie alla titletrack e alle successive Cool Running e Man Behind the Gun. Muscolose mid-tempo che si fregiano di una patina di cromatura AOR nel più puro spirito anni’80 dettato da tastierone, soli di chitarra piazzati ad arte e la voce di Michael Palace che riesce a distinguersi dalla massa di “voci clone” che la Svezia sembra sfornare negli ultimi anni. Certo la “strozzatura in gola” che colpisce il buon Michelone sulle note più alte denota alcuni limiti ma niente di eclatante o che possa influire sul risultato finale… anzi…
Se l’inizio è di quelli che lasciano positivamente il segno, il proseguio sulle note della semi ballad Part of Me non è da meno. Ottimo il lavoro della chitarra nel rifinire un tappeto sonoro luccicante e sofisticato su cui si poggiano intarsi di voce e tastiere!
No Exit invece è il pezzo che meno mi ha convinto. Capiamoci, si parte in puro stile ’80 con tastiere un po’ chic tipiche del periodo andando in un crescendo galvanizzante per poi perdersi a mio parere in un ritornello snervante e poco incisivo… peccato, perchè le premesse erano ottime anche per questa song.
Forse a metà analisi, possiamo dire con quasi certezza che i giovani Palace si candidano come una delle migliori band per portare avanti il classico AOR / Arena Rock degli anni ’80 traghettandolo ai giorni nostri. Pezzi come la successiva Matter in Hand ne sono l’esempio perfetto e sarebbe facile immaginarsi una Path of Light come colonna sonara di qualche film americano anni ’80.
Stoccata da maestro, in cui la band dimostra un songwriting maturo ed un’esecuzione da gruppo navigato, arriva con la bella power ballad Rules of the Game che mostra anche la bravura di Michael alla voce. Trittico di chiusura paragonabile all’apertura. Una serie di colpi a segno dati da pezzi come l’ariosa e frizzante She Said its Over, il westcoast di Strangers Eyes (una delle song che più ho apprezzato del lotto) e la cavalcata briosa di Young, Wild, Free chiudono un lavoro con molte luci e ben poche ombre!

IN CONCLUSIONE

Amate l’AOR anni’80 con tante tastiere, bei soli di chitarra ed una voce espressiva? Con Master of the Universe avrete l’album giusto per voi! Bello! per chi è alla ricerca di un album “vintage” per l’estate qui andrà a colpo sicuro. La voce di Michael Palace non è pulita, perfetta e cristallina come spesso accade per i suoi colleghi Svedesi, ma è più ruvida e forse meno sicura sulle alte tonalità, ma questo la rende unica e riconoscibile facendo segnare per assurdo un punto a favore alla band!
Album che cresce con gli ascolti e che sicuramente potrà fare la gioia di molti nostalgici e che forse riuscirà a dare proprio a questi nostalgici una speranza sul fatto che buone nuove leve possono ancora nascere ai giorni nostri! Bel primo passo, con ben pochi cali di tensione durante l’ascolto… ora aspettiamo un’ulteriore crescita… e sappiate Palace che in futuro ci aspettiamo di essere letteralmente stupiti da voi! 😉

© 2016, Denis Abello. All rights reserved.

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